Riprendimi PDF 
Anna Barison   

ImageAnna Negri torna al cinema italiano dopo otto anni di lavoro all’estero con un lungometraggio dal titolo evocativo, Riprendimi, verbo ambivalente da intendere sia come richiesta esplicita di una donna abbandonata, sia come atto narcisistico di colei che ha deciso di farsi seguire 24 ore su 24 da una videocamera per diventare l’oggetto di un documentario.

Parte proprio da questo espediente narrativo la vicenda personale di Lucia e Giovanni, una giovane coppia romana che lavora nel mondo del cinema, rispettivamente come montatrice e come attore. Un mondo senza certezze questo, senza continuità, fatto di illusioni e di una incessante, quanto vana ricerca di stabilità economica e affettiva. Lucia deve fare i conti con l’abbandono quando Giovanni decide di andarsene di casa, lasciandola con un bimbo di poco più di un anno. Da qui inizierà la sua evoluzione e la sua rivincita personale a discapito di un compagno che non riesce nemmeno ad ammettere che in mezzo c’è un’altra donna. Eros e Giorgio, due documentaristi indipendenti, che vivono in macchina per tagliare le spese, avevano scelto proprio Lucia e Giovanni come campione della loro indagine sul precariato giovanile, ma si ritrovano all'improvviso a documentare una coppia in crisi, che trasforma radicalmente il loro progetto filmico, inizialmente connotato da uno sguardo asettico, voyeristico, da antropologi d'assalto o “piccoli grandi fratelli”, in un percorso segnato da un'evidente empatia per la tragicommedia della vita, fino al coinvolgimento totale, che li porterà a passare quella pericolosa linea di demarcazione, professionale e di finzione, e a immedesimarsi con i protagonisti e il loro rapporto burrascoso.

Il contesto narrativo del film di Anna Negri è quello del mockumentary, un finto testo che utilizza i codici e le pratiche linguistiche del documentario per rappresentare un soggetto di finzione. Riprendimi si prende comicamente gioco dei codici del documentario, ma anche, e soprattutto, del sistema culturale popolare in cui si inserisce. Così l’autrice, parodiando tutte quelle forme di rappresentazione della realtà fintamente realiste, pone l'attenzione del pubblico su una coppia che non riesce a crescere emotivamente e socialmente, mettendo in scena il suo atto di accusa nei confronti della “società liquida” e della capacità del cinema di mettere in scena la verità. Un'ibridazione tra cinema e realtà che rivela col sorriso una serie infinita di contraddizioni e ambiguità che vanno a ricadere sulla precarietà del mondo del lavoro e sulle basi poco solide della sfera affettiva, minata alle fondamenta dall’incertezza del presente e dal pessimismo sul futuro. Tuttavia, il film, nel portare in luce, una volta di più, il grave problema del lavoro e delle logiche perverse alla base del sistema italiano, non riusce ad affrontare fino in fondo il discorso con argomentazioni convincenti, che spesso sono frutto di discorsi ingenui e didascalici. Come il modo che Lucia ha di raccontare la fine della propria storia d’amore, sciorinando l'intero repertorio dei luoghi comuni femminili su quanto siano ridicoli, ipocriti, infantili, prevedibili e patetici gli uomini che si inventano qualsiasi cosa (in fondo sempre la stessa) per giustificarsi e allontanare da sé il peso delle responsabilità. I protagonisti, precari, affamati e sentimentalmente sbandati, si trasformano così in coscienza critica di ciò che vediamo, evitandoci anche lo sforzo di comprendere le loro dinamiche intrinseche, raccontandoci troppo e rispondendo a domande a cui lo spettatore preferirebbe rispondere da solo.

Un’occasione non del tutto sfruttata forse, di sicuro un tentativo abbozzato di restituire centralità ad un discorso interessante quale quello del lavoro precario come sintomo del precariato affettivo. Rimane una sfida l’aver voluto affrontare questo tema con un film indipendente e a basso costo, lontano dal grande circuito del cinema mainstream, un’opera dotata di un'ampia libertà tecnica e produttiva (la regista ha girato in casa propria), a cui corrisponde una vivace libertà espressiva degli attori e della macchina da presa. Si intravedono persino un Cassavetes, nel modello di recitazione (regista a cui Anna Negri ama ispirarsi), e un Lynch, ben sepolti, s'intende, sotto il registro della commedia dei sentimenti. Alba Rorwacher, per la prima volta protagonista dopo tante belle apparizioni a margine, crea un personaggio intenso, una giovane donna apparentemente fragile ma in realtà vitale e appassionata, in grado di lenire con l'intelligenza e il sorriso una situazione soffocante. Un’interpretazione che aiuta il film a sollevarsi dal didascalismo eccessivo e dalle carenze del discorso filmico.


TITOLO ORIGINALE: Riprendimi; REGIA: Anna Negri; SCENEGGIATURA: Anna Negri, Giovanna Mori; FOTOGRAFIA: Gian Enrico Bianchi; MONTAGGIO: Ilaria Fraioli; MUSICA: Dominik Scherrer; PRODUZIONE: Italia; ANNO: 2008; DURATA: 93 min.

 


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