Tamara Drewe - Tradimenti all'inglese PDF 
Francesca Druidi   

Scappo dalla città. La vita, l’amore, le vacche. No, non si parla della pellicola di Ron Underwood con Billy Crystal e il mitico Jack Palance, ma l’eccentrico quanto riconoscibile titolo italiano del film del 1991 risulta particolarmente funzionale a condensare e suggerire in pochi tratti i principali temi dell’ultima opera di Stephen Frears, Tamara Drewe. Nel corso della sua eclettica filmografia, il regista britannico ha fatto della lucida e penetrante analisi delle relazioni interpersonali e dell’adattamento ai testi letterari due linee guida imprescindibili per la definizione della cifra stilistica del proprio racconto cinematografico. Leitmotiv che, in questo lungometraggio, vengono nuovamente riproposti, con esiti di grande intelligenza e fluidità narrativa.

Dopo Choderlos de Laclos (Le relazioni pericolose), Valerie Martin (Mary Reilly), Jim Thompson (Rischiose abitudini), Nick Hornby (Alta fedeltà) e Colette (Cheri), è la volta di Posy Simmonds, famosa per le sue strisce settimanali pubblicate sul Guardian e per le sue graphic novel di successo, tra cui appunto Tamara Drewe del 2007. La trasposizione di Frears in questo caso è duplice perché il lavoro della Simmonds è a sua volta tratto dal romanzo di Thomas Hardy Via dalla pazza folla.  E questo è anche il nome del ritrovo per scrittori in cerca di ispirazione situato a Ewedown, Dorset, in piena campagna inglese, dove si svolge la storia. Il luminoso e silente villaggio identifica, infatti, il palcoscenico sul quale si muovono i protagonisti, in primis i gestori del bed & breakfast scelto appositamente da chi ha (o crede di avere) velleità creative: lo scrittore di grido che ha fatto la sua fortuna con i romanzi gialli Nicholas Hardiment (Roger Allam) e la fedele moglie Beth (Tamsin Greig), che non solo manda avanti la locanda tra la cucina e gli animali da accudire – galline e, come già sottolineato, mucche –, ma funge anche da assistente al marito, il quale è però ben felice di tradirla. Attorno alla pensione ruotano anche gli altri personaggi: Glen McCreavy (Bill Camp), professore americano ospite praticamente fisso alla locanda, che tenta con scarsi risultati di portare a termine un saggio (non a caso) su Thomas Hardy; Andy Cobb (Luke Evans), l’aitante e assennato tuttofare di Beth; sua nipote Casey Shaw (Charlotte Christie) e l’amica Jody Long (Jessica Barden), che cercano di ammazzare la noia della loro esistenza tirando frutta contro le macchine di passaggio, leggendo giornali di gossip in una fermata dell’autobus ormai inutilizzata e sognando amori sfrenati con gli idoli di turno, in particolare Jody che idolatra il famoso batterista rock Ben Sergeant (Dominic Cooper). A sconvolgere gli equilibri della comunità è proprio la Tamara Drewe del titolo (Gemma Arterton), originaria di Ewedown ma residente a Londra, dove fa la giornalista, anche se il suo sogno nel cassetto è scrivere un romanzo autobiografico. Ex brutto anatroccolo per colpa di un naso esteticamente importante, poi ritoccato dalla chirurgia estetica, Tamara si è trasformata in un’avvenente giovane donna in carriera, che torna a casa solo per sistemare e vendere la casa della madre ormai scomparsa. La sua presenza conturbante e sensuale innescherà una serie di (im)prevedibili conseguenze, destinate a incidere in maniera determinante sul destino dei protagonisti, innanzitutto di Andy, primo amore della ragazza, e poi su quello delle due irrefrenabili teenager, scatenate ancor di più dalla liason che Tamara intreccerà proprio con Ben Sergeant, da lei intervistato in occasione di un concerto nei pressi di Ewedown.

Tamara Drewe – Tradimenti all’inglese è una cinica e disillusa black comedy dove, grazie allo script di Moira Buffini e all’aderenza all’opera di Posy Simmonds, Stephen Frears si diverte a tratteggiare una fresca ma pungente satira sociale sulla classe media londinese, sull’invidia che gli scrittori provano inevitabilmente gli uni nei confronti degli altri e sulle inevitabili ambiguità dell’ispirazione letteraria, cesellando personaggi piuttosto credibili, in prevalenza in chiaro-scuro, spesso deboli e contraddittori. Come la stessa Tamara, apparentemente indipendente e sicura di sé ma che invece si rivela assai fragile, ancora scottata dall’abbandono del padre, con quel suo bisogno di essere rassicurata che la porta a cedere alle lusinghe maschili.

TITOLO ORIGINALE: Tamara Drewe; REGIA: Stephen Frears; SCENEGGIATURA: Moira Buffini; FOTOGRAFIA: Ben Davis; MONTAGGIO: Mick Audsley; MUSICA: Alexandre Desplat; PRODUZIONE: Gran Bretagna; ANNO: 2010; DURATA: 109 min.

 


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