Ti amerò sempre PDF 
Eva Maria Ricciuti   

Lèa e Juliette: sorelle per nascita, estranee per colpa. Lèa e Juliette, e  tra di loro quindici anni di silenzi. Quindici anni di dolore. Quindici anni di un’assenza così profonda da cancellare persino il ricordo di quella vita passata in cui erano sorelle. E poi, ritrovarsi adulte. Ritrovarsi estranee e riconoscersi, nonostante tutto. Rincorrersi e fuggirsi in ostinati silenzi che raccontano realtà che le parole non saprebbero descrivere. Aprirsi nello scintillio degli occhi o trincerarsi dietro la piega decisa di labbra ostinate che non conoscono sorrisi da troppo tempo. Che li hanno dimenticati. Che li hanno rimossi per espiare una colpa. Per espiare La colpa.

Diretto da Philippe Claudel, Ti amerò sempre rappresenta una brillante prova d’esordio nella carriera già fulgidissima dello scrittore francese. Ed è proprio questa sua identità di autore letterario che si libera inevitabilmente nell’opera, facendone un magistrale esempio di testo visivo, di racconto per immagini laddove i silenzi e gli sguardi sono più eloquenti delle parole e dei rumori. Perché se è vero che Claudel è un maestro nell’uso della parola, è altrettanto vero che la sua maestria come narratore non esita a piegarsi all’utilizzo di un mezzo nuovo laddove percepisce il limite della scrittura, creando un linguaggio  in cui la ricercatezza si sposa con il tocco delicato e poetico delle immagini. Claudel, infatti, quasi fosse stufo del cinema che stordisce lo spettatore con montaggi sincopati e frenetici movimenti di camera, dà vita ad una vera e propria dichiarazione d’amore al silenzio quale insostituibile mezzo d’espressione nella descrizione di stati d’animo. L’andamento lento e riflessivo che caratterizza l’opera intera, insegnandoci a riscoprire l'arte di aspettare, pazientare e osservare, descrive la parabola esistenziale di una colpevole dichiarata e cosciente delle sua colpa fino all’epifania dell’insostenibile, in un pathos che non cresce ma letteralmente esplode in urla di dolore, nelle lancinanti urla di una morte che lentamente e dolorosamente si trasforma in vita nuova. Si distinguono per la sofisticata interpretazione le due attrici protagoniste, una dimessa eppure sempre bellissima Kristin Scott Thomas e la luminosa Elsa Zylberstein, che danno vita ad una singolare alchimia fatta di sguardi, sorrisi appena accennati, abbracci e silenzi che si chiudono su se stessi restituendo magistralmente l’atmosfera che si crea tra due persone che si annusano e che si studiano perché,  pur volendosi bene come per elezione, non si conoscono. O non si conoscono più, almeno.

Ed è nella misura dei gesti, nei dialoghi puliti e diretti, scevri da ogni possibilità di interpretazione altra da quella che ne rappresenta il significato, che si trova la cifra stilistica del film. Tutto è mirabilmente evidente, palese, inevitabilmente rintracciabile e riconoscibile e per questo tanto più doloroso. Non c’è giustificazione, non si accampano scuse e non si cercano motivazioni altre, c’è solo la colpa. Il crimine commesso da Juliette, il senso di colpa maturato in Lèa per l’abbandono della sorella, il sospetto di Luc (marito di quest’ultima, restio nei confronti della cognata), la purezza d’animo del padre di Luc (che diventa confidente muto di Juliette), la curiosità infantile della piccola Lys (figlia adottiva di Lèa e Luc, che riveste un ruolo importantissimo nella riabilitazione alla vita di Juliette) e la sincerità degli amici che gravitano attorno alla grande casa di Lèa e che costituiscono una vera e propria famiglia allargata, sono presentati con inequivocabile verità. Ed è per questo che nel momento della confessione di Juliette il contenuto delle sue rivelazioni è tanto più traumatico. Perché è assolutamente reale. Inevitabilmente accaduto.  Eppure, nonostante tutto, si può ricominciare. E vivere.

TITOLO ORIGINALE: Il y a longtemps que je t'aime; REGIA: Philippe Claudel; SCENEGGIATURA: Philippe Claudel; FOTOGRAFIA: Jérôme Alméras; MONTAGGIO: Virginie Bruant; MUSICA: Jean-Louis Aubert; PRODUZIONE: Francia/Germania; ANNO: 2008; DURATA: 115 min.

 


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