Le ore dell'estate PDF 
Davide Vanni   

Le vite di tre fratelli, il cui cammino esistenziale appariva segnato da una inevitabile divergenza, si riavvicinano dopo l’improvvisa e imprevista morte della madre. Frederic (Charles Berling), un professore universitario di economia che vive a Parigi, Jeremie (Jeremie Renier), un brillante uomo d’affari trasferitosi insieme alla famiglia a Shangai, e Adrienne (Juliette Binoche), una disegnatrice d’arte e di moda che ha trovato fortuna a New York, dovranno far fronte comune alla divisione della consistente eredità costituita dalla eccezionale collezione d’arte dello zio della madre. L’incontro/scontro dei tre rispettivi punti di vista, di passato, presente e futuro che in diverso modo influenzano la visione dei tre fratelli, sarà il cuore dinamico attorno al quale si svilupperà il racconto.

La facciata di una casa seminascosta dalla vegetazione nella luce del tramonto, lo spazio verde del bosco circostante attraverso cui si muove il curioso e ordinato gioco di bambini alla ricerca del segreto di una fanciullesca caccia al tesoro, sono la cornice e la prefazione dell’ultima pellicola di Assayas. La natura appare doppiamente innocente, dolcemente abbandonata alla curiosità propria del bambino, mentre nello stesso spazio e nello stesso tempo qualcos’altro sta accadendo, qualcosa che riguarda il mondo adulto, la serietà della “discussione” e della “decisione”, il mondo dei compromessi. Attorno al tavolo del giardino di una casa nella campagna prossima a Parigi, i figli di Elene stanno festeggiando il suo settantacinquesimo compleanno, raccontano le proprie vite più o meno divise, più o meno lontane, sorridono e aprono regali. L’iniziale stato idilliaco silenzioso e innocente risuona ora delle voci della festa familiare, della concitazione dell’incontro eccezionale in cui tutti si ritrovano dopo lungo tempo. Poi gli spazi tornano a farsi stretti, privati, gli spazi per i pensieri della preoccupazione, pensieri pensati e rimuginati che necessitano lo spazio della confidenza. Così Elene parla al figlio maggiore, Frederic, di tutti i quadri e gli oggetti d’arte sparsi per la casa. In una sorta di visita al “museo”, la madre passa in rassegna le opere dello zio, il pittore Paul Berthier, e tutto ciò che potrebbe essere venduto un ipotetico domani come eredità. La meticolosa preparazione dei documenti, delle cifre, dei contatti, il linguaggio tecnicamente freddo di chi già si dà per morto e che sancisce un definitivo allontanamento scuotono Frederic, che cerca nella madre altre parole, altri pensieri più vicini alla vita, lui che più di tutti gli altri ha vissuto lo spazio materno e conosciuto le opere custodite al suo interno.

La festa termina con i consueti saluti e arrivederci. Adrienne attenderà la madre a New York per la presentazione della monografia dedicata alle opere dello zio scomparso, Jeremie con moglie e figli ripartirà per Shangai, Frederic e la famiglia torneranno alla vita di tutti i giorni nel centro di Parigi, ed Elene resterà sola con la governante e i suoi ricordi. Si prospetta un altro lungo periodo di silenzio. E il silenzio arriva per davvero, insieme all’inattesa morte di Elene. Dalla concitazione che caratterizza quasi per intero la prima parte del racconto si passa ora una sorta di “schermo” in cui le immagini si alternano senza  parole, nell’attesa imminente dell’"incontro” attorno al tavolo delle “decisioni”, attorno a ciò che è rimasto, attorno all’eredità. Qui ritroveremo intatto quel mondo idilliaco iniziatore della storia e trasfigurato ora nell’illusione di Frederic, il figlio maggiore, colui che è rimasto il più vicino al ricordo dell’infanzia, alle sue pareti concrete e che più di tutti sente la necessità di rimanervi aggrappato fino alla fine. Colui che vorrebbe tenere la casa materna per far trascorrere ore felici ai figli nei giorni d’estate e conservare i quadri per una questione affettiva, colui che vive una più marcata difficoltà esistenziale, che scrive un libro contro l’economia, vuota e religiosamente paradigmatica (Frederic ha studiato economia), che si trova di fronte ai problemi adolescenziali della figlia Silvie e soprattutto alle diverse aspettative dei fratelli verso un’eredità che vorrebbero al più presto trasformare in denaro contante. Viviamo il conflitto con i suoi occhi e pensiamo con la sua testa quando Jeremie parlerà dell’intenzione di comprare una casa a Bali per far trascorrere le vacanze alla famiglia, e poi quando Adrienne annuncerà il suo matrimonio a New York. Restiamo vicini a Frederic perché tutti se ne stanno andando, esseri umani, oggetti, ricordi…inevitabilmente e definitivamente.

La tensione narrativa giunge al culmine senza eccesso di contrasti e insanabili spaccature. I nuovi equilibri si ricostituiscono all’insegna della matura accettazione e i mondi dell’infanzia, dei ricordi e della memoria si ridisegnano nelle ultime sequenze della pellicola. Così l’anziana governante si ritrova ora a rivivere l’ambiente dove era solita trascorrere il tempo, a percorre lo spazio esterno, a guardare con gli occhi del passato ciò che la casa non può più offrire alla sua vista. Così Frederic e la moglie rivedono gli oggetti della casa ora racchiusi nelle teche del museo d’Orsay. Così la casa ora vuota può accogliere la festa organizzata da Silvie, gli spazi riempirsi per un ultimo addio di musica e gioventù in un trasfigurato ritorno idilliaco alle primissime immagini di questa storia. Ma se il tutto voleva essere una poetica del ricordo, anche solo una piccola trasposizione cinematografica dell’immensa Recherche, a questo tutto manca una continuità emotiva ed esistenziale. Troppo spesso il tono subisce cadute vertiginose verso punti di freddo anonimato, soprattutto laddove era necessario mantenere una continuità di emozioni e di intensità (il personaggio di Frederic). Il tema fortemente letterario che l’autore decide di affrontare e sviluppare non ha in sé la forza di un racconto ben scritto, e anche se alcune atmosfere suggeriscono una profondità umana, sono senza giustificazione gli “spazi” lasciati vuoti all’interno della sceneggiatura. In questo senso appare priva di vita e di sentimento la sequenza finale. Silvie ha invitato gli amici nella casa ormai venduta, la casa a poco a poco si riempie di musica e allegria. Silvie raggiunge il ragazzo nel prato circostante la casa e inizia a parlargli della nonna, di cosa faceva e di come raccoglieva i fiori, poi i due scavalcano il muro esterno della casa per ritornare alla festa.

Un film a metà strada tra il contemplativo e una commedia familiare, difficile identificare una direzione. I personaggi, con l’ovvia eccezione di Frederic, parlano poco, sacrificati fino in fondo e relegati nella penombra del mondo dei ricordi. Presentato nella sezione “Perle di altri festival” del recente festival di San Sebastian e aspirante al Premio del Pubblico, il film, tra i dodici selezionati, si è classificato al penultimo posto.

TITOLO ORIGINALE: L’heure d’été; REGIA: Olivier Assayas; SCENEGGIATURA: Olivier Assayas; FOTOGRAFIA: Eric Gautier; MONTAGGIO: Luc Barnier; PRODUZIONE: Francia; ANNO: 2008; DURATA: 103 min.

 


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