Sweeney Todd: la poesia della cupa rivincita di Burton sulla società PDF 
Cristina Coccia   

Che Tim Burton sia il regista del gotico, del dark, della satira sociale per eccellenza è stato ampiamente dimostrato, ma nel suo ultimo lavoro, la sua poesia e le tematiche concettuali che ormai abbiamo apprezzato in tutti i suoi film, lo portano ai limiti della drammaticità. In ogni sua opera, Burton plasma un suo alter ego, proietta il suo estro in creature assolutamente fuori dagli schemi, eroi dall'animo gentile e sensibile condannati dalla società e costretti ad esistere ai margini di una realtà che non appartiene alla loro natura: le creature di Big Fish, di Beetlejuice, l'investigatore Ichabod Crane di Sleepy Hollow, il demone di Nightmare before Christmas e i vari mostri di tutte le sue storie non sono altro che inadeguati e fragili individui che ricoprono il ruolo di anti-eroi straniati e che si impongono nella storia come emblema dell'incomunicabilità.

Liberamente ispirato al personaggio di un serial killer di inizio Ottocento, preso come protagonista da Thomas Peckett nel 1846 per un suo racconto horror, e al musical di Broadway di Stephen Sondheim, Sweeney Todd è un'opera estremamente cupa e il contesto del musical fa risaltare ancora di più il sangue: questa volta, però, il tipico protagonista del cinema di Burton, con la sua diversità e fragilità non sarà destinato all'emarginazione ma verrà dirottato verso la vendetta, una vendetta che giudica tutti senza risparmiare nessuno, che cade senza pietà su ogni ceto sociale. La giustizia di Todd non è divina ma umana e per questo sommaria e le sue lame sono per lui strumento di rivincita contro una società fatta di soprusi; la vita gli ha sottratto la moglie e la figlia ed ora ritorna per riprendersi con il sangue tutto ciò che gli è stato tolto. Il marito e padre innamorato non esiste più e quello che era ha lasciato il posto ad una sorta di serial killer che appare come la versione disillusa e matura di Edward mani di forbice. Ma nella storia in realtà di giustizie ce ne sono due: una che può essere utilizzata per il proprio tornaconto (quella del giudice) ed una che nasce dalla rabbia, che acceca e desidera solo vendetta e oblio (quella del barbiere). I personaggi non ascoltano, sono solitari protagonisti delle loro storie che camminano scontrandosi qua e là con il destino e con i loro errori e tutto torna indietro come un boomerang...

“Mai dimenticare, mai perdonare” è la frase chiave del film, e il fantasma del barbiere Benjamin Barker non ha dimenticato, anche se tutti si sono dimenticati di lui: è tornato nel porto di Londra su una nave con le vele nere per vendicarsi del giudice che lo condannò ingiustamente impadronendosi di sua moglie e della loro figlia e ora ha una nuova amica e complice, la signora Lovett, la padrona della sua vecchia casa. La scenografia vittoriana e oscura di Dante Ferretti è impeccabile e l'ambientazione da racconto di Allan Poe rende il musical un thriller macabro con momenti che ricordano la commedia classica alla My Fair Lady e tutto è giocato su un affascinante contrappunto tra immagini da vecchio film horror e musica. Non c'è spazio per i sogni ma solo per incubi e gole tagliate nel mondo di Sweeney Todd e Jonnhy Depp è interprete impietoso e misurato che non lascia trasparire nessuna emozione dal suo candido volto ma solo il selvaggio bisogno di perpetuare morte e vendetta in ogni suo gesto. Accanto a lui un cast di attori e caratteristi molto convincenti (la Bonham Carter su tutti) avvolti dalla musica che disegna sinesteticamente l'amore, la vendetta, la realtà tragica della storia; alla base di tutto c'è quasi un paesaggio acustico da requiem e la morte e il sangue sono fili che delineano trama e intreccio attraverso il canto alla disperata ricerca di far riconciliare il barbiere innamorato con il suo dolore.

Il disperato killer di Fleet Street è un'icona dell'insensatezza, della misurata pazzia che si contrappone alla civiltà e che raggiunge tutto il suo splendore nel bellissimo finale in cui il sangue appare come lacrime che lo riportano a ricongiungersi alla sua fragile dimensione umana.  E nella tragedia di Sweeney Todd c'è quanto di più oscuro e fiabesco possiamo trovare in Burton: tutto ciò che ci ha sempre affascinato nella sua doppia personalità di infantile architetto di incubi cartoonizzati e stilizzati (da guardare con il cuore più che con gli occhi) qui è portato all'ennesima potenza ed è servito su un piatto d'argento dal suo più devoto allievo, il magnifico Depp, che lascerà per sempre nella storia del cinema dark il ritratto di un'anima disincantata che nasce dal buio, che torna all'oscurità celando un incolmabile dolore espresso soltanto dai suoi straordinari occhi felini in cui è possibile scorgere di tanto in tanto un esile barlume riflesso dai suoi rasoi d'argento.

 


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