Coraline e la porta magica PDF 
Alice Sivo   

Mai errore di battitura fu più azzeccato. Neil Gaiman, autore del romanzo da cui è tratto Coraline e la porta magica, racconta di come la sua eroina dovesse chiamarsi Caroline, ma poi, per un’inversione di lettere sulla tastiera del computer, è nato un nome buffo e originale, perfetto per una bambina divisa proprio tra l’originalità che la rende unica e la falsa perfezione dell’apparenza.

Coraline e la porta magica, primo film d’animazione stop-motion realizzato in 3D, è un trattato di psicologia infantile che farà riflettere i grandi e spaventare i bambini (o forse il contrario). Coraline è una bambina che si è appena trasferita in una nuova casa insieme ai genitori, troppo impegnati davanti ai loro computer a scrivere manuali di giardinaggio per occuparsi di lei. La scoperta di una porta magica le svelerà l’esistenza di un’altra dimensione, speculare alla sua. Al di là della porta tutto è uguale ma insieme diverso. La stessa casa, ma più rosa, più bella e più ordinata, gli stessi vicini, ma senza difetti, e soprattutto gli stessi genitori, ma più amorevoli, più attenti, più accondiscendenti. Il suo amico Wybie, che nella realtà è logorroico e rumoroso, nel mondo ideale è muto (ha la bocca cucita in un triste sorriso). I genitori sono simpatici e premurosi, l’altra madre prepara pranzetti succulenti e la vizia, l’altro padre compone brillanti canzoni dedicate a lei. Ma non è un dettaglio che nell’altro mondo tutti abbiano dei bottoni al posto degli occhi e si ostinino a chiamare Coraline con il più rassicurante Caroline. La bambina imparerà sulla propria pelle che non è tutto oro quello che luccica e quello che sembrava essere il miglior mondo possibile si rivelerà come il peggiore degli incubi. Aiutata da un gatto parlante e dalla sua determinazione, Coraline riuscirà a sconfiggere l’altra madre dietro al cui sorriso smagliante si nasconde in realtà una strega che vuole impossessarsi della sua anima. Gli echi carrolliani si fondono con una poetica dark che rimanda ai prodigi di Nightmare Before Christmas (firmato dallo stesso regista di Coraline, Henry Selick). Il passaggio dalla realtà grigia al sogno colorato, che si trasforma in incubo nero, prevede il ritorno – da vincitrice – alla realtà, che forse così grigia non era. L’attraversamento dello specchio è quello classico, archetipico, della transizione dall’infanzia all’adolescenza.

Il film è un prezioso elogio dell’imperfezione come segno di sostanza e unicità, contrapposta alla vacuità dell’apparire. È un incitamento alla curiosità e alla voglia di conoscenza (non per niente Coraline si definisce un’esploratrice), contro chi cerca di tapparci gli occhi e di nascondere la realtà dietro la finzione e l’omologazione. È la rivincita dei difetti sul mito illusorio della perfezione. Di Coraline ci piacciono il nome unico e i capelli blu, della sua mamma la brusca schiettezza e i fianchi larghi, del vicino Bobinsky la canotta lercia e il suo presunto alcolismo e dell’amico Wybie l’aspetto da freak e la difficoltà di stare al mondo (unita a una lotta continua per superare l’emarginazione) tutta racchiusa nel suo nome (Why be?). La rappresentazione idilliaca della famiglia ideale, alla quale ci ha abituato troppo cinema occidentale, viene demolita attraverso lo smascheramento di ciò che essa è veramente (cosa che invece viene mostrata di rado al cinema): un luogo falso e ambiguo fatto di bocche cucite e occhi tappati, dove le madri da un lato preparano la cenetta e dall’altro, come ragni, tessono la tela in cui imprigionare i figli. E anche dietro il trionfo finale della famiglia piena di difetti, ma in fondo buona, c’è un retrogusto amaro e poco conciliatorio che fa di Coraline e la porta magica un’opera radicale e controcorrente, molto inquietante e poco rassicurante. Gli effetti tridimensionali giocati sia sulla profondità di campo che sull’avvicinamento degli oggetti, uniti alle tecniche “artigianali” dello stop-motion, regalano momenti di stupore infantile anche agli adulti. La gamma espressiva e motoria dei personaggi è sorprendente e l’attenzione al dettaglio è (fortunatamente per noi) maniacale. Basti pensare che gli abiti indossati dai pupazzi, alti 24 centimetri, sono realizzati a maglia da una sarta che ha usato due aghi al posto dei ferri. L’uso del 3D è in ogni caso totalmente funzionale alla storia, è uno stupore aggiunto, è la ciliegina su una torta già ottima.

Non devono preoccuparsi troppo, quindi, gli spettatori che non avranno il privilegio di indossare gli appositi occhialetti nelle sale attrezzate. La bellezza gotica della storia di Coraline conquisterà anche loro.

TITOLO ORIGINALE: Coraline; REGIA: Henry Selick; SCENEGGIATURA: Henry Selick; FOTOGRAFIA: Pete Kozachik; MONTAGGIO: Christopher Murrie, Ronald Sanders; MUSICA: John Linnell, John Flansburgh; PRODUZIONE: USA; ANNO: 2009; DURATA: 100 min.

 


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