Brucio nel vento PDF 
di Fulvio Montano   

Il nuovo film di Silvio Soldini inizia con un unico, intenso volo d'uccello (aquila o rondine che sia poco importa) da cui ammirare (e dominare) declivi ricoperti dal verde di boschi e pinete. Una selva scura ed un invito a lasciare ogni speranza per coloro che decideranno di entrare e vedere, mentre le cime degli alberi lentamente si coprono di neve ed il rumore del vento (splendido contrappunto all'agitarsi inquieto dell'anima del protagonista, prigioniera suo malgrado dell'alienazione del lavoro in catena) è un soffiare instancabile che scuote le fronde e picchia sulle vetrate di fabbriche e abitazioni. Una metafora fin troppo esplicita, che rimanda ad un'idea dell'esistenza come dialettica tra cielo e terra, tra fantasia e realtà, tra la leggerezza del pensiero e la pesantezza del vivere, in una società con forse troppe regole, troppe scadenze, troppi compromessi.

A bruciare nel vento sono i sentimenti inespressi per mancanza di soggetti disponibili, le parole dette in solitudine e le colpe represse nel tentativo di dimenticare. E la storia d'amore tra il protagonista, Dolibar, e la sua compagna (prima immaginaria e poi reale) Line.
Una storia d'amore dall'intreccio tutto sommato semplice e lineare, ma che il regista si diverte a frammentare in brevi momenti topici, sia emozionali che lirici, e in lunghe sequenze di pura cronaca realista (su tutte il viaggio in autobus, con Line che ogni volta mostra l'abbonamento come fosse un anonimo passeggero di una qualsiasi grande città), riproposte più volte quasi identiche, a reiterarne quella sensazione di noiosa sicurezza che solo la vita in provincia può dare.

Parola chiave per l'analisi del film, la dualità (dell'esistenza anzitutto) è riscontrabile ad ogni livello, a partire dalla regia (diversa per differenti situazioni), per arrivare alla schizofrenica fotografia di Luca Bigazzi, alla scelta accurata di attori e luoghi, e all'uso, una volta tanto creativo, della voce narrante. È come se l'autore tentasse (con inquadrature più che con sequenze, con filtri che virano l'immagine in blu piuttosto che con luci che accentuino la plasticità dell'immagine ad esempio) di isolare le varie componenti di una realtà affabulata, concepita ad immagine e somiglianza di quella che viviamo ogni giorno, incomprensibile compenetrazione e coesistenza di opposti.
Concentrandosi poi su frammenti sezionati di storia, ci si accorge di come l'intreccio quasi scenda in secondo piano, mentre Soldini indugia sul momento, sul qui ed ora in cerca del perché, più che del come. Autonomo ed autoconclusivo risulta quindi non solo il flashback (intriso di chiaroscuri) nel passato del protagonista, ma anche gli appostamenti per spiare Line, i momenti passati a scrivere in solitudine, le serate in osteria, la cena di Natale e la festa di Capodanno, fino alla sequenza che rassicura (a differenza del libro) su di un possibile lieto fine, in una non meglio definita spiaggia, bagnata da un non meglio definito mare.

Se di un viaggio all'interno di una personalità si tratta, e se tale personalità, per quanto isolata tra le pieghe di un'esistenza comune, è calata in un ambiente e ne viene condizionata, Brucio nel vento non può che essere il resoconto di un'esperienza mistica, visionaria, narrata senza profluvio di effetti speciali a fare da filtro, ma semplicemente immedesimandosi nella percezione distorta e alienata che il protagonista ha della realtà che lo circonda. Un viaggio ciclico, come ciclico è il riemergere di questioni insolute della propria personalità, che culmina nell'incontro con la Line reale e, paradossalmente, riconduce all'origine di tutto ciò da cui il protagonista è fuggito (il paese, la compagna di banco, il padre, la Cecoslovacchia).
Sarà l'amore del tempo dei faraoni a far riemergere Dolibar dal limbo della solitudine, quell'accoppiamento tra consanguinei come massima affermazione di identità di un gruppo endogamico e della necessità di preservarla, quale sfida estrema al tabù dell'incesto. Ricerca d'identità, anche nell'amore, quindi.
Dall'incontro con la donna che ha sempre cercato in poi, la presenza della voce narrante andrà attenuandosi, mentre il suo scrivere, fino a quel momento impulso più o meno articolato di esprimere qualcosa anche solo a se stesso, tristemente sopito dall'invadenza del compaesano croato, potrà riemergere e farsi finalmente comunicazione, condivisione.
Ad accompagnare il risveglio di Dolibar gli stessi toni di colore del film che si faranno meno cupi, fino all'esplosione di sole e luce dell'ultima sequenza sulla spiaggia.

Brucio nel vento è un'opera originale. Se non nei temi, peraltro attualissimi (immigrazione e integrazione, crescente anomia della società contemporanea e solitudine), nella maniera che Soldini ha di lavorare con gli attori, unita ad una personalissima maniera con cui ama raccontarci di loro e delle loro vicende.
"Credo che dopo la scelta di un libro e della storia che vi è contenuta, l'intervento che tocca a chi ne realizza un film sia quello di 'tradurre', portandole alla luce, le emozioni vissute durante la lettura. E credo che tutto questo debba avvenire non tanto come risultato di un'analisi, ma come risultato di un innamoramento: solo così può sfociare in qualcosa di interessante."
Finto il film si ha però la sensazione di essersi persi qualcosa, sommersi dalla densità di spunti e riflessioni proposte, come se l'autore avesse voluto, ad ogni costo, far stare tutto ciò che del libro lo aveva affascinato, riempiendo il bicchiere oltre l'orlo.

 


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