A.I. Intelligenza Artificiale PDF 
di Barbara Rossi   

Intelligenza artificiale: strano titolo, questo, per un film che, pur partendo da un freddo groviglio di fili e di microprocessori (la "mecca" nello studio del professor Hobby, all'inizio), si dedica poi prevalentemente alla rappresentazione assai poco cibernetica di sentimenti e stati emozionali. Non c'è da stupirsi, comunque, visto che stiamo parlando di un'opera inevitabilmente mista, ibrida, ideata dallo scomparso Stanley Kubrick sulla base di un racconto di Brian Aldiss e poi filmata da Steven Spielberg. L'incontro fra il regista del dubbio, dell'agnosticismo esistenziale e l'autore del trionfo della fanciullezza come stato d'animo, dell'infanzia come luogo mitico: ed ecco che davanti ai nostri occhi scorrono l'allegria, le lacrime, lo struggimento, la disperata tensione verso il sogno, la storia, insomma, di David (un Haley Joel Osment dalla straordinaria fissità), piccolo robot di ultima generazione del futuro, costruito per "amare".

La tematica ha chiare ascendenze kubrickiane, così come i numerosi dilemmi suscitati, pronti a mettere alla prova ancora una volta la nostra "ratio" e a sconvolgerla: può un intelligenza artificiale provare sentimenti? E se sì, di che genere, quanto affini a quelli umani? Vale la pena considerare le "emozioni" di un robot, pur nella consapevolezza che si tratta solo di un giocattolo? E infine, per allargare il discorso, qual è il nesso fra intelligenza e sentimenti?

Sono domande che ormai fanno parte dell'uomo contemporaneo, della sua coscienza, che rimarranno dentro di noi (e qualche volta fuori, nei libri, nei film) finché durerà questa civiltà ipertecnologica e magari anche dopo la nostra estinzione, quando i ghiacci ricopriranno la terra e gli alieni atterreranno su di un mondo vuoto.

Quesiti che Kubrick da regista si era posto forse più di altri (ma come dimenticare il cult Blade Runner di Scott?) e con maggiore intensità, a partire dai lontani 2001. Odissea nello spazio e Arancia meccanica sino a questo film: la meccanizzazione degli individui, la loro spersonalizzazione, l'ambiguità e la confusione derivanti dalla perdita dell'identità (nel futuro di A.I. è necessario passare ai raggi x i "mecca" per distinguerli dagli "orga", gli umani), il tema del doppio (David e il fratello "reale", Martin, i "cloni" di David nel laboratorio del professor Hobby e il suo distruggerne uno, in una scena perfettamente speculare a quella con la scimmia umanoide di Odissea nello spazio). E, con la nullificazione dell'essere, anche la perdita di controllo da parte della ragione umana, il riportare il discorso a quell'opposizione Natura / Cultura cui si può ascrivere l'intera opera kubrickiana.

Afferma Kubrick, siamo manichini di noi stessi, programmati per costruire simulacri che a loro volta, beffardamente, ci sopravviveranno; ma, aggiunge Spielberg, siamo manichini con un cuore ed è proprio questa capacità di amare e di sognare che trasmettiamo su di un circuito elettrico ai nostri replicanti a (ri)fondare il senso della nostra identità, sepolta con la Fata Turchina (e con i nostri miti, favole, innocenze) in fondo al mare e a duemila anni di storia.

Così A.I. diventa, in maniera un po' ingenua e ottimistica, la leggenda personale di Spielberg, fiaba postmoderna dall'autocitazionismo spietato in cui un piccolo androide / E.T., smarrito e rifiutato, attraversa un mondo ostile, smisurato bordello e insieme lunapark, inseguendo il sogno di diventare "vero" (come Pinocchio) e di ritornare a casa, da sua madre (come nel Mago di Oz). Tra boschi pericolosi, gigantesche quanto fittizie lune piene e "fiere della carne" tristemente simili a certi luoghi dell'orrore novecentesco, ma pur sempre scortato da due fedeli seguaci: il "mecca" Gigolo Joe (Jude Law), accompagnatore virgiliano, e il supergiocattolo orsetto Teddy.

In giro per il mondo (e nel tempo), tra fondali marini e mirabili costruzioni fantastiche, sino all'incontro con alieni modello "Incontri ravvicinati del terzo tipo" e a quel liberatorio prender sonno di David accanto alla sua mamma, ultima meta "là dove nascono i sogni".

Finale agrodolce per il piccolo androide, estrema, sentimentale espressione di un mondo disumano.

 


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