Le crociate PDF 
di Eva Maria Ricciut   

Dimentichiamo ciò che ad ognuno di noi è stato insegnato a proposito delle sanguinosissime guerre per la conquista e la salvaguardia della Città Celeste, abbandoniamo ogni pretesa di verosimiglianza storica e lasciamoci conquistare dai grandiosi paesaggi, dallo sfarzo scintillante delle stoffe orientali, dalle spettacolari sequenze di battaglia perfettamente coreografate e dalla bellezza sfacciata dei protagonisti dell'ultima pellicola di Ridley Scott. Applichiamo una socratica sospensione del giudizio e godiamoci questo perfetto esempio di kolossal cinematografico per circa tre ore di spensierato divertimento.

Certo, forse per una produzione di così alto livello è un po' poco, ma è ciò che hanno pensato di dedicarci gli autori di Le crociate , o meglio è ciò che lo spettatore più ottimista e meno critico riesce a trovare in questa pellicola, per gli altri (per i più smaliziati) non c'è null'altro che un'abbondante e irritante dose di buonismo didascalico, a tratti persino petulante.

Infatti, e purtroppo direi, Le crociate sembra aver sposato la corrente tendenza alla strumentalizzazione delle pellicole di gran richiamo, che troppo spesso vengono impropriamente utilizzate per impartire ad un pubblico finto-impegnato lezioni di bieco perbenismo, trasformando il cinema in una sorta di biblia-pauperum.

La storia del giovane maniscalco Baliano, divenuto cavaliere e signore di Ibelin che, grazie alla sua nobiltà d'animo, riesce a conquistare il cuore della bella principessa Sibylla, la fiducia del tollerante re Baldovino, il rispetto del feroce-ma-giusto Saladino e persino la proposta di divenire re di Gerusalemme (opportunamente rifiutata per coerenza d'intenti) sembra più voler essere la dimostrazione della buona fede di un certo tipo di occidentali, della loro innata virtù e della loro volontà di convivenza pacifica, pare quasi voler essere la giustificazione ad una sorta di senso di colpa storico, che non la vicenda di un crociato alla ricerca del perdono e della salvezza della propria anima. Ed in effetti, fino a che punto è credibile la figura di un uomo (e tengo a sottolineare di un maniscalco!) che avesse una visione così "modernamente tollerante" della convivenza tra i popoli?

A voler esser generosi potrebbe anche considerarsi lodevole l'intento di fornire un insegnamento morale attraverso l'uso di un mezzo tanto diffuso quale il cinema in effetti è, ma il modo in cui tale intento è stato perseguito risulta quanto meno comico. Perché credere di poter far pensare e parlare e agire un maniscalco del 1184 come un uomo del 21° secolo con una forte coscienza sociale e una straordinaria tolleranza nella convivenza con realtà per lui persino incomprensibili e, oltre tutto, pretendere che ciò possa essere accettato da un pubblico andato al cinema per vedere qualcosa di più che il bel viso di Orlando Bloom, probabilmente, è pura fantascienza.
Naturalmente Le crociate è un prodotto tecnicamente ineccepibile, confezionato ad hoc e con il marchio di un regista che la sa veramente lunga su come conquistare il suo pubblico, ma forse stavolta Ridley Scott non ha pienamente centrato il suo obiettivo. E i suoi ammiratori più fedeli lo hanno scoperto con una certa amarezza.

Manca l'anima della storia, manca la passione, l'intento di addentrarsi nella vicenda in modo critico con la logica conseguenza che il tutto rimane superficiale, epidermico, privo di emozioni, asettico. Baliano, con la sua stoica coerenza e la morale fin troppo salda, è un personaggio freddo, cui il pubblico non riesce ad affezionarsi, che non comunica nulla e con il quale non è possibile immedesimarsi, e quando l'eroe è "troppo eroe" il meccanismo non funziona e il personaggio non conquista. Non si crea complicità, non si vivono né le sue paure né le sue ansie, non si gioisce delle sue gioie e delle sua vittorie, ma del resto Baliano non patisce e non gioisce mai fino in fondo.

E non è solo il protagonista a far difetto, infatti anche la bellissima principessa Sibylla, non abbastanza coraggiosa per ribellarsi realmente al vile marito, rimane appesa nel nulla, e persino Saladino, storicamente una figura forte e carismatica, sebbene sia etimologicamente chiamato Salah-al Din, è ridotto ad essere un capo tribù giusto e illuminato sì, ma senza dubbio eccessivamente accondiscendente, che per quieto vivere tollera continue aggressioni ai danni del suo popolo che accetta di scendere a patti per la resa di Gerusalemme con un cavaliere qualsiasi, sebbene si tratti del rettissimo e coraggiosissimo Baliano.

Dov'è finito il tocco magico che Scott ha sempre dimostrato nel tratteggiare i personaggi dei suoi film?

 


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