Le colline hanno gli occhi PDF 
Emanuele D'Antonio   

Alexandre Jouan-Arcady, al secolo Alexandre Aja, regista, sceneggiatore e produttore cinematografico. Classe '68, per il giovane talento del cinema di genere il successo arriva con il film Alta tensione, un horror-splatter ispirato ad Intensity di Dean Koontz e che si avvalse degli effetti speciali del grande Giannetto De Rossi. Con il successo di questo film, Aja riceve la chiamata dal regista americano Wes Craven, che gli commissiona il remake del suo Le colline hanno gli occhi. Il regista parigino si trasferisce quindi negli Stati Uniti per dirigere la “sua” versione del film, che riscuote un buon successo, confermandone il talento registico. Nuova versione dell'omonimo film di Craven, Le colline hanno gli occhi del 2006 (la produzione è dello stesso Craven) è la storia di una famiglia americana, i Carter, diretta a San Diego per le vacanze. La comitiva è formata da Big Bob (Ted Levine), poliziotto in pensione, sua moglie Ethel (Kathleen Quinlan), e i figli Lynn (Vinessa Shaw), Brenda (Emilie de Ravin) e Bobby (Dan Byrd). Lynn è accompagnata dal marito Doug Bukowski (Aaron Stanford) e dalla loro bambina di pochi mesi, Catherine. Il viaggio in roulotte attraverso il deserto del Nuovo Messico si trasforma però in un incubo quando il gruppo, a causa di un incidente, rimane fermo in una zona nuclearizzata. Tra i Carter nessuno rimarrà ferito, ma ormai lontani dal mondo, scopriranno presto che l'area apparentemente disabitata è in realtà il territorio di una tribù di mutanti assetati di sangue e che loro sono la prossima preda.

Niente da biasimare al regista parigino: Aja, prende questo classico del cinema di Wes Craven, uscito in America nel 1977, che fu sicuramente brutale nei contenuti ma inesorabilmente insufficiente nella forma, riuscendo nei migliori dei modi nella realizzazione del “suo” remake. Alexandre Aja, rispettosamente, ripercorre tutta la struttura narrativa, optando per un operazione quasi di restyling e aggiungendo nuovi elementi su un materiale in partenza sicuramente perfettibile. Dopo il flop del 1985 (Le colline hanno gli occhi II), anni dopo, il maestro di Nigthmare e Scream affida al suo “discepolo d'oltre oceano” un suo film cult per una nuova versione del male, lasciando il giovane regista accogliere la lezione imparata attraverso le sue pellicole e restituendo un'attualizzazione dell'orrore e del film di genere. Craven parlava dei suoi stessi film come qualcosa che “hanno fatto a pezzi tutti i luoghi comuni riguardanti le idee di come andava trattata la violenza al cinema”. Di fatto questa, ora, diventa grazie a Wes Craven, dolorosa, prolungata, scioccante e molto umana. “E sono io”, continua il regista, “che ho reso umani gli assassini”. Alexandre Aja mette la sua personale impronta in questa “umanizzazione” e vira, a differenza del regista statunitense, su panorami ancora più apocalittici. Portando tutto ad una cifra tecnica notevolissima, mantiene i sapori violenti del gore estremo, aggiungendovi una palpabile (ma mai invadente) lettura politica (i maniaci deformi canticchiano stonati l’inno nazionale e seguono in un beato stato vegetativo alla tv un talk show), facendo della violenza non solo un mera scelta poetica, ma anche un mezzo per percorrere e indagare sulle colpe di chi apparentemente è al di fuori di ciò che avviene sullo schermo.

I titoli di testa si aprono con fotogrammi di persone mutate dalle radiazioni e una raccolta di materiale documentaristico-scientifico di esperimenti atomici eseguiti in un'area circoscritta nel deserto del Nuovo Messico. Ora, con i dovuti distinguo, dobbiamo fare riferimento, seppur brevemente, a un altro film: Dr. Strangelove di Kubrick. La pellicola del Maestro finiva proprio con le stesse riprese effettuate durante lo sgancio della bomba di Hiroshima e Nagasaki e di tutte quelle degli esperimenti effettuati poi negli anni seguenti alla Guerra, qui riprese, arricchite con materiale inedito e sottolineate dalla voce di Webb Pierce nel brano More and more. Questo riesce a creare un filo conduttore, non nella storia del cinema, è ovvio, ma nella rappresentazione della follia che l'umanità può facilmente generare e che ha perpetrato nel corso degli eventi. La pellicola Le colline hanno gli occhi del 2006 si mantiene fedele all'originale, iniziando con un messaggio inequivocabile: tra i due cani che accompagnano la perfetta famiglia americana, Beauty e Beast, quello che morirà sarà proprio Beauty, Bella, la bellezza, lasciando a Beast, Bestia, il compito di aiutare la malcapitata famiglia a ripercorrere i sentieri della vendetta e far fronte alla bestialità con la bestialità. L'umano contro il disumano. Però le colline hanno gli occhi, appunto, e il papà di Freddy Kruger pure. Esse ci osservano da lontano, ridacchiando sadicamente, pregustando una crudeltà che non può essere contenuta. Una crudeltà che guarda da lontano con occhi spalancati e che comanda un'umanità succube, manovrandola come dei burattini di carne.

La pellicola è un escalation di efferatezze inarrestabili. La famiglia dei Carter vedrà man mano decimarsi in un vortice horror-splatter ben orchestrato. Il film, pur destreggiandosi tra citazioni più o meno colte, resta comunque una micidiale macchina di spettacolo che gronda sangue e che, forse fortunatamente, non si addentra mai in meccanismi del doppio gioco obbligato. Una pellicola che soddisfa tutti gli stilemi del genere, però nutrendo lo spettatore e saziandolo elegantemente. Un'occasione importante per Alexander Aja e che il regista parigino non manca di cogliere, per dare conferma ad un successo già preannunciato.

 


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