L'ospite inatteso PDF 
Alice Sivo   

Ogni Natale i cinepanettoni si sfidano a colpi di vacanze, rutti e comicità ruspante, lasciando poche sale e poche possibilità alle uscite cinematografiche di qualità. La sfida tra i film “alternativi” l’ha vinta sicuramente L’ospite inatteso, che dopo un buon successo in America è riuscito a conquistare il pubblico italiano allergico a De Sica & co. raddoppiando già dopo la prima settimana di programmazione il numero delle copie e mantenendo una media sala molto alta. Il segreto di questo piccolo film sta forse nell’onestà con cui riesce a raccontare una storia umana e personale ma anche politica.

Un professore del Connecticut stanco della vita e dell’insegnamento, che tenta invano di appassionarsi allo studio del pianoforte in memoria della moglie concertista morta cinque anni prima, capita per caso nella sua casa di New York, abbandonata da tanti anni perché piena di troppi ricordi, e la trova occupata da una giovane coppia di immigrati, che pagano in buona fede l’affitto a un truffatore che li sta raggirando. Dopo un’iniziale diffidenza i tre cominciano a scoprirsi, a capirsi, a convivere grazie al semplice potere della curiosità. Le vene di Walter ricominciano a pulsare attraverso il ritmo del djembe – che con il suo battito “fisico” fa da contraltare al timbro ordinato e cerebrale del piano –, strumento per il quale il compito professore inizia a provare un’autentica e irresistibile passione, guidato dall’entusiasmo di Tarek. Ed è così che l’appartamento si fa specchio ideale di una realtà ben più ampia e controversa, quella americana (nella fattispecie), che dovrebbe aver imparato ad accogliere gli ospiti inattesi ma che invece, sempre di più dopo l’11 settembre, ha inasprito gli animi e le leggi, con la creazione di politiche d’immigrazione restrittive e di un sistema di detenzione insensibile e insensato. Tarek e Zainab sono perfettamente integrati nella realtà multietnica di New York, sono americani a tutti gli effetti, vivono onestamente della loro creatività, lui suonando e lei creando gioielli, ma c’è un dettaglio: nessuno dei due ha il permesso di soggiorno. Questo particolare, unito alla sfortuna di essere fermato in metropolitana dalla polizia senza alcuna ragione, catapulterà Tarek in un centro di detenzione dell’I.C.E. (Immigration and Customs Enforcement) e trasformerà Walter nell’unico tramite “legale” tra il giovane e Zeinab, alla quale si aggiungerà poi Mouna, la madre di Tarek accorsa in cerca del figlio. Mentre Walter, ospite inatteso nella sua nuova vita, ritrova la passione e la gioia, Tarek, ospite di una prigione in cui regnano leggi crudeli, viene privato della propria vita, della propria libertà, fino all’inevitabile momento del rimpatrio in Siria.

La forza principale de L’ospite inatteso sta nella costruzione e nella descrizione di un personaggio comune che fa scelte originali attraverso un inaspettato incontro veicolato dal potere della musica e del ritmo. Richard Jenkins, nei panni del monotono professore che si ritrova a suonare i bonghi in giacca e cravatta in mezzo al parco, spaesato e nello stesso tempo a suo agio, è semplicemente perfetto. Il film scivola in terreni più schematici e già visti nella seconda parte, quando vuole farsi politico a tutti i costi. L’elogio della convivenza, l’accettazione del diverso e le spietate contraddizioni dell’America di oggi sarebbero potute emergere ugualmente, forse con più forza perché “meno dette”, senza il bisogno di insistere su sfumature melodrammatiche (comunque portate avanti con tono asciutto e misurato) non molto originali. Ma lo spirito e l’intento del regista e sceneggiatore Tom McCarthy appaiono così sinceri e sentiti da non farsi travolgere dal rischio didascalico di uno sviluppo eccessivamente “a tesi”.

TITOLO ORIGINALE: The Visitor; REGIA: Thomas McCarthy; SCENEGGIATURA: Thomas McCarthy; FOTOGRAFIA: Oliver Bokelberg; MONTAGGIO: Tom McArdle; MUSICA: Jan A.P. Kaczmarek; PRODUZIONE: USA; ANNO: 2007; DURATA: 103 min.

 


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