Cinemambiente fa 13 PDF 
Tiziano Colombi   

Si è appena conclusa la tredicesima edizione del festival Cinemambiente, ricollocato per la prima volta alle porte dell’estate. Intuizione brillante ricompensata da una grande risposta da parte del pubblico. Ventimila le presenze in sala registrate dagli organizzatori, tre i premi principali assegnati, rispettivamente a Life for Sale di Yorgos Avgeropoulos (Miglior Documentario Internazionale), Le White di Simona Risi (Concorso Documentari Italiani) e How green was our valley di Fereshteh Joghataei (Concorso Internazionale Cortometraggi).

Programma fitto: corti, documentari, animazione e fiction, tutto al servizio di una sola e unica causa, il verde. Cinemambiente è denuncia e narrazione, ma la sua arma migliore è l’attivismo. Chi segue un festival, di solito, si limita a fare il consumatore di immagini. Si aggira per le sale programma alla mano in cerca di soddisfazione per gli occhi, la mente e il cuore. Il cinema è arte bistrattata, riconosciuta come tale dopo anni di purgatorio. Oggi è business, moda, intrattenimento, raramente impegno. L’Enviromental Film Festival chiede a tutti un supplemento di fatica. La speranza è di non predicare ai convertiti. La sezione “eventi collaterali” ha ospitato presentazioni di libri (tra gli altri La menzogna nucleare), mostre, performance (geniale quella del gruppo di guerrilla gardening Badili Badola) fino al Bike Pride che ha invaso la città nella giornata conclusiva della rassegna. L’intento è quello, crediamo, di spingere all’azione. Guardare non basta, l’indignazione e lo stupore hanno fatto il loro tempo. Il cinema diventa militante e lo spettatore cittadino. Guarda un po’! Capita ancora che uscire di casa e scollarsi dal divano può divenire azione politica. È poco, certo, non basta a rimettere il timone del mondo in direzione “ostinata e contraria”, ma almeno si riesce a ripulire l’immagine della cultura che, a dar retta alla vulgata del momento (copyright ministri della repubblica e amministratoti vari) a nulla serve e nulla cambia. Se non è il caso di scomodare quel tedesco che a sentir parlare di cultura metteva mano alla fondina, sembra necessario ricordare che le tematiche ambientali non possono essere ridotte a vizietto e passatempo per pensatori hippy.

Nella prefazione del libro Ecomafia, appena pubblicato a cura di Legambiente, Roberto Saviano scrive “la domanda più semplice che viene da porsi è come può un Paese che dovrebbe tutto al suo territorio, alla salvaguardia delle sue coste, al suo cielo, ai prodotti tipici, unici nelle loro caratteristiche, permettere uno scempio simile? La risposta è nel business: più di venti miliardi di euro è il profitto annuo dell'Ecomafia, circa un quarto dell'intero fatturato delle mafie. Le mafie attraverso gli affari nel settore ambientale ricavano un profitto superiore al profitto annuo della Fiat, che è di circa 200 milioni di euro, e più del profitto annuo di Benetton, che è di circa 120 milioni di euro. Quindi in realtà usare il territorio italiano come un'eterna miniera nella quale nascondere rifiuti è più redditizio che coltivare quelle stesse terre”. Ecco, appunto, inquinare rende tutelare l’ambiente no, almeno non ancora. Qui sta il succo della questione, spingere gli individui a comprendere che una serie di comportamenti quotidiani più responsabili e attenti non è semplice sensibilizzazione, ma è l’unico motore capace di invertire la marcia.

Film come Garbage Dreams, Collapse, A Nord Est, Il suolo minacciato e i molti altri mostrati da Cinemambiente possono essere utili, raccontano, e per questo elementare motivo aiutano a  resistere. Fuori dalla sala arriva il tempo dell’agire. La sociologia dibatte da due secoli su quale sia il metodo migliore per mobilitare gli individui: il neo-utilitarismo figlio dell’utilitarismo settecentesco di Locke ha sviluppato, per mano di uno studioso di nome Coleman, l’interessante idea che affidarsi alla comprensione e alla buona volontà non basta, occorre appellarsi all’egoismo. Coleman sente che è più realistico accettare motivazioni egoistiche, e lavorare con esse, che cercare un movimento idealistico da interpretare come una forma superiore di interesse particolare. In un paese che aveva affidato a un uomo di nome Pecoraro Scanio il tema delle politiche ambientali, probabilmente per affinità semantiche tra quest’ultimo e il mondo animale, c’è poco da fare gli schizzinosi. Se proprio non vi va di andare al lavoro in bicicletta per non soffocare i bimbi del vostro vicino di casa che deambulano in passeggino fatelo per voi stessi, provate a limitare il rischio di un simpatico cancro ai polmoni e, se in fondo credete che non è il caso di preoccuparvi più di tanto, optate per un salto alla prossima edizione di Cinemambiente, è gratis e rischiate di trovarci qualche buona ragione per alimentare il vostro egocentrismo sostenibile.

 


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