M. Night Shyamalan
The Village
di Andrea Fontana
Si può dare consistenza al dolore? Si può donare forma al Male? Cercare la purezza d'animo non all'interno di sé ma nell'ambiente esterno, con tutti i suoi elementi costitutivi? Con il suo ultimo lavoro Shyamalan tenta di dare risposta a queste domande dal sapore così eterno. La situazione ritrae un villaggio circondato da un bosco in cui vivono creature "innominabili", che uccidono animali e vengono attirati dal colore rosso, che diventa simbolo cromatico del male (ma anche della paura), a cui si contrappone il giallo ocra, segno di protezione tanto inconsistente quanto la delimitazione per nulla fisica che separa villaggio e bosco, colore quest'ultimo che non a caso riprende lo stesso tema cromatico (il colore del fuoco che arde le torce).
Gli abitanti del luogo vivono in pace, occupati unicamente dalle loro semplici mansioni, fermi per quel che riguarda la propria sicurezza, poiché non saranno attaccati se non varcheranno il limite, se non s'inoltreranno nel bosco. La separazione, indice di totale indipendenza ed isolazionismo, deve essere innanzitutto astratta, mentale. Quella fisica è una conseguenza. A coronare la perfetta armonia del villaggio è la democratica tolleranza che permea tutto e tutti, che permette al pazzo di vivere insieme alla cieca, che questa si innamori del taciturno. Qualcosa che manca in questi nostri giorni. Il precario equilibrio è spezzato da un evento solo parzialmente inaspettato, l'accoltellamento ai danni di Lucius (un Joaquin Phoenix magistralmente sotto le righe) da parte del proverbiale matto del villaggio (l'ottimo Adrien Brody). L'amata del ferito si offre volontaria per andare a prendere le medicine in città, al di là del bosco. Una lancinante verità accompagnerà il suo viaggio di ritorno.
The village è un film sospeso fra dicotomie opposte: tra verità e menzogna, fisicità e astrattezza, amore e odio, felicità e dolore. La sequenza ad incipit della pellicola (il funerale di una bambina) è la tesi implicita che regge il tutto, atta a distruggere qualsiasi forma di proposizione ideale espressa diegeticamente dai personaggi, tesa a rinnegare qualsiasi tipo d'utopia buonista. Tutti cercano di fuggire dal male, nella sua espressione più pura: il dolore causato dall'assenza, dalla morte. Lo fanno isolandosi: fisicamente (il bosco in senso orizzontale, i rami secchi degli alberi verticalmente, ma anche il cielo: non è una gabbia il firmamento?) e mentalmente (le creature). Eppure falliscono, perché dimentichi dell'unico mezzo possibile: l'amore, che, escluso quello fittizio di facciata (il matrimonio della sorella di Ivy/Howard) si risolve in esitazioni, sterili tentativi, deboli accenni. L'unico gesto sincero lo compie Ivy stessa, decidendo di attraversare il bosco. Ed è un gesto sincero perché deriva da un amore sincero, un amore sprigionato da una donna cieca e da un uomo introverso, ognuno dei quali trae sostentamento, ed ulteriore amore, dalle mancanze, dalle privazioni dell'altro.
Dal punto di vista tecnico The village eccelle. Oltre alla bellissima fotografia, tetra, dal taglio espressionista, la regia di Shyamalan è virtuosa, ma non di maniera. Gioca con il fuori campo, che diventa espressione della sua poetica, simbolo del cinema stesso, in bilico fra il mostrare e il non farlo, ricerca della Verità nell'immagine filmica. Il punto più alto lo si raggiunge nella sequenza dell'accoltellamento, che si pone come l'esatto contrario di quella famosa di Psycho: questa si concentrava sul coltello, emblema della tensione, quella nell'ultimo lavoro di Shayamalan colloca il coltello fuori campo, focalizzando l'interesse sui volti, le espressioni, sfruttando i primi piani, rari per tutto il film.
The village si chiude con un doppio fuori campo altamente metaforico, l'uno formale, l'altro concernente la scelta che sancirà il valore o meno del tentativo utopistico, insieme perversa malattia e potenziale cura. Ritorna il doppio, carico di figurazione, di senso.
Come Cronenberg fece in Inseparabili, Shyamalan compie un passo in avanti, dimostrando che l'orrore pulsa in ogni angolo di vita, così tragicamente reale.
THE VILLAGE
(Usa, 2004)
Regia
M. Night Shyamalan
Sceneggiatura
M. Night Shyamalan
Montaggio
Christopher Tellefsen
Fotografia
Roger Deakins
Musica
James Newton Howard
Durata
108 min