A Christmas Carol PDF 
Marco Capriata   

Robert Zemeckis torna a raccontarci la sua idea del Natale, dopo l’esperienza de Il Grinch e di Polar Express. E questa volta lo fa scegliendo la storia per eccellenza sulla festività che tutti unisce e accomuna, quella raccontata da Charles Dickens, nei confronti della quale rimane fedele al punto da restituircene lo spirito più adulto, e forse più interessante.

Lo scrittore inglese, con il suo Cantico di Natale, aveva criticato aspramente la società vittoriana, la sua crudeltà e indifferenza nei confronti dei più bisognosi. Ed è proprio questa una delle lezioni che si possono trarre anche dalla visione della pellicola di Zemeckis, che, nonostante l’impiego del 3D, apparentemente volto a renderlo un prodotto “per tutti”, firma un lavoro certamente maturo, come dimostrano i tanti inserti fantasmatici, in cui la paura della morte e del mistero si fanno pregnanti e vividi come i colori di cui è intriso il racconto. Un racconto giocato su chiaroscuri netti, che evidenziano perfettamente l’avidità del suo protagonista, l’avaro e temuto Scrooge, incapace di comprendere e accettare lo spirito di fondo di una festa che con il passare del tempo è sempre più ricca di luci, colori e buoni propositi, ma che ha perso completamente la sua dimensione magica e spirituale.

In fondo c’è un piccolo Scrooge in ognuno di noi, e questa storia è lì a ricordarci che una possibilità di redenzione esiste per tutti, che dobbiamo e possiamo rimediare alle nostre mancanze, ai nostri errori, alle nostre idiosincrasie verso la magia di un momento che pare sempre più effimero nel suo consumarsi velocemente. Chissà, forse questa volta il regista americano ha pensato bene di mostrare come questa storia sia ancora attuale, nonostante il tempo l’abbia vista trasposta in tutti i modi possibili, come il potere del cinema sia ancora quello di riuscire a regalarci la magia di una visione, sebbene negli ultimi anni sempre più legata ad una fruizione fugace, superficiale, poco attenta. L’uso massiccio del 3D (e non solo in questo caso) sembra infatti voler rinverdire un interesse per quest’arte così giovane ma già così vecchia, nonostante le luci e i mostrini dei multisala in cui consumare un rituale ormai consueto, quando non è il computer a consentirci di usufruire del prodotto finito. Il cinema è nato per stupire con i suoi effetti, e Zemeckis sembra aver appreso perfettamente la lezione, dimostrando allo stesso tempo di credere ancora nell’importanza della prova attoriale, che qui si traduce come sempre nella scelta di un cast di tutto rispetto, tra cui spicca un Carrey sempre trasformista, reso irriconoscibile dalla nuova potente tecnologia adottata dal nostro autore, che ne cattura le fattezze per restituirci qualcosa di nuovo, di paradossale, e raccontarci quindi una storia che ha una sua evidente potenza narrativa e un messaggio forte chiaro, ma che forse, ormai, sempre più spesso tendiamo a dimenticare.

A Christmas Carol è visivamente efficace e mirabolante nel restituirci sensazioni ed emozioni che sembriamo avvertire sempre meno, mitridatizzati da una fruizione e una visione del cinema di per se stessa ritualmente mortifera, quasi romeriana, quali zombie, e non più vampiri, di una visione obituariale di immagini che scorrono su maxischermi tecnologici, dimentichi della magia che è stata un tempo e che forse film come questo ci possono permettere di riscoprire.

TITOLO ORIGINALE: A Christmas Carol; REGIA: Robert Zemeckis; SCENEGGIATURA: Robert Zemeckis; FOTOGRAFIA: Robert Presley; MONTAGGIO: Jeremiah O'Driscoll; MUSICA: Alan Silvestri; PRODUZIONE: USA; ANNO: 2009; DURATA: 96 min.

 


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