RCL - Ridotte Capacità Lavorative PDF 
Nando Dessena   

Da giorni si possono leggere sul web pareri praticamente a senso unico sul reality movie del regista Massimiliano Carboni e del capocomico Paolo Rossi. RCL, uscito nelle sale a dicembre, in sordina e con una scarsa distribuzione, sarebbe a parere di molti solo un velleitario tentativo di raccontare in maniera originale la crisi della FIAT italiana, un semi-documentario che vuole discostarsi, ma con scarso successo, dal giornalismo d’inchiesta di trasmissioni televisive come Report e Ballarò.

Le critiche riguardano soprattutto una consistente distanza tra la comicità autocompiaciuta di Rossi, l’ironico edonismo della messa in scena e i problemi reali, vissuti da persone reali, che la pellicola affronta. Senza volerci impelagare in un lungo e trito discorso su una consolidata tradizione della critica italiana che vorrebbe un cinema sociale (operaio nella fattispecie) trattato con adeguato rigore, con una serietà pari almeno a quella della crisi rappresentata cerchiamo quantomeno di capire quali stimoli e riflessioni abbia da offrire questa pellicola, aldilà del capestro di un giudizio, di una valutazione sommaria, che spesso si rivela un inutile e sterile processo alle intenzioni. Intanto si parte con una dichiarazione programmatica, ed è palese quanto il surrealismo civile di Rossi si discosti dal reportagismo d’assalto e che siamo di fronte ad un cinema più vicino al teatro brechtiano che al zavattiniano pedinamento del lavoratore. Lo sguardo distaccato, che prende le distanze dalla cronaca, dall’informazione, o dalla disinformazione se si preferisce, è comunque uno sguardo nuovo, che focalizza l’attenzione su particolari solo apparentemente privi di importanza. Il riferimento alla psicogeografia di Pomigliano d’Arco, alla conformazione urbana profondamente modificata dal polo industriale, rende tangibile quella sorta di ricatto sociale a cui i lavoratori cedono da anni, fin dalla perdita della reciproca solidarietà che caratterizzava il mondo contadino in epoca prebellica, perdita di cui si rammarica Don Peppino Gambardella, paradossale figura di prete di sinistra intervistato nel film.

Rossi, con la sua sgangherata troupe, finge un sopralluogo nella cittadina finalizzato alla realizzazione di un vero film su Pomigliano, ma l’amara conclusione è che l’unico genere adeguato sia la fantascienza, con le partecipazioni di guest stars di caratura più o meno internazionale inesorabilmente cassate dal low budget della produzione. Una cena-intervista con operai della FIAT e relative famiglie fa emergere il problema centrale, quello dei danni fisici causati dalla catena di montaggio e dalla ripetitività del lavoro in fabbrica, e il sindacalista Andrea Amendola spiega al riguardo come un operaio logorato da anni di lavoro in fabbrica possa venire etichettato come RCL, cioé a Ridotte Capacità Lavorative, e relegato in una sorta di ghetto produttivo, in un padiglione esterno, dedicato anche al contenimento di figure insubordinate. La tematica del lavoro in catena di montaggio, senza dubbio abusata in ambito cinematografico (ed in effetti non mancano continui riferimenti a Chaplin e al celebre Tempi Moderni), si rivela purtroppo ancora attuale. La metafora più utilizzata per chiarire come si svolga realmente il lavoro in catena di montaggio è quella di una scala mobile sulla quale montare al contrario rimanendovi in bilico e nel contempo svolgendo la propria mansione, ed è anche il fil rouge che lega indissolubilmente i cardini del nostro sistema economico occidentale. Bisogna rimanere dunque in bilico tra produzione e consumo, tra un nastro trasportatore che tutto sommato continua a girare e l’accogliente scala mobile di un supermercato. Questo surplus è forse il paradosso più amaro che RCL contribuisce ad evidenziare.

TITOLO ORIGINALE: RCL - Ridotte Capacità Lavorative; REGIA: Massimiliano Carboni; SCENEGGIATURA: Alessandro Di Rienzo, Massimiliano Carboni, Paolo Rossi; MONTAGGIO: Sara Pazienti; MUSICA: Gruppo Operaio; PRODUZIONE: Italia; ANNO: 2010; DURATA: 75 min.

 


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