Il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto? In altre parole: la vostra vita è una commedia o una tragedia? In realtà è entrambe le cose, dipende solo dal modo in cui la si guarda. Ce lo spiega Woody Allen nel suo ultimo film: durante una cena due scrittori, un commediografo e un drammaturgo, discutono su quale genere sia più adatto a rappresentare i casi della nostra vita. Per esercitarsi con un esempio concreto, evocano una certa Melinda e, partendo da uno spunto realmente accaduto, si divertono a immaginare gli sviluppi della sua vita, tragici o divertenti a seconda di chi dei due scrittori li immagina. Melinda si presenta sconvolta ad una cena: si è divisa dal marito, ha perso l'affidamento dei figli, si è messa con un tipo adultero ed ha tentato il suicidio.
Partendo da questa premessa, il film procede illustrando due storie parallele, come avveniva in Sliding Doors: se in quel film era un piccolo scherzo del destino (le porte della metropolitana che si chiudono, un treno perso) a scatenare eventi in grado di cambiare la vita di una persona, qui è appunto la fantasia degli scrittori e il loro modo di intendere la vita a determinare gli sviluppi, che sappiamo da subito essere fittizi, della vita di Melinda. Come in Sliding Doors, l'espediente per distinguere le due storie è legato principalmente all'acconciatura della protagonista, impersonata in entrambi i casi dalla brava Radha Mitchell (Amore e altre catastrofi), con i capelli ricci nella parte tragica, lisci nella commedia.
In una Manhattan intellettual-chic e autunnale, fotografata nei colori dorati, tenui, caldi ed uniformi tanto cari all'autore, iniziano così due storie che si svolgono secondo i classici girotondi sentimentali "schnitzleriani" di Allen (Provaci ancora, Sam, seppur con la regia di Herbert Ross; Io e Annie). Ma ciò che risulta interessante è come anche con questo film si ripeta quella specie di "transfert" che già capitava in Anything Else: Allen, troppo anziano per risultare credibile in storie d'amore, trasferisce ad altri il carattere nevrotico-insicuro-logorroico tipico di tanti suoi personaggi. In Anything Else faceva di un ottimo Jason Biggs il suo alter ego per ritagliarsi un ruolo sopra le righe; qui non appare mai in scena, e trasferisce le sue nevrosi alla stessa Melinda nella parte tragica, al personaggio di Will Ferrel (con le battute migliori) in quella comica.
Se nella parte della commedia le cose funzionano meglio, bisogna anche notare che il tipico schema delle ronde amorose risulta già visto e meno riuscito che nei suoi classici: il rischio insomma è quello di rifare Io e Annie all'infinito. Nella tragedia invece quello che manca è un'idea in grado di caratterizzare la storia, che così, a causa della mancanza di battute apprezzabili, diventa piuttosto piatta e priva di mordente. Non giovano al film gli attori, piuttosto svogliati e limitati da personaggi appena abbozzati, mentre in Anything Else Biggs e Christina Ricci avevano dato nuova linfa vitale ad Allen. E se è interessante vedere come nello sviluppo delle due storie alcuni elementi ricorrano, a ricordarci che nella vita commedia e tragedia non sono poi così distanti, è anche vero che Allen non differenzia abbastanza le due parti con qualche decisa trovata di regia, limitandosi a mettere in scena le vicende con toni diversi e con differenti, ma spesso non facilmente percepibili, tagli di inquadrature.
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