"My name is Salmon, like the fish. First name Susie. I was fourteen years-old when I was murdered on December 6, 1973. I was here for a moment and then I was gone. I wish you all a long and happy life”. Così termina Amabili resti, ultimo prodigio di Peter Jackson.
Susie Salmon è una quattordicenne con la passione per la fotografia che vive con i genitori, una sorella e un fratello in una tranquilla cittadina della Pennsylvania. Non sa però che quello, il 1973, è il suo ultimo anno di vita. Infatti, di lì a poco, un tranquillo vicino, Mr. Harvey, ossessionato dalla sua presenza decide di ucciderla nascondendone il cadavere in una cassaforte nella cantina di casa ed eliminando ogni prova. A poco servono le ricerche, sia quelle della polizia che quelle maniacali fatte da suo padre; Susie ormai si trova in un altro luogo, un limbo tra terra e paradiso da cui osserva la vita della sua famiglia che dolorosamente cerca di andare avanti. Ma Susie non ci riesce e si aggrappa con tutte le sue forze ad ogni sensazione che la tenga in qualche modo legata ai suoi cari. Alla fine però capisce che tutto, nel bene e nel male, deve continuare anche il suo cammino verso un pacifico ignoto perché tutti, in fondo, ricevono quel che si meritano.
Peter Jackson ritorna sul set per realizzare un adattamento cinematografico dall’omonimo romanzo di Alice Selbod (titolo originale The lovely bones). Accantonate momentaneamente le atmosfere fantasy e i colossali effetti speciali di Il Signore degli Anelli e King Kong il regista si concentra su una toccante vicenda in cui però non rinuncia agli ambienti surreali. Difatti è proprio nella creazione di quel limbo, in cui Susie si trova a vagare, che Jackson può dare libero sfogo alla sua sfrenata immaginazione. Il film inoltre non poteva che essere girato tra Stati Uniti, Australia e, ovviamente, Nuova Zelanda diventata ormai la “Hollywood privata” del cineasta che però fa ricorso a un cast internazionale di tutto riguardo: Mark Wahlberg e Rachel Weiz nei panni dei genitori, Susan Sarandon, strabiliante nonna che come compagno di vita ha scelto l’alcool, Stanley Tucci nel ruolo dell’assassino freddo e calcolatore e infine Saoirse Ronan, promettente giovane dal futuro più felice di quello del suo personaggio Susie.
Non c’è dubbio che la straordinaria creatività di Peter Jackson riesca a manifestarsi anche in un film come Amabili resti, sfoderando tutta la sua potenza nella realizzazione di quella sorta di limbo, un mondo in bilico tra Terra e Paradiso in cui Susie si ritrova dopo la sua uccisione. Qui il regista ritorna adolescente dando vita a un universo dominato da colori sgargianti (a volte quasi psichedelici) che in ogni momento e senza preavviso cambia aspetto, sottolineando così il carattere della persona che lo ha forgiato. Nel centro, tra tutti gli scenari onirici di cui è composto, si trova un grande albero che, come a voler ricordare l’Eden da cui l’uomo è stato cacciato, funge da chiave per poter accedere alla pace eterna. La protagonista è però più interessata a quello che succede sulla Terra dopo il suo assassinio. Restia ad andare avanti preferisce ancorarsi alle immagini e sensazione che le giungono soprattutto da suo padre, a cui era profondamente legata, che si dedica anima e corpo nella ricerca di un qualunque indizio che porti alla verità. Come sottolinea la stessa ragazza non va mai sottovalutato l’amore di un padre per la propria figlia che si manifesta in particolar modo nei piccoli gesti, come tenere accesa una candela alla finestra. Quello stesso amore, anche se rischia di distruggere il già incrinato equilibrio familiare (la madre sceglie di andare via di casa per un periodo), permette alla fine di far luce sulla vicenda smascherando il colpevole.
È proprio l’assassino che incarna il lato ammonitivo dell’opera; infatti sia la Selbod che Jackson vogliono sottolineare come un Mr. Harvey, un irreprensibile e cordiale vicino di casa, è sempre presente dietro l’angolo, pronto a sfoderare un’inumana crudeltà. Susie ha ammesso la sua ingenuità nel fidarsi di uno sconosciuto come per voler dare un monito a tutti gli spettatori che, guardando la sua vicenda, l’avranno considerata sciocca e sconsiderata; ma basta poco per accorgersi che il suo caso non è altro che uno dei tanti che ogni giorno i telegiornali di tutto il mondo citano tra una notizia e l’altra. Ritornando invece alla pellicola, se si vuole trovare un difetto nel lavoro di Jackson, si può focalizzare l’attenzione sulla morte del killer; precisamente viene da chiedersi come mai un regista che punta molto sulla resa degli effetti speciali mostra evidentemente un corpo finto che precipita in un fossato? Tuttavia nessuno è perfetto e in fin dei conti il film rimane un’opera di notevole qualità e di toccante attualità che vuole aprire una breccia nel cuore del pubblico. Tutti vorrebbero rimanere attaccati al loro mondo come Susie, ma ciò non è possibile. Non siamo altro che anime di passaggio che lasciano una vaga traccia sulla terra, destinate a raggiungere una meta ben più importante.
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