Tutto in una notte PDF 
Elisa Mandelli   

A voler fare i pignoli, potremmo obiettare ai traduttori italiani del titolo (in originale Into the night) che le notti in cui si svolgono le vicende sono due. Due notti durante le quali lo sfortunato ingegnere aerospaziale Ed (Jeff Goldblum), afflitto da insonnia cronica, in crisi sul lavoro e tradito dalla moglie, si trova per puro caso coinvolto nella spericolata fuga della bella Diana (Michelle Pfeiffer), entrata in possesso di smeraldi persiani e inseguita da sicari tanto feroci quanto imbranati, avidi avventurieri e agenti federali corrotti.

Probabilmente più per l’invincibile stanchezza, a causa della quale vive in una perenne condizione di dormiveglia, che per autentico coraggio e intraprendenza (e certamente per una buona dose di attrazione verso la sua sensualissima compagna di avventure), senza farsi troppe domande, Ed segue Diana nella sulla zigzagante corsa in una Los Angeles notturna ma non certo addormentata, anzi maggiormente vivace – e di gran lunga più bizzarra – di quella che si mostra alla luce del sole. In questo mondo curioso e stravagante, ma profondamente egoista e a tratti spietato, i due, alla ricerca di un (introvabile) aiuto, devono districarsi in situazioni sempre più folli e rischiose, muovendosi tra lussuosi yatch, set di telefilm tutti violenza e belle donne, sontuose ville e appartamenti eccentrici quanto i loro proprietari, come quello del fratello della donna, interamente dedicato al culto di Elvis. Ma quelle che Ed e Diana attraversano sono soprattutto le strade della città, o meglio del suo “lato B” notturno: ora sfrecciando su automobili variamente – e quasi sempre illegittimamente – conquistate, lanciati in vertiginosi inseguimenti nei labirintici parcheggi sotterranei, ora trovando rifugio in tavole calde di hopperiana memoria e in motel che paradossalmente sembrano essere, nella loro spoglia assenza di pretese, più accoglienti dell’ambiente domestico (ed è proprio qui che Ed riuscirà, finalmente, a recuperare il sonno perduto).

In questo inarrestabile susseguirsi di peripezie, l’avvicendarsi delle situazioni procede a tratti in modo piuttosto meccanico, mosso più da un principio strutturale esterno che dalle reali motivazioni, anche psicologiche, dei personaggi. La sensazione dello spettatore è quella di essere assorbito nello stato di catatonica incoscienza dell’insonne, di trovarsi immerso in un’atmosfera quasi surreale, da sogno ad occhi aperti, in cui le concatenazioni logiche si sfaldano, e in cui sembra non contare più la reale portata degli eventi. Così le violenze e gli assassinii che si susseguono con una certa abbondanza, e che non sono certo privi di spietata crudeltà, sfilano senza lasciar percepire nel profondo la brutalità che li muove, come se fossero essi stessi irreali, frammenti onirici inanellati l’uno dopo l’altro e tenuti insieme dal percorso serpeggiante e incerto dei protagonisti. Più che l’organica coerenza del tutto sembra importare la costruzione di situazioni insieme scherzose e ricche di suspense, che coinvolgono lo spettatore senza troppo sconvolgerlo, gli regalano punte di autentico divertimento e continuano senza sosta a strizzargli l’occhio, per coinvolgerlo in un accattivante (forse anche più della trama stessa) gioco inter/meta-testuale. Nel film compaiono infatti ben sedici registi, hollywoodiani e non, impegnati in (auto)ironici cameo: da Don Siegel a Lawrence Kasdan, da Jonathan Demme a David Cronenberg, passando per Roger Vadim e per lo stesso Landis, che interpreta uno dei sicari iraniani. Ritornano inoltre alcuni attori apparsi nella precedente filmografia del regista, tra cui l’immancabile Dan Aykroyd e Bruce McGill, già incontrato nel celeberrimo Animal House (1978), qui nel ruolo del fratello di Diana.

Guardando Tutto in una notte il pensiero corre poi immediatamente al film di un altro regista, significativamente uscito poco dopo, nello stesso 1985: Fuori orario (After Hours) di Martin Scorsese, con cui l’opera landisiana condivide l’ambientazione notturna e cittadina (qui Los Angeles, là il quartiere newyorkese di Soho), un’unità di tempo e di luogo che delinea un’alternativa al mondo comune e ordinario (nel senso, anche, di piatto e alienante: non a caso i protagonisti sono un ingegnere e un informatico), su cui si innesta un susseguirsi di incontri, situazioni e personaggi a dir poco singolari, che si muovono nell’ambito di un sistema di relazioni e valori (apparentemente) inconciliabile con quello che regola l’articolarsi della vita quotidiana e diurna. Apparentemente inconciliabile: se il giorno e la notte, piuttosto che distinguersi nettamente, sfumano gradualmente l’uno nell’altra, quella che resta è la sensazione che questo mondo corrotto, violento e dissoluto sia meno sotterraneo e distante di quanto voglia sembrare, e allunghi la sua ombra ben oltre le ore in cui il sole si nasconde dietro l’orizzonte.

TITOLO ORIGINALE: Into the Night; REGIA: John Landis; SCENEGGIATURA: Ron Koslow, John Landis; FOTOGRAFIA: Robert Paynter; MONTAGGIO: Malcolm Campbell; MUSICA: Ira Newborn; PRODUZIONE: USA; ANNO: 1985; DURATA: 115 min. 

 


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