TFF 29/Sono Sion: il cinema come lente deformante PDF 
Davide Morello   

Gli esordi attraverso le pellicole più sperimentali, di libera espressione poetico-visiva, che comprendono fra le altre il cortometraggio I'am Sion Sono!! (Ore wa Sion Sono da!!, 1985) e Keiko desu kedo (1997), fino a Utsushimi (2000), formano le basi fondanti di un'opera che si realizza, nella fase più matura, in un originale potenziale visivo e narrativo. I tratti distintivi di uno stile barocco, onirico, tanto introspettivo quanto radicato nella contemporaneità sociale, coinvolgente e al contempo straniante, sono la cifra dominante del cinema di Sono Sion. I monologhi interiori, le riflessioni personali, si articolano in intrecci destabilizzanti, in soggettività che si alternano frammentandosi e sostituendosi. I colori e le scenografie prendono forma, così come le figure umane si deformano lasciando spazio alle pulsioni e alle ossessioni che le abitano. L'isolamento, il trascorrere del tempo e la staticità di Keiko... diventano la stratificazione e ramificazione in continuo movimento di Noriko's Dinner (Noriko no shokutaku, 2006), come la costante ridefinizione dei ruoli e della gerarchia del racconto: elemento strutturale di un altro film come Strange Circus (Kimyōna sākuru, 2005). L'architettura episodica riguarda lo stile narrativo dimesso del documentario dai toni slapstick e metacinematografici Utsushimi, quanto l'imponente Love Exposure (Ai no mukidashi, 2009), dal curato impianto formale.

C'è infatti un filo conduttore che accomuna le varie e differenti pellicole e che ruota intorno al concetto di deviazione o deformazione, il quale concerne i più disparati livelli della rappresentazione. Lontano e avverso al cinema di genere, nella sintassi come negli schemi narrativi più usuali, Siono Son ripercorre formule horror e thriller che contaminano in varia misura molte delle sue pellicole: si vedano rispettivamente Ekusute (2007) e Cold Fish (Tsumetai nettaigyo, 2010), dove il genere è strumento per mettere in scena gli eccessi, le aberrazioni dell'individuo e della società cui appartiene, le sue deformazioni grottesche, caricaturali, nel cinismo con cui vengono colte le abituali perversioni personali e collettive. Basti pensare al rivenditore di extensions, necrofilo, bizzarro, eccentrico ed inquietante personaggio destinato a divenire vittima della sua stessa maledizione, per terminare come un buffo gnomo animato: figurazione di un'ironia deformante che è altro strumento distintivo insieme al diffuso humor noir. Oppure, nel secondo film, la corruzione e la violenza che regnano dietro il mondo degli affari in cui rimane coinvolto il protagonista, il quale da vittima di tranquilla famiglia medio-borghese diviene carnefice esasperato in una chiusura gore che non lesina sull'esibizione del sangue.

La violenza dunque, con la sua doppia funzione: il suo aspetto spettacolare, d'impatto visivo ed emotivo in quanto elemento iconografico e narrativo; il suo carattere psicologico, di relazione fra personaggi e con il mondo, la sua natura perversa che coinvolge tutti, compresi i bambini (Strange Circus, Ekusute). Infatti, una certa incrinatura è già presente nelle istituzioni degli universi rappresentati, a partire dalla famiglia, primo vero microcosmo minato nelle sue certezze e nei suoi equilibri. È il soggetto di Noriko's Dinner Table, in cui la ribellione delle giovani figlie ha alle spalle la morte violenta della madre, e un futuro da assurde dipendenti di famiglie in affitto: mestiere che implica la negazione ostinata della propria identità. Corrono parallelamente i destini delle famiglie in Strange Circus e Cold Fish, in cui uno dei componenti, traumatizzato e rinnegato, vede la sopraffazione dell'istinto sadico e vendicativo nei confronti dei parenti. E dove nasce la violenza oscena di Love Exposure se non in seno alla famiglia, al fanatismo religioso dei genitori del giovane ribelle Yu? Anche qui un nucleo forzatamente separato in seguito alla morte di lei e all'ipocrisia del padre prete che, condannando i peccati del figlio, fa prevalere i suoi istinti sessuali, nonostante le ripetute iniziali reticenze.

La violenza è anche più dichiaratamente collettiva in Suicide Club, dove si fa strada sin dalle prime inquadrature che esaltano l'elemento iconico del sangue, il quale ritornerà, in una stretta relazione intertestuale, in Noriko's Dinner, che cita le stesse sequenze. Se il singolo quanto la società, la famiglia, sono colti nelle instabili identità, nelle imperfezioni e negli accentuati squilibri, l'altra istituzione presa di mira è, come anticipato, la chiesa. Love Exposure raggiunge toni buñueliani in quel gioco di demistificazione che mette in luce l'oppressione e la devianza mossa dai principi religiosi. Estremamente simbolica è quell'immagine onirico-surreale della gigantesca croce la quale appare a più riprese come un'istantanea visione e  che funge da siparietto ironico.

Accanto ad un'alterazione dei sistemi dominanti in cui l'uomo è immerso, le singole scene sparse nell'intera filmografia illustrano un humor noir, un cinismo dei personaggi, che restituisce in seno alla violenza e alla morte, una visione moralmente alterata della realtà. Si pensi alle cadenzate scene di macellazione dei cadaveri in Cold Fish e il contrastante atteggiamento del signor Murata e della moglie che procedono al sezionamento con un certo entusiasmo; il divertente atteggiamento di quest'ultima nell'eseguire lo stesso trattamento al corpo del marito. Ma si noti anche l'intensità della scena in Noriko's Dinner, quando Broken Dam, giovane moglie in affitto, nello svolgimento del suo lavoro, viene accoltellata da un marito squilibrato. Accanto a lei Ueno Station 54, amica e mentore della protagonista, che ritira i soldi dal cliente mentre l'amica sta morendo. Si fuma tranquillamente una sigaretta a pochi centimetri dalla vittima sanguinante, l'accarezza amichevolmente mentre la musica allegra in sottofondo accentua il forte contrasto già di per sé straniante: altra distorsione della realtà e delle sue forme di rappresentazione che  genera un'atmosfera cupa ed inquietante diffusa ovunque. Una realtà traslata in una continua messa in scena che raggiunge il suo culmine in Strange Circus, nel suo artificiale barocchismo del racconto e della scenografia, preponderante nell'incipit, nel circo e nelle maschere che fungono da cornice all'intera e turbata vicenda, a sua volta segnata da intense tinte psicanalitiche. Qui l'intreccio e la scrittura si allontanano dalla trasparenza e linearità di Suicide Club per  imboccare quel carattere artificioso, soggettivo e frammentario tipico di Noriko's, Love Exposure o del più sobrio e autobiografico Be Sure to Share (Chanto tsutaeru, 2009), in cui la morte e l'inquietudine ad essa connessa trova nuovamente spazio all'interno del nucleo familiare.

In tutti questi film i punti di vista s'intrecciano, magari in forme episodiche, con improvvisi salti temporali o procedimenti di ripetizione che vanno a destabilizzare la catena significante, operando su più livelli di realtà. Noriko's...  ingloba fra i suoi vari racconti anche sequenze di Suicide Club, ponendo in stretta relazione le due storie narrate: il rapporto che instaura sul piano contenutistico e formale apre alla relazione intertestuale che percorre la sua stessa opera attraverso una serie di richiami e analogie, a partire dalle vicende e dai nomi dei protagonisti. Ma esemplare è Into a Dream (Yume no naka e, 2005) che, surreale già nel titolo, genera un racconto multiplo e labirintico in cui i sogni si concatenano ad altri sogni, dove il discorso metalinguistico del film sul cinema amplifica la natura caotica dell'intreccio. Anche i dialoghi nonsense danno origine a gags in cui le perversioni sono ancora oggetto di un'analisi corrosiva dei rapporti umani e della sessualità, come accade nella lunga scena in treno. Un percorso in divenire, quello di Siono Son, filtrato sin dalle sue prime opere con un'inquietudine che gradualmente prende forma tramite quelle figure e quei motivi che si vanno definendo in una visione alterata del singolo come della società, in un approccio personale alla realtà come al mezzo cinematografico: lente deformante che ne ritrae gli eccessi e le distorte sfumature.

 


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