La papessa PDF 
Amon Rapp   

Della papessa Giovanna poco si sa, se non che potrebbe aver regnato sulla Chiesa tra il pontificato di Papa Leone IV e Papa Benedetto III, in piena epoca carolingia. Ai confini tra mito e realtà, la sua figura ha il carisma di tutte quelle vite che perse nella notte del tempo storico sono ricordate principalmente attraverso ricostruzioni leggendarie, labili tracce che, proprio per la loro incertezza e ambiguità, continuano ad affascinare ogni volta che vengono raccontate. Da questi presupposti, e dall’intreccio narrativo sviluppato all’interno del romanzo Pope Joan di Donna Woolfolk Cross, da cui il film è tratto, prende il via il lavoro di Sönke Wortmann, che riporta nuovamente sullo schermo (dopo Michael Anderson) la storia di colei che potrebbe essere stata l’unico Papa donna della storia della Chiesa.

In una famiglia rigidamente patriarcale, dove il fanatismo religioso vieta alle donne l’accesso alla cultura, Giovanna (Johanna Wokalek) cresce in forte contrasto con la volontà del padre, che la vorrebbe tenere nella più assoluta ignoranza. La svolta avviene quando la giovane, di spirito ribelle e bramosa di ricevere un’istruzione superiore che le consenta di capire ed interpretare il mondo, scappa assieme al fratello per rifugiarsi all’interno della scuola della cattedrale di Dorstadt. Qui, grazie alle sue innate capacità, le viene finalmente consentito l’ingresso nel mondo elitario del sapere, prerogativa esclusiva, fino ad allora, della casta sacerdotale maschile. Le discriminazioni tuttavia non cesseranno e l’inaspettata invasione dei normanni le offrirà l’occasione per fuggire nuovamente, celata questa volta sotto le mentite spoglie di Giovanni Anglicus, alter ego maschile, che le aprirà le porte prima della vita monastica e in seguito della carriera ecclesiastica, fino ad elevarla al trono pontificio.

Il regista, trattando una figura ai limiti della leggenda, aveva davanti due scelte possibili: la prima, quanto mai ardua e tortuosa, poteva battere il sentiero del mito e, attraverso i simboli che la storia di Giovanna sembra mettere in campo, sottrarre la vicenda narrata alla contingenza dell’epoca in cui si sarebbe svolta, conferendole un significato di valenza universale. La seconda, invece, grazie all’accurata ricostruzione di una vita possibile, poteva seguire i fragili indizi della sua esistenza e dipingere, a partire dalle eteree testimonianze storiche a disposizione, un ritratto sfuggente, enigmatico e nello stesso tempo critico, non solo del personaggio in questione, ma anche della società e della cultura del tempo. Wortmann sembra propendere per la seconda soluzione, anche se il realismo della messa in scena e la concretezza della narrazione non sono esenti da componenti mitiche e simboliche che si inseriscono, a volte inaspettatamente, nel flusso del racconto. Il problema è che, nonostante le buone intenzioni, il film si ferma in superficie. Alla rivolta femminista di Giovanna il regista affianca per accumulazione altre isotopie narrative con il compito di tratteggiare in maniera più precisa la personalità della protagonista: la ricerca del sapere, la cura dei poveri e degli ammalati, l’amore cavalleresco, l’astuzia politica. Ma il risultato non è altro che un pallido disegno, appiattito dalla luce uniforme che lo illumina e che cancella ogni ombra presente nella leggenda originaria. L’opera di Wortmann, non riuscendo a scrollarsi di dosso la patina di cui è impregnata, riduce ad un’unica dimensione, quella della purezza, l’interiorità di Giovanna: e l’interpretazione della Wokalek, priva di quella carica magnetica che si addice alle grandi e controverse personalità, non fa altro che amplificare questo effetto, smorzando sul nascere qualsiasi scintilla d’oscurità presente nell’animo (e sul volto) della Papessa (fra tutti, il richiamo del corpo che avrebbe dominato il suo pontificato). Come se non bastasse, l’eccessivo sbilanciamento della struttura narrativa verso i primi anni di vita di Giovanna fa passare in secondo piano il periodo del suo papato e liquida in un asettico sommario lo scandalo provocato dalla scoperta della sua vera identità, con l’effetto di sminuire la portata del suo operato e le conseguenze che potrebbe aver avuto all’interno della Chiesa. D’altro canto, sul versante del mito, gli elementi simbolici presenti, quali la conoscenza, la femminilità, il segreto, il misticismo, sono asserviti unicamente alla logica dello sviluppo narrativo (esemplare la communio mistica tra Giovanna e l’amato Conte Gerold presente nel finale), privati pertanto di quella potenza, tipica del simbolo, in grado di sollevare riflessioni di natura generale sulla condizione umana e sul mondo che ne fa da sfondo.

E così Wortmann perde di vista il nucleo di interesse principale che la storia della Papessa poteva avere: da una parte il possibile significato politico, culturale e sociale, per il mondo dell’alto medioevo cristiano, dell’ascesa di un “intruso” al vertice stesso delle gerarchie ecclesiastiche; dall’altra l’ambiguità e il mistero della Storia, l’allegoria e l’eventuale dimensione satirica della leggenda. L’impressione complessiva è che si sia persa un’occasione per raccontare una storia potenzialmente di grande attrattiva: l’eccessiva drammatizzazione, i continui colpi di scena e la rinuncia a qualsivoglia grado di astrazione nella messa in scena sono gli elementi che contribuiscono a confezionare l’ennesimo kolossal di corto respiro. E se all’uscita della sala la sensazione prevalente è quella di aver partecipato ad un tiepido ed innocuo divertimento, rimane il rammarico di non aver potuto assaporare il fascino di ciò che non si svela mai completamente agli occhi del mondo.

TITOLO ORIGINALE: Pope Joan; REGIA: Sönke Wortmann; SCENEGGIATURA: Heinrich Hadding, Sönke Wortmann; FOTOGRAFIA: Tom Fährmann; MONTAGGIO: Hans Funck; MUSICA: Marcel Barsotti; PRODUZIONE: Germania; ANNO: 2009; DURATA: 149 min.

 


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