ToHorror Film Festival 2002 - Panoramica PDF 
di Marco Gatti   

Per la sua terza edizione il ToHorror film festival si è svolto nelle sale del cinema Massimo, da anni sede di maturazione per molti eventi torinesi. Ideato e diretto da Pino Chiarappa, Marco Gasparino e Davide Maggiorato si presenta come una vetrina di sperimentazioni su forme e temi relativi ad un genere, e dunque raccoglie una selezione coerente di opere che proiettano un immaginario narrativo ormai mitico. Bisogno spontaneo di stupore e mistero si esprime in ogni sezione, dalla fiction ai documentari, testimoniando la vitalità di una fetta di appassionati spettatori-autori che nel orizzonte del cinema italiano sperano nella comparsa di visioni un po' audaci.

Come rappresentante del tono generale del programma scegliamo l'opera di chiusura, un film sinistro e beffardo di Pupi Avati, Balsamus-l'uomo di satana (1968), che segnala i caratteri davvero nostrani del genere di paura e mistero, dimensioni narrative che si legano alle superstizioni delle campagne, alla sessualità che irride i moralismi, all'istinto farsesco dell'Italia popolare. Ad inizio carriera Avati si muoveva nei piccoli spazi della surrealtà provinciale esplorata anche da Fellini, creando illustrazioni dei lati più bizzarri e contrastati dell'immaginario narrativo italiano. Balsamus esprime quell'anima grottesca che forse il nostro cinema vuole riscoprire per prendere le distanze dalle piattezze realistiche degli ultimi anni.

Molti video del programma sono portatori di una certa magia naif che si coglie non tanto nel soffermarsi sulla superficie spesso imperfetta del testo-video, ma proseguendo nell'osservazione di reali esperienze narrative vissute con intensità dai realizzatori delle opere, su tutti gli attori di questi film costruiti da gruppi affiatati di amici. L'horror è oggetto di riferimento comune per interpreti credibili che bilanciano nella costituzione del personaggio i limiti materiali del supporto video, così ostinatamente reale nella sua definizione di pixel da compromettere ogni clima di finzione. È l'efficacia degli interpreti che distingue infatti i titoli più significativi, interpreti nella maggior parte dei casi non professionisti della recitazione, ma partecipanti entusiasti di esperienze creative di gruppo. Ecco dunque i teen-agers torinesi in un'altra puntata della video-saga Backstage di Piero Cannata, che instancabile continua ad omaggiare la rinascita del genere horror americano rappresentata da Scream, o lo spiazzante Bambine kattive di Antonio Campo, che sfacciato propone un lungometraggio di due ore girato in video otto riuscendo a stare in piedi grazie alla femminilità multipla delle cinque protagoniste. Notevole Psichokilled di Enrico Fossà, muto di ironia dark inscenato come una strana pantomima, mentre la nostra palma va a Buon compleanno Jennifer di Alberto Donati, ancora convincente per la recitazione di un gruppo di amici/attori inseriti nell'ambiente di una festa dal look anni '60 che ricorda l'estetica dei videoclip dei DeltaV: una splatter che si conclude con una scorpacciata di carne cruda da parte degli interpreti assatanati sul corpo della festeggiata Jennifer.

Le delusioni arrivano proprio quando ci sono cast di professionisti, come per l'inguardabile Io sono un vampiro di Max Ferro, lungo fuori concorso e fuori portata per la goffaggine generale dell'operazione, un cenno di produzione strutturata per una storia di vampiri settecenteschi a Torino, il tutto girato con improbabili e raggelanti inquadrature in beta digitale.
Autori e organizzatori timidi e simpatici evitano lungaggini in presentazioni e spiegazioni di contorno, e il festival si rivela una manifestazione col suo stile destinata a crescere per la serietà dei direttori e la sicura passione dei partecipanti. Nota strana: il presidente della giuria corti, dinoccolato tedesco direttore di un qualche fantafestival di Colonia, assegna gli due premi (comunque non denaro) agli unici due stranieri in concorso, inglese e tedesco, e ritira pure lui i premi in quanto i due sono assenti. Per essere sincero non ho visto i film, saranno stati di sicuro di buon livello, ma le sfumature significative delle recitazioni al limite tra realtà e fiction di molte opere del programma difficilmente saranno state colte dal nostro amico tedesco.

 


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