Memento: tra Nietzsche, Heisenberg e Kant PDF 
Diego Monfredini   

La storia
La "sindrome di Korsakov" (1) riguarda lo smarrimento della memoria recente ed è stata descritta, tra gli altri, da Oliver 
Sacks (2). L’encefalopatia, che prende il nome dallo psichiatra russo Sergej Korsakov (1854-1904), si caratterizza per disturbi della memoria, sia di fissazione che di evocazione, stato confusionale, disorientamento, confabulazione, con un quadro complessivo che riconduce a quello tipico delle demenze. Il paziente colma i vuoti di memoria con i ricordi inventati: è quello che si definisce confabulazione. I disturbi della memoria, come è caratteristico della demenza organica, riguardano all’inizio gli avvenimenti più recenti, per poi colpire progressivamente quelli più antiche (3). Prevalentemente causata da alcolismo, questa sindrome può dipendere da un trauma cranico, da un'affezione vascolare o tumorale. Il protagonista Leonard Shelby (Guy Pearce), trentenne, tutt’uno con la sua Jaguar decappottabile, è un detective assicurativo con una moglie diabetica. L’irruzione in casa sua di due tossici cambia per sempre il suo destino: la moglie Catherine viene stuprata, mentre lui, ucciso uno dei due malfattori, nell’accorrere in aiuto di lei, è tramortito dal secondo. Il forte trauma alla testa ha compromesso la sua memoria breve: ora Leonard non riesce più ad assimilare nuovi ricordi; per lui il tempo s’è fermato. L’incidente è l’ultimo ricordo fissato nella sua memoria. Leonard dimentica nomi, appuntamenti, fatti e persone. In pratica non riesce più a memorizzare niente, in un paio di minuti dimentica, inizia un discorso, e se troppo lungo, alla fine non sa con chi sta parlando e perché quel discorso era iniziato. Questa malattia Shelby l’aveva già conosciuta e nel film continua ad imporsi di serbar ricordo di quel Sammy Jankis, col quale aveva avuto a che fare per via della sua attività assicurativa. Sofferente dello stesso disturbo della memoria breve Sammy, non creduto fin in fondo dalla moglie, sarebbe stato tragicamente posto da questa nelle condizioni di ucciderla: la consorte, malata di diabete e necessitante di iniezioni di morfina, con l’inganno delle lancette dell’orologio a ritroso, arriva a farsi “bucare” ripetutamente sino alla morte, per vedere se Sammy è cosciente o meno delle punture che le pratica. Leonard, che analizzava il caso dal punto di vista delle responsabilità burocratiche (danno fisico risarcito dall’assicurazione, danno psichico no), le aveva lasciato intendere che secondo lui il signor Jankis era in grado di assimilare nuovi ricordi. Da ciò era scaturita la disgrazia che vale da mònito per il protagonista durante tutta la storia. Dal momento che non può assimilare nuovi ricordi infatti, Leonard usa vari stratagemmi e trasforma il suo corpo in un “database”, un archivio della memoria, tatuandolo con scritte telegrafiche, cifre ed appunti d’importanza per lui vitale. Per rendere la sua esistenza “possibile”, gira in tasca con dei promemoria, dove appunta segnali, indicazioni, tracce e quanto altro potrebbe servirgli per orientarlo nella giungla che è la vita. Sua fedele compagna, inoltre, una vecchia Polaroid, con la quale stampa foto su foto e sul cui retro annota qualche piccolo dettaglio informativo su luoghi e persone, in cui si imbatte giorno dopo giorno. Quello che guida Leonard nella sua parabola spezzata dal labirinto dei fatti, è un metodo che privilegia la parola scritta e che pretende di avere una sola regola: "ordine e metodo". Fedele al motto latino per cui “scripta manent”, Shelby dubita delle parole spese a voce e fa del suo corpo, della sua pelle, un santuario di tracce incise: la sede della sua memoria non è più la mente ma la fisicità del corpo, disseminato com'è di tatuaggi che dovrebbero guidarlo. La moglie, disperata di fronte ad una tale menomazione, lo sembra aver abbandonato. Del suo caso è venuto ad occuparsi John Edward Gammell, che si fa chiamare Teddy (Joe Pantoliano), un poliziotto implicato in loschi traffici, e c’è pure una classica dark lady, Nathalie (Carrie-Anne Moss), che salta di volta in volta dal ruolo di angelo e demone. Leonard, non riuscendo ad accettare la fuga della moglie, si convince che sia stata uccisa dal secondo malvivente: a questo fantomatico obiettivo decide pertanto di dare la caccia. Pur brancolando nel buio, infatti, Leonard ha una traccia da seguire: “John G.”, un nome e cognome che ha tatuato, non si sa quando sul proprio petto. La polizia non lo aiuta in questa indagine poiché non crede all’esistenza di un secondo malvivente sulla scena del crimine.

Individuato John G, è lo stesso Teddy a permettere che Leonard si vendichi ammazzandolo. Tuttavia Leonard non può ricordarsi di aver ucciso l’individuo che cercava. Resosi conto di ciò, Teddy pensa di sfruttare il disturbo di Leonard: lo coinvolge nelle sue illecite operazioni, convincendolo ogni volta ad ammazzare il malfattore di cui lui si vuole sbarazzare. Lo stratagemma è assai banale: Teddy dice all’amico che è quello è John G e Leonard scrive questo nome su di un’istantanea che ritrae la futura vittima. Una volta trovatosi faccia a faccia con quest’ultima, Leonard la uccide. Esistono migliaia di persone il cui nome è John e il cui cognome comincia per G. Come lo spacciatore Jimmy. O come lo stesso sbirro John Edward Gammell, che gli rivela tra l’altro, prima di essere “giustiziato” il suo potere demiurgico (4) riguardo alla memoria: il caso Jankis era andato molto diversamente. Questi non era sposato e non era stato vittima della compagnia assicurativa, anzi era riuscito a gabbarla fingendo il disturbo. La tragedia della morfina riguardava invece sua moglie Catherine, era lei quella sofferente di diabete, era lei che avrebbe subìto la serie di iniezioni letali ad opera dello smemorato amante (Leonard). Il corpo di Shelby è un dispositivo della memoria. La sua vita è una mappa, in cui ogni tessera deve essere mossa, aggiunta o tolta a seconda dello stato delle “sue” indagini. Ma il corpo di Leonard è altresì un veicolo reso instabile dalla sete di vendetta: le sue associazioni non conducono a verità univoche, ma alle conseguenze di determinate interpretazioni. Nolan assegna allo spettatore un percorso quindi disseminato di cartelli sbagliati, di sentieri non battuti, di “dead-ends”, vicoli ciechi. Condividiamo con Leonard l'assenza di logica e siamo bombardati da fatti che ci paiono collegati per sembrarci, un attimo dopo, distanti e vacui (5). In altri termini il proposito del protagonista fallisce, perché la verità non è una semplice giustapposizione di elementi: come le aperture della fisiche quantistica ci hanno insegnato, due più due non sempre dà quattro, e la ricostruzione oggettiva di un fatto va ben aldilà di una meccanica sequenza lineare. Il film pare incentrato sull’esigenza umana di aggrappare la vita ad una successione temporale di eventi, una griglia in cui inscrivere i fatti: estrapolando dalla pellicola una riflessione di carattere gnoseologico, assistiamo al fallimento di un processo conoscitivo sostanzialmente parodizzato nella sua estremizzazione. Metodo parodizzato perché il protagonista viene di fatto mostrato come una marionetta della volontà altrui, e paradossalmente non può farne a meno. Shelby insomma non sa nemmeno quanto tempo è trascorso dall'incidente e ogni volta che si risveglia scopre tutto da capo, così come pochi istanti dopo non ricorda minimamente ciò che stava facendo. Nonostante questo, la necessità di avere uno scopo è così intensa da spingerlo a continuare a vivere grazie "all'istinto, all'urto e al metodo", ovvero quelle qualità in cui egli sente di distinguersi da Sammy Jankis.

Il passo del gambero della memoria selettiva
La regìa di Nolan instaura un solido parallelismo tra la malattia psichica del personaggio di Pearce e la frenesia di un “editing” che rincorre il piglio sincopato e alogico della fabula (6). Il montaggio del film è composto, attraverso l’uso di fotografia in bianco e nero ed a colori e di tempi narrativi diversi, dall’alternanza di due (7) piste narrative, per cui le scene che si susseguono sono l'ultima cronologicamente parlando, poi la prima, la penultima, la seconda, eccetera. La configurazione ad incastro si esprime in una narrazione che parte dalla fine con la conseguenza che l’ultimo frammento sia il risultato della somma dei frammenti che lo precedono. Continuamente costretti a rivedere le nostre congetture, per non perderci forse dovremmo annotarci ogni informazione su di un pezzo di carta proprio alla maniera di Leonard. La scena conclusiva del film si rivela quindi la sequenza cronologicamente centrale, che tratteggia il punto di scioglimento dell'intreccio. Ecco come la tecnica riesce a replicare il punto di vista del protagonista: lo spettatore si trova nella stessa condizione di spaesamento, poiché si rende testimone di eventi di cui ancora non ha potuto conoscere il tassello precedente. L’obiettivo del film sembra quello di condurre lo spettatore nei meandri della mente complessa di Leonard, suggerendo una lettura analitica dal significato allegorico: “tanto più il protagonista è malato e dolorosa è la sua via crucis, tanto più ossessiva la sua indagine, tanto più fallace è il risultato” (8). A tutti gli effetti infatti, la memoria di Leonard, pare una sorta di piano sempre più inclinato sul quale defluiscono, per svanire giù in fondo tutti i ricordi recenti. E’ del tutto artefatta la funzione mnemonica di Shelby, esterna (letteralmente incisa sulla pelle), fermata su foto istantanee, su fuggevoli appunti che possono significare tutto e niente, e che si possono rivisitare da qualsiasi punto di vista, poiché sono equivoche e parziali. Per mezzo di questo filtro soggettivo, ricordando solo ciò che decide di ricordare, si fabbrica una vita nuova ad ogni amnesia,rimuove cio' che non gli consente di legare a un preciso fine i suoi prossimi atti. L'unico pensiero ricorrente, costante, presente seppure messo opportunamente in ombra, per illuminarsi quando risulta utile, e' l'imposizione di dimenticare alcune cose. Leonard manipola il presente per assicurarsi un futuro. Altera le tracce oggi per consentirsene una lettura obbligata e vantaggiosa domani: conservare a memoria futura solo cio' che gli consentira' di continuare la sua missione, per quanto chimerica, per quanto artificiosa (9). Con l’alibi della sua patologia si crea un mondo parallelo in cui esista uno scopo alla propria esistenza: questa abilità demiurgica (paradossale poiché agisce per sottrazione) è ciò che escogita la coscienza del protagonista come via della propria sopravvivenza. Shelby, vittima e punitore di sé stesso, martire e assassino, inquirente e inquisito, non accumula prove che gli consentono di sostituire alla realtà dei fatti vissuti la loro immaginazione? In questo modo non riesce a giustificare i suoi delitti? Ciò che intendiamo dire è che la somma degli indizi conduce lo spettatore a scoprire, aldilà della verità dell’intreccio e della patologia del protagonista, la falsità del suo metodo d’indagine. E forse di ogni metodo. Ecco perché si è parlato di problema gnoseologico ed ecco il filo che lega Memento alla teoria della conoscenza che scaturisce dalla fisica quantistica.

Il discorso sul metodo di Leonard è applicabile infatti, seppure col dovuto scarto metaforico, anche al metodo scientifico: lo studio di Werner Heisenberg, non descrivendo altro che l’errore insito in ogni osservazione scientifica, può suggerire una chiave d’interpretazione. L’intuizione del fisico (10) teorico tedesco (1901-1976) espressa nel 1927 col celebre "Principio di Indeterminazione” (11) (dalla pubblicazione delle cosiddette “Relazioni di incertezza”) (12), è riassumibile in un concetto apparentemente semplice: non è possibile prevedere, in alcun modo, quale valore effettivo si avrà all’atto della misura delle caratteristiche di un sistema fisico, ma ci si dovrà accontentare soltanto di una rosa di probabilità su certi valori matematicamente definiti. Egli afferma che misurando con grande precisione la posizione di una particella, avremo, in linea di principio in maniera inversamente proporzionale, una certa approssimazione sulla sua velocità, e viceversa. Questo fenomeno alteratorio sarà descritto col termine “perturbazione”, vale a dire che il tentativo di diminuire l'incertezza della misurazione di una delle due coordinate è destinato allo scacco, poichè interagirebbe con l'elettrone in maniera da aumentare l'incertezza con la quale si può misurare l'altra coordinata. La precisione nella misurazione di una coordinata canonica va necessariamente a discapito della precisione nella misurazione dell'altra. In altri termini il principio di Heisenberg porta al concetto di “osservabili incompatibili”, ovvero coppie di osservabili in cui la conoscenza esaustiva di una conduce alla completa mancanza di conoscenza sull'altra. Pertanto, oltre al caso precedente, allo stesso modo sono incompatibili l'energia e l'intervallo di tempo nel quale tale energia è scambiata.

Shelby e l’Estetica Trascendentale

L’atto di osservazione, in sostanza, influenza il fatto, le proprietà reali ed oggettive di un sistema fisico, definite dunque solo quando vengono misurate, vengono inautenticate dall’atto di misura. La realtà è creata in parte dall'osservatore cosciente (13). Questa visione gnoseologica non scaturì certamente dalla meccanica quantistica: fu il padre dell’Illuminismo Immanuel Kant nel corso del XVIII secolo (paradossalmente in piena era positivistica di fiducia smisurata nella scienza e nel progresso) ad aprire una crepa inesorabile nella filosofia ed a segnare la svolta epistemologica che prende il là dal principio succitato. Partendo dalle coeve conquiste newtoniane il filosofo si chiedeva quali ambiti della conoscenza potevano ritenersi validi, dato che, se nella scienza naturale fenomenica attraverso una scoperta si annettono verità da tutti condivisibili, nella metafisica non si raggiungono risultati affidabili e certi. La differenza è che la scienza si basa sulle strutture mentali dell’uomo (perciò i principi fondamentali delle scienze empiriche sono modi a priori di organizzare, rappresentarci, la realtà, per esempio il principio di causalità) mentre la metafica avrebbe la pretesa di conoscere il mondo aldilà delle strutture mentali. Per questo ogni asserzione riguardo a quest’ambito “noumenico” (14) non deteneva valore scientifico. La Cosa in sé, l’ambito della conoscenza metafisica, è pertanto inaccessibile. Nella "Critica alla Ragion Pura" (15) del 1781 giunge ad esprimere l’essenza della sua impostazione attraverso la metafora della rivoluzione copernicana: se l’astronomo aveva messo al centro del cielo il Sole e non più la Terra, lui spostava al centro della conoscenza il soggetto, cioè l’Uomo, e non più l’oggetto, la realtà indagata. Ecco perché abbiamo portato il discorso su Kant: i germi del modo moderno di concepire il mondo nascevano da sue intuizioni, che sebbene avessero ancora fiducia nello sviluppo infinito e certo della scienza empirica, già nondimeno individuavano (scambiandola per un pregio) (16) l’idea che sta alla base della conoscenza e in un certo senso la disabilita: la realtà la guardiamo coi nostri occhi, con metafore che appartengono alla nostra esperienza, applichiamo delle griglie convenzionali per cercare di comprendere. Schopenauer usò una metafora efficacissima per rendere il problema euristico tramite il pregiudizio del criterio sensoriale: immaginiamo un individuo che nasca indossando degli occhiali dalle lenti colorate; gialle, blu, rosse che siano, egli vedrà sempre la realtà con un filtro. L’oggetto della sua conoscenza sarà sempre distorto. Probabilmente individuava già il carattere negativo di questi modi a priori che costituiscono ed al tempo stesso invalidano l’atto di conoscenza.

Prendendo atto di questa impossibile scissione tra Io e Non-Io, soggetto e oggetto della conoscenza, si arriva dunque al fenomeno dello psicologismo, ovvero avvalersi della psicologia per fondare la fisica, poiché la percezione delle cose dipende dai limiti strutturali del nostro cervello e dai suoi criteri organizzativi, aldilà del rapporto con la realtà esterna. In breve vediamo ciò che vogliamo/possiamo vedere, il processo di scelta è coniugato alla modalità esclusiva e originale del soggetto. La corrente psicologica della Gestaltpsychologie fondata da W.Kohler si riferisce appunto a questa simbiosi fisica-psicologia, ed esprime l’orizzonte apocalittico di una scienza che se non è in grado di descrivere la realtà viene minacciata dal rischio di annullarsi, per essere ingoiata dalla psicologia. Tornando a Shelby, come si è detto, non si sa se ha trovato il colpevole, quante volte l’ha trovato e se lo ha ucciso, ma è piuttosto evidente come tuttavia Leonard non cerchi “il” colpevole, ma il “suo” colpevole, che si adatti ogni volta alle sue esigenze vitali (17). “Vive all’interno di questa ciclicità, sopravvive grazie a questa ciclicità”, infatti Leonard non potrà mai sapere di essersi fatto giustizia (18). E se qualcuno glielo rivelerà (e lo fa esplicitamente Teddy prima di essere assassinato da lui), egli vorrà dimenticarselo, altrimenti la sua vita non avrebbe più alcuno senso. E soccomberebbe alla sua malattia, come Jankis. Da ciò ne deriva un gioco di continue smentite e di vicoli ciechi. Potremmo ora cogliere al volo l’assist per un discorso più propriamente narratologico: infatti la struttura del film non porta ad uno scioglimento ma tende a reiterare all’infinito una ricerca senza possibilità di concludersi efficientemente. Se anche credessimo alle parole dello sbirro corrotto Teddy alla fine del film resteremmo imprigionati nella stessa ignoranza di Leonard riguardo l’identità di John G. e nell’incapacità di rispondere alle domande che soggiacciono all’intera storia: esiste davvero un secondo uomo sulla scena del crimine? Se pure esistesse, chi è\era John G.? Nolan non ci dà la soluzione dell’intreccio, Memento si configura alla maniera di un’echiana opera aperta. Si pensi a come il genere del noir evochi il modo di procedere di chi
conduce un'indagine, cercando di ricostruire con la razionalità fatti
avvenuti in sua assenza. Da questo punto di vista, Memento si presta 
all'applicazione del procedimento meglio di qualsiasi altro film e ci arroghiamo il diritto di definirlo affine alla teoria quantistica anche a partire dal piacere che si prende il testo di esplorare tutte le piste possibili 
da dimenticare, alla fine, di fornirci la soluzione del "caso" (19).

Mise en abyme della rimozione

Il mondo non ha “una” realtà, una struttura oggettiva e indipendente dagli impulsi e dai bisogni che portano a interpretarlo. Ciò che condiziona un fenomeno non è quindi soltanto il fatto che venga osservato: anche l’atteggiamento mentale e le aspettative di chi osserva intervengono su di esso, modificandolo. Se l’interpretazione della fisica quantistica da parte di Heisenberg riguarda appunto l’inferenza di soggetto e oggetto della conoscenza, la realtà percepita è frutto di un compromesso talvolta stipulato in zone buie della coscienza. Il risultato è una verità edulcorata, talvolta addirittura una scena del crimine ripulita, attraverso quel processo psichico che siamo soliti definire “rimozione”. La mente “vede” ciò che vuole vedere, per questo la realtà è da considerarsi esclusivamente di carattere soggettivo. Esiste un filtro che retroagisce sempre, che “perturba” costantemente, e tale proprietà invalidante è da attribuirsi alla pratica del montaggio, e al medium cinema in generale. Il soggetto che compie l’osservazione si comporta di fatto come un neonato che, attaccato al seno materno e senza una propria identità, volesse studiare il corpo della madre che egli però non percepisce staccato dal proprio (20). La suggestione prepotente ci spinge verso ciò che il psicologo cognitivo Otto Stern definisce come “anthropomorphic fallacy”: se l’uomo ragiona attraverso immagini (considerando anche il linguaggio un sistema codificato di metafore), come può verificarsi che le esperienze coscienti, prodotto di processi assai coordinati in azione nei neuroni cerebrali, siano portatrici di informazioni e dati che non fossero già in dominio, in possesso del sistema? (21) In definitiva, se la coscienza è un prodotto di un certo numero di regioni nervose, essa per questo non può consegnare più di quanto non fosse già disponibile in quelle regioni, in una qualche forma (22). Il solito Nietzsche nella “Incompiuta” (23) deplorava, dipingendolo similmente, il carattere finalistico di ogni rappresentazione sostenendo che nessuno dei concetti creati dagli uomini può assurgere al vero in sé perchè qualsiasi definizione rimarrà sempre vittima dell’errore antropomorfico. La parola stessa è metafora, ed è il punto d’incontro di verità e menzogna: ragioniamo per immagini, immobili in una zona dell’eterno crepuscolo, confusi tra le luci di verità e menzogne che noi stessi abbiamo costruito, nominato, raffinato, imbellettato, discusso (24). Il mondo come appare ai sensi è contingente, molteplice, imperfetto; all’intelletto, invece, esso appare come un “impasto”, un tutto unitario, eterno, governato dal principio di necessità dove il bene e il male, la perfezione e l’imperfezione non sono altro che punti di vista relativi e antropomorfici. Precorrendo la nuova teoria della conoscenza derivante dalla fisica quantistica, il tedesco già riteneva il processo conoscitivo come un meccanismo sostanzialmente invalidante.

Ripartendo da lontano, Memento ci dà una chiave di lettura già a partire dal titolo. "Non riesco a ricordarmi che devo dimenticarla": Leonard dimentica il passato prossimo però non quello remoto all’incidente. Ma ricordare la moglie non permette di superare il trauma della sua perdita dal momento che non può avvertire il passare del tempo. Da ciò scaturisce l'impossibilita' di Leonard di elaborare il lutto. Paradossalmente, e qui si spiega il titolo, proprio quest'impossibilita' di rimarginarsi della ferita interiore e' ciò che gli permette di sopravvivere ed andare avanti in quanto conferisce alla sua esistenza un senso al quale riesce ad aggrapparsi. Un senso fittizio se pensiamo che l'assassino forse non c’è (più) o deve sempre inventarne uno nuovo, l’importante è comunque avere sempre una sete di giustizia da soddisfare. L’imperativo del titolo fotografa di fatto i problemi di Leonard come fondamentalmente due: il doppio handicap mnestico di uomo che non riesce a ricordare e che non riesce a dimenticare, è un binomio dialettico i cui vertici sono l’uno il punto di forza dell’altro. Allo stesso modo osservatore e osservato di un sistema fisico preso in esame non possono essere scissi in due entità distinte nettamente, e in conseguenza del fatto si può apertamente parlare di rapporto di sintesi dialettica. Ma che genere di verità stiamo cercando, sembra dirci Nolan, e che senso ha parlare di "reale", di "fatti", di "verità" in un mondo che non esiste se non nella nostra mente? Se siamo noi a dare continuità al mondo, non in virtù della nostra personalità (o della memoria) ma della nostra percezione, istante per istante, allora non ha senso distinguere tra passato e presente, vero e falso, fatto e sogno (o menzogna)  (25). Mentre la storia fa il suo corso le maschere si sgretolano, i sipari si dissolvono, i ruoli si invertono, i fatti cambiano di segno, si battono strade già percorse e si ritorna sempre al punto d’inizio. A palesarsi è la cangianza dei fatti, in quanto “interpretazioni”, in contraddizione con la speranza a cui si aggrappa il personaggio di Guy Pearce (Shelby), cioè di poter distinguere soggetto e oggetto, la percezione (il ricordo) dal fatto. “La memoria può cambiare la curva di una stanza, il colore di una macchina”(…), “I ricordi possono essere distorti, sono una nostra interpretazione, non sono la realtà, sono irrilevanti rispetto ai fatti”, (…)"la memoria non conta nulla, i fatti sono tutto". Le indagini di Leonard producono una proliferazione di significanti i cui significati si autoeliminano nel tempo la memoria a breve termine non crea griglie interpretative ma suggestioni labili (26).

Questo stesso ruolo di detective è una maschera che Leonard ha scelto di indossare: più volte nel racconto si preme per evidenziarne la non autenticità, quando per esempio gli viene fatto notare che ciò che indossa e la macchina che guida non sono suoi, ma di un John G. che ha eliminato, il suo stesso impiego prima dell’incidente non era quello di compiere indagini per conto della compagnia ma solamente quello di agente assicurativo, un venditore di polizze. Il ruolo da detective insomma lo ha forgiato su misura per sé e ha posto sulla propria esistenza un filtro a tinta “gialla”. In altre parole il suo istinto di sopravvivenza alla sindrome di Korsakov lo ha spinto a vivere come immerso in un “noir”. Ci troviamo di fronte a un individuo che indagando un sopruso subìto si scopre al contempo colpevole. Soggetto e oggetto della ricerca si sovrappongono in virtù di un processo di rimozione, è Leonard stesso colui che ha ucciso la moglie.  Gli occhiali di Schopenauer vincono un’altra volta la loro partita, e la memoria selettiva fa il resto. Non ci sono fatti, ma solo interpretazioni, per ridirla con Nietzsche.

Note:
(1) Michel Godfryd. Korsakov (sindrome di), in Dizionario di psicologia e psichiatria. 1a ed. Roma, Newton Compton editori (collana Il sapere - Enciclopedia tascabile Newton - Sezione di scienze umane - 18), 1994. p. 50. (pubblicato nel periodico settimanale "Tascabili Economici Newton" del 4 giugno 1994).
(2) Oliver Wolf Sacks (nato a Londra nel 1933) è un neurologo, autore di romanzi che hanno per oggetto i suoi pazienti. Dal suo “Risvegli”, che racconta l'esperienza del trattamento di pazienti post encefalitici affetti da encefalite letargica con L-DOPA negli anni '60, è stato tratto un film in cui Sacks è impersonato da Robin Williams e uno dei suoi pazienti da Robert De Niro.. In altri suoi libri, descrive casi di sindrome di Tourette, degli effetti del morbo di Parkinson e di fenomeni meno conosciuti, come il blindsight (letteralmente visione cieca), ed appunto la Sindrome di Korsakov.
(3) V.Hudolin, Patologie del sistema nervoso, (www.aicat.net)
(4) Nella stessa sequenza (che è l’inizio e la fine della pellicola) Teddy ammonisce Leonard di essersi costruito a piacimento un’identità fittizia. I suoi vestiti e la sua decappottabile per esempio li ha rubati alla prima (?) vittima, e il ruolo di detective in campo assicurativo è completamente fasullo, era solo un venditore di polizze.
(5) cfr. Parabola di un uomo senza ricordi, (www.castlerock.it)
(6) Nella prima sequenza del film, Nolan si serve anche della pratica del reverse: vediamo la scena fatta scorrere lentamente all'indietro cosicché una Polaroid fresca di stampa, se agitata all'aria, scompare e diventa bianca celluloide. cfr. Parabola di un uomo senza ricordi, (www.castlerock.it)
(7)  Il secondo binario, fotografato in b\n, rappresenta il protagonista impegnato in una serie di telefonate nella sua stanza d’albergo, costretto a rispondere a interlocutori anonimi che si trovano all’altro capo della cornetta. Che il tempo scorra in avanti e lineare si comprende dall’accumularsi progressivo dei tatuaggi, sempre più numerosi, sul corpo del protagonista.
(8)  S.Ferrone, Colpevole e innocente, (www.drammaturgia.it)
(9) S.Ferrone, op.cit.
(10) Tra gli scritti di Heisenberg (Nobel per la Fisica nel 1932): Principi fisici della teoria quantistica (1930), Raggi cosmici (1946), Fisica e filosofia (1958), Introduzione alla teoria unificata delle particelle elementari (1967).
(11) L’articolo di Heisenberg del 1927 in cui sono presentate per la prima volta le relazioni d’indeterminazione è intitolato Über den anschaulichen Inhalt der quantentheoretischen Kinematik und Mechanik. Cfr.W. Heisenberg, Über den anschaulichen Inhalt der quantentheoretischen Kinematik und Mechanik, in Zeitschrift fürPhysik 47 (1927), pp. 172-198, tr. it. di G. Gregorio, C. Staiti, e G.Gembillo (a cura di), Sul contenuto intuitivo dellacinematica e della meccanica quantoteoriche, in Indeterminazione e realtà , Guida, Napoli 1991, pp. 35-67.
(12) Dal punto di vista storico, Heisenberg inizialmente non parlò di principio, ma di “relazioni ricavate” (come conseguenze e dunque 'teoremi') da altri principi. Il 'battesimo' in qualità di ‘principio’, avvenne nello stesso 1927, da parte di un altro fisico, A. E. Ruark, che scrisse un articolo in inglese così intitolato: Heisenberg's indetermination principle and the motion of free particles, Bulletin of the American Physical Society.
(13)  Cfr.B.Valentini, Logos, (www.fisicamente.it)
(14) Il termine deriva dal greco “noumenon”, ovvero -ciò che è solo pensato-, da “nous”, -mente-, ad evidenziare il carattere di astrazione della materia in questione, la metafisica.
(15)  I.Kant, La Critica della ragion pura di Kant : introduzione alla lettura, R. Ciafardone, Roma, Carocci, 1998
(16) Le scienze empiriche erano infatti valide proprio in virtù del fondarsi su strutture a priori della mente. Proprio ciò che la meccanica quantistica e la relatività faranno crollare.
(17) G.Racanicchi, Ricordati di non dimenticare, (www.lankelot.eu)
(18)  G.Racanicchi, op.cit.
(19)  R.Nepoti, Memento, (www.repubblica.it)
(20)  V.Andreoli, Grandezza e miseria della fisica, inserto “Agorà” di “Avvenire”, 19.2.2005, pag.4
(21) cfr. A.Calisi, D.Dennett e la coscienza come automonitoraggio, (www.ildiogene.it)
(22) A.Calisi, D.Dennett e la coscienza come automonitoraggio, (www.ildiogene.it)
(23)  La “Incompiuta”, dettata nel 1873 da Nietzsche all’amico Gersdorf, si incentra sulle definizioni di verità e menzogna applicate a statuti politici, rapporti umani, struttura societaria.
(24)  F.Nietzsche, “Su verità e menzogna fuori del senso morale”, Filema, Napoli, 1998

(25)  S.Selleri, What's done cannot be undone. Can it?, (www.spietati.it)
(26)  L.Garella, Memoria labile, (www.spietati.it)

 


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