Lincoln PDF 
Fabio Fulfaro   

La maggior parte delle nostre decisioni e dei nostri ragionamenti non avviene alla chiara luce del giorno, ma nel crepuscolo della probabilita.
(John Locke)

Lincoln è uno dei rari casi in cui risulta determinante leggere preventivamente materiale storiografico sul Presidente americano, sulla guerra civile e sulle manovre diplomatiche e politiche che crearono i presupposti per l'abolizione del tredicesimo emendamento riguardante la schiavitù dei neri d'America. Spielberg ha usato come fonte di ispirazione primaria il libro di Doris Kearns Goodwiin dal titolo Team of Rivals: The Political Genius of Abraham Lincoln, che si sofferma sui rapporti del Presidente con gli ex nemici (tra questi il Segretario di Stato William H. Seward), determinanti nel procacciare i voti mancanti nel partito democratico. Il libro analizza anche i rapporti del Presidente con i suoi familiari: la moglie Mary Todd (la rediviva Sally Field), sull'orlo della pazzia per la morte del figlioletto Willie per febbre tifoidea, e il figlio maggiore Bob (Joseph Gordon Levitt), desideroso di combattere nella guerra di secessione. Sulla scia intimista-revisionista di Munich, lo sceneggiatore Tony Kushner decide di sviluppare il percorso interiore di un personaggio “titanico” che porta sulle spalle il peso “crepuscolare” della responsabilità e prende delle decisioni in base all'importanza dell'obiettivo da ottenere. L'occultamento della verità e metodi al confine della legalità sono parte della filosofia politica machiavellica di Abramo Lincoln: il fine davvero giustifica i mezzi e il pugno sbattuto forte sul tavolo conferma questa determinazione.

Nelle interviste rilasciate per promuovere il film, Spielberg e Kushner dichiarano di provare una certa complicità e simpatia per i metodi non molto ortodossi del Presidente americano, giustificandoli sull'altare del bene della collettività. Eppure non è un bel vedere la serie impressionante di menzogne che sia Lincoln che Thaddeus Stevens (interpretato da un eccezionale Tommy Lee Jones) eleggono a sistema di persuasione della parte avversa per l'abolizione del fatidico emendamento. Il Presidente firma una dichiarazione falsa sull'assenza di emissari di pace in città mentre il repubblicano Stevens retrocede nella sua dichiarazione di eguaglianza razziale tra neri e bianchi sottolineandone solo l'aspetto legale (questa mossa riesce a convincere una parte di repubblicani conservatori a votare l'abolizione dell'emendamento). Compravendita di senatori, promessa di benefici e di posti di lavoro, ricatti e proposte che non si possono rifiutare: è vero che siamo nel 1865, è vero che allora certi avvicinamenti e seduzioni facevano parte dei giochi della politica, ma ci sono poche luci e molte ombre in questo processo di liberazione dalla schiavitù. La fotografia rispecchia fedelmente queste zone oscure, illuminate con fasci improvvisi in maniera quasi caravaggesca: il Presidente e la moglie si trovano in camera da letto e discutono sul futuro del figlio Bob, la luce penetra da due finestre ai lati della inquadratura mentre le due figure rimangono nella semioscurità. L'altezza considerevole di Daniel Day Lewis si impone sulle figure circostanti sovrastandole, ma proietta anche lunghe ombre hopperiane sui campi di battaglia cosparsi di cadaveri. Lo stesso Presidente alla fine della guerra, seduto sfinito su una sedia, appare molto più invecchiato e col volto devastato dalle rughe, quasi portasse su di sé il senso di colpa per tutti quei morti. E quel senso di colpa si proietta nell'unica scena onirica del film: Lincoln su una nave che corre a velocità impossibile verso un orizzonte terrestre che evoca una fine imminente.

Spielberg, pur confezionando un prodotto di qualità elevatissima, rischia molto, complicando volontariamente la trama filosofico-politica della prima parte, raggelando l'atmosfera e creando una certa distanza con lo spettatore. Distaccandosi da prodotti recenti che partendo da eventi storici li hanno velocizzati e spettacolarizzati (Argo, The Conspirator), Spielberg compie il percorso opposto immergendosi con pacata lentezza nella sostanza caustica della realtà. Non bastano gli aneddoti sui teoremi euclidei del presidente e le battute al vetriolo di Thaddeus Stevens, rimane comunque una sensazione di raggelata malinconia, in cui la morte sparsa a pezzi per i campi di battaglia si ricompone in un trionfo a teatro compiendo la sua folle rincorsa. Altro effetto disturbante è quello dell'ambivalenza nel giudizio sull'operato del Presidente, con una definitiva rinuncia a una gestione del potere che sia scevra da nefandezze e compromessi e una cinica rassegnazione nel dover fare prevalere la ragione di stato su quella individuale, separando l'agire politico da quello morale. Se da un lato i presupposti di uguaglianza e di libertà alla base della Dichiarazione di Indipendenza  e della Costitizuone degli Stati Uniti d'America sono di chiara derivazione lockiana, dall'altro la “realpolitik” di Abramo Lincoln presuppone un certa sfiducia sulla natura del singolo individuo più tendente all'homo homini lupus di ascendenza hobbesiana. In questa contraddizione tra reale e ideale, Spielberg porta la sua opera su un versante più meditativo, lasciando volontariamente fuori campo le scene di guerra (con l'eccezione dei pochi minuti iniziali), e il momento dell'assassinio del Presidente viene raccontato attraverso la reazione del figlio più piccolo sulle note di Egmont di Ludwig Van Beethoven. Al contrario, il regista americano prova a dilatare i momenti di intimità, i colloqui al segreto delle quattro mura, per sottolineare che le importanti decisioni politiche hanno un forte substrato di vita personale: si pensi nel finale al sorprendente quadretto familiare di Thaddeus Stevens e alle “scene da un matrimonio” del Presidente al lume di candela.

Lincoln è un film quasi perfetto dal punto di vista formale (straordinaria la fotografia di Janusz Kaminski) ed ha tra i suoi punti di forza la completa immersione nel ruolo del gigantesco Daniel Day Lewis, che vede vicino il terzo Oscar della sua carriera (dopo Il mio piede sinistro e Il Petroliere). Ma per uno spettatore europeo, un po' all'asciutto di storia americana, risulta difficoltoso procedere attraverso i fitti dialoghi e la molteplicità degli intrighi, soprattutto nella prima parte. Speculando tra Locke e Hobbes, Spielberg iperbolizza la figura di Lincoln portandola alla sublimazione nell'estremo sacrificio: così il personaggio diventa mito e la Storia si trasforma in Epica lasciando il resto dell'umanità a confondersi in uno sfondo anonimo.

 


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