Racconti da Stoccolma PDF 
Francesca Druidi   

ImageWhen Darkness Falls. Quando l’oscurità scende e avvolge tutto. L’anima, la luce della ragione. L'evocativo titolo originale di Racconti da Stoccolma trasmette efficacemente allo spettatore il senso di minaccia incombente, di sordo pericolo, al quale è ancora più difficile e doloroso sfuggire perché proveniente da persone conosciute, care, amate. Il regista Anders Nilsson sceglie non a caso un Paese nordico dall’affermata tradizione di tolleranza e di rispetto dei diritti civili per ambientare storie di ordinaria follia declinata come violenza e sopruso, ispirate a fatti realmente accaduti. Violenze domestiche subite dalle donne per mano di padri, mariti, fratelli, parenti e partner. Rigurgiti di un’omofobia latente pronta a deflagrare. Questi i fili conduttori delle tre vicende che scorrono parallelamente in Racconti da Stoccolma, intrecciate in virtù del montaggio, ma senza che i protagonisti s’incontrino mai nell’universo diegetico (come avviene, invece, nelle opere di Iñarritu).

Partendo dal presupposto che anche tra le pie(a)ghe della socialdemocrazia svedese si celano brutalità e prevaricazione, Nilsson (il cui approccio al cinema è multiforme considerando le sue esperienze in veste di sceneggiatore, tecnico del suono, montatore, regista di seconda unità e direttore della fotografia) scatta una fotografia impietosa della società svedese, dove le più basse e istintive pulsioni di sopraffazione toccano una dimensione che da privata assume progressivamente i contorni di un’emergenza sociale di caratura universale, poiché investe ogni cultura, ceto, religione. Indistintamente. Che non guarda al reddito o all’età anagrafica. La risposta a tali atti è quasi sempre l’omertà, perché le vittime provano vergogna. Una vergogna che impedisce loro di ribellarsi e, quindi, di difendersi. Il film rappresenta un chiaro atto di accusa con il quale puntare il dito contro l’impotenza e l’incapacità delle autorità competenti di affrontare in maniera efficace queste problematiche, che non trovano un’ampia visibilità nemmeno nei tortuosi meandri dell’opinione pubblica o al cinema, che raramente tratta in modo diretto il tema delle violenze sulle donne perpetrate all’interno del nucleo familiare. “Ho voluto raccontare le storie dalla parte delle sopravvissute, di chi è costretto a vivere continuamente questo dramma, anche per denunciarlo”, ha dichiarato Anders Nilsson. “Molte non reagiscono, vengono annientate dai sensi di colpa indotti dai pregiudizi, subiscono in silenzio”.

La storia di Carina trae spunto dall’esperienza di una nota giornalista svedese, Maria Carlshanze, eletta poi al parlamento europeo. Professionista capace e di successo, moglie e madre solo in apparenza felice, Carina dimentica nel corso di una premiazione di ringraziare il marito, operatore che lavora con lei per la stessa emittente televisiva. A casa scoppia l’inferno. Fatto di spinte, botte, insulti e umiliazioni. Non è la prima volta che accade e lo “spettacolo”, il più delle volte, non viene risparmiato agli occhi del figlio maggiore. Forte della solidarietà della suocera (la bergmaniana Bibi Anderson), Carina troverà il coraggio di rendere pubbliche le sue personali traversie esponendosi in prima persona, ma dovrà far fronte ai commenti inopportuni dei colleghi e all’ostilità dell’ambiente in cui la coppia lavora che, per corporativismo e sessismo, la isolerà ostacolandola nei suoi tentativi di sensibilizzare le coscienze. Aram, protagonista del secondo spaccato, gestisce invece un locale notturno alla moda, preso di mira da una gang di delinquenti che ferisce in un agguato gli addetti alla sicurezza. Tra questi c’è Peter, legato ad Aram da un sentimento speciale che si scopre essere la causa scatenante dell’aggressione. Aram e Peter dovranno decidere se testimoniare in tribunale contro il capo dei criminali oppure cedere ai loro ricatti e accettare soldi in cambio del silenzio in aula.  Infine, c’è la sconvolgente storia di Leyla e Nina, due sorelle unite nell’ambito di una grande famiglia patriarcale e cristiana venuta dal Medioriente. Dietro lo specchio di un’integrazione solo apparente, emergono drammaticamente le regole di un rigido codice morale e religioso. Non appena si fa largo il sospetto che Nina abbia un ragazzo, i genitori e gli zii decidono che il disonore è inaccettabile e il suo destino segnato. Un destino che accomuna quelle donne del clan colpevoli di voler essere libere e di nuocere alla rispettabilità della famiglia. La punizione inflitta a Nina non lascia vie di scampo. Sarà Leyla a opporsi con ogni mezzo a questo circolo di morti senza fine, mettendo a repentaglio la sua stessa vita per raggiungere l’obiettivo.

Vincitore del Premio Amnesty International al Festival di Berlino 2007,  Racconti da Stoccolma è una pellicola il cui confronto con la credibilità, la veridicità e la crudezza delle storie raccontate finisce per dipanarsi in un discorso filmico sin troppo didascalico e programmatico, innanzitutto nella gestione narrativa ed estetica delle vicende, e poi nella risoluzione dell’intreccio. La pellicola non manca di buone intenzioni, fornendo interessanti spunti di discussione su argomenti scomodi e delicati, ma la resa finale è discontinua. Di fronte alla potenza mostrata dal capitolo dedicato a Leyla, quello più compiuto per intenti e scelte relative al linguaggio, capace di fondere l’afflato di denuncia con trame maggiormente consone al genere thriller, gli altri due capitoli perdono di compattezza e di tensione. E se la vicenda di Aram, imprenditore di successo, avrebbe potuto essere sviluppata in maniera più approfondita, presentando il caso di un’integrazione razziale ben riuscita ma con tutti gli strascichi che un’omofobia strisciante può ancora generare, la messa in scena attuata da Nilsson, in particolar modo nell’episodio di Carina, risente di un approccio eccessivamente televisivo e convenzionale nel rendere sul grande schermo l’abuso e la violenza domestica. Si trova il déjà-vu, il già visto, quando le tematiche in campo avrebbero meritato un trattamento cinematografico maggiormente articolato e complesso.

TITOLO ORIGINALE: When Darkness Falls; REGIA: Anders Nilsson; SCENEGGIATURA: Anders Nilsson, Joakim Hansson ; FOTOGRAFIA: Per-Arne Svensson; MONTAGGIO: Darek Hodor; MUSICA: Bengt Nilsson; PRODUZIONE: Germania/Svezia; ANNO: 2006; DURATA: 133 min.

 


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