Shrek e gli altri: parla Jeffrey Katzenberg, Mr. Dreamworks PDF 
Maurizio Ermisino   

ImageIrriverente, sovversivo, satirico, ma non cinico. Così Jeffrey Katzenberg, numero uno della Dreamworks, la società fondata con Spielberg e Geffen, definisce Shrek, personaggio che ha rivoluzionato la storia dell’animazione e si è rivelato un vero e proprio marchio di fabbrica della Dreamworks Animation. Ma gli aggettivi che ha usato potrebbero essere gli stessi che connotano la Dreamworks stessa, che da sempre ha deciso di differenziarsi dall’animazione storica, quella della Disney per intendersi, puntando su prodotti più particolari, giocando con il mondo delle favole fino a ribaltarlo. Ed è probabilmente dalla nascita di Shrek che l’animazione è diventata un fatto anche per adulti, e non solo per bambini. Lo testimonia l’attitudine rock, che si vede (e si sente) sul grande schermo, assistendo alle vicende dell’orco verde, arrivate oggi al terzo capitolo.Image

Shrek è il simbolo della Dreamworks Animation, il suo personaggio di punta, e sin dall’inizio ha voluto ribaltare i luoghi comuni delle favole disneyane. Cosa rappresenta Shrek per la Dreamworks e in cosa si differenzia dagli altri film di animazione?
Shrek è un film storico, che ha segnato la Dreamworks. Rispetto ai film della Disney, Shrek è più adulto, più sofisticato, con degli attori famosi che prestano la voce ai personaggi. È irriverente, è sovversivo, è satirico, ma non cinico.

Cosa pensa dei film Pixar?
Ho portato io Pixar nella Disney: loro fanno film più per bambini, è una loro scelta. Anche noi potremmo fare e produrre film alla Disney, ma non è mai stata una nostra reale intenzione, fin dall’inizio: il nostro primo film animato, Il principe d’Egitto, è stata una cosa molto diversa da ciò che si era soliti vedere.

Che cosa le è rimasto dell’esperienza con i suoi soci Steven Spielberg e David Geffen?
Io, Spielberg e Geffen abbiamo fatto nascere questa società, abbiamo fatto anche degli errori, senza dubbio, ma la Dreamworks è stata un grande successo: gli studi e i teatri di posa sono stati venduti alla Paramount. Hanno lanciato Transformers, che è stato un successo. Noi della Dreamworks siamo tutt’oggi l’unica società indipendente che fa film di grosso successo.

È più difficile gestire un team creativo come gli animatori di Shrek, o degli attori, come possono essere i doppiatori?
Nessuno dei due è difficile da gestire: per quanto riguarda il gruppo dei creativi, lavoro con Aron Warner e Chris Miller da dieci anni, sono esperti e io per loro sono come un allenatore: non entro nel campo di gioco, ma sto in disparte e dirigo. Per quanto riguarda gli attori, sono così bravi, e fanno parte del cast da tanti anni, che non sono per niente difficili da gestire. Infatti, ai tempi del primo Shrek, andavo in studio di registrazione ad ogni seduta, ora ci vado solo per portare i panini e i dessert. Lo stesso vale per Justin Timberlake, talmente dotato nella commedia, che dopo le prime sessioni, è andato avanti da solo.

Come è stato scelto Justin Timberlake?
L’ho visto tre anni e mezzo fa al Saturday Night Live e ho pensato che fosse la persona giusta, così ho chiamato Aron Warner per farlo inserire nel cast. Aveva fatto anche una piccola apparizione nel primo Shrek, ma non lo ricordavo nemmeno.

A Cannes sono stati presentati 30 minuti di Bee Movie: come nasce questo film?
Bee Movie è un film di cui sono particolarmente orgoglioso: credo che sia la prima volta, dai tempi di Walt Disney, che un autore di talento come Jerry Seinfeld va dagli animatori con una sua storia, la scrive, la produce e presta la voce al personaggio.

Cosa ci può raccontare di Bee Movie? Cosa ha dello spirito Dreamworks?
Credo che Jerry Seinfeld sia uno dei comici più intelligenti del momento: riesce a guardare il mondo con occhi arguti e divertenti, ed è irresistibile vedere il mondo attraverso i suoi occhi. Il suo personaggio parla, si muove e cammina come nessun altro personaggio della storia del cinema di animazione. Sarà una storia molto bella, che piacerà al pubblico.

Jerry Seinfeld è famosissimo negli States, meno da noi: non corre lo stesso rischio di Adam Sandler, che ha un grosso successo in America ma continua a zoppicare un po’ qui in Europa?
Non c’è bisogno di conoscerlo per divertirsi: a Cannes abbiamo fatto vedere uno spezzone di 30 minuti ed è piaciuto. Non è qualcosa di semplicemente americano: è come Benigni, è divertente in ogni lingua. Image

Com’è nata l’idea del cameo di Ray Liotta?
C’è un cameo di Ray Liotta e uno di Sting. L’idea è venuta a Jerry, che lo conosce, e Ray ha voluto assolutamente farne parte. Jerry ha accettato, a patto che Liotta accettasse di prendersi in giro.

Cosa ci può dire del sequel di Madagascar?
Madagascar era stato concepito fin dall’inizio come un film in quattro capitoli: ora vediamo come svilupperemo la storia, visto che non è mai stato nelle nostre intenzioni far rimanere gli animali in Madagascar.Image

Il rock ha una parte fondamentale in Shrek: cosa c’è delle vostre passioni e quanto è importante per dare un’attitudine rock, irriverente, ai personaggi?
La musica è stata fondamentale sin dall’inizio, ha fatto proprio parte della firma di Shrek: Adamson e Warner avevano delle idee ben precise su come doveva essere la musica che avrebbe connotato il film. Il mio apporto è stato sulle canzoni dei finali dei tre film: I’m A Believer, Livin’ La Vida Loca e Thank You For Let Me Be Myself, una cover di Sly And The Family Stone.

È così difficile avere i diritti di Immigrant Song dei Led Zeppelin?
È stata la canzone più dura da avere. Con Paul McCartney (Live And Let Die) è stato più facile, perché ama l’animazione, ed era molto contento che la sua canzone fosse nel film. Per i Led Zeppelin è stato difficile, abbiamo dovuto fare molte telefonate, ma quando hanno visto lo spezzone dove sarebbe andata la loro canzone si sono mostrati d’accordo. Scegliere le canzoni è più facile che avere i diritti! Image

È migliore la scelta di brani noti a costi molto alti piuttosto che quella di usare brani scritti apposta per il film?
Per Shrek la musica è sempre stata un elemento caratterizzante, che ne sottolinea i momenti topici e li definisce, fa parte del processo di narrazione creativa. Altrove non è così, si crea una musica originale, uno spartito. Il primo film che usava canzoni contemporanee è stato Oliver & Company, in cui ho usato canzoni di Bette Midler, Billy Joel, poi c’è stato Il Re Leone, con le canzoni di Elton John. Insomma, c’è sempre stata musica nei miei film.

 


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