Dopo aver assistito alla proiezione del Napoléon (1927) di Abel Gance in versione restaurata - evento speciale della passata edizione – si sarebbe potuto pensare che questo piccolo/grande festival avesse raggiunto il suo apice.
E invece sembra che Le giornate del cinema muto non vogliano smettere di stupire i loro visitatori.
Anche quest'anno, infatti, il programma si è articolato in sezioni accattivanti e di grande interesse in grado di mescolare, come sempre, pellicole godibili e di puro intrattenimento con altre, altrettanto godibili, dedicate ad un pubblico specializzato.
La sezione Funny Ladies, composta da 17 lungometraggi e 46 cortometraggi, era dedicata a quelle attrici degli anni venti che, con la loro incredibile versatilità e freschezza recitativa, diedero vita ai personaggi di commedie spassose e dal ritmo incontrollabile. Il rutilante entusiasmo di Mary Pickford, Gloria Swanson, Asta Nielsen, Marion Davies, Beatrice Lillie, Clara Bow, Dorothy Mackaill, solo per citarne alcune (l'albo d'onore presentato dal festival ne annovera ben 160 ma ne esclude ancora qualche decina!), sembra incontenibile e, a stento, viene frenato da quelle didascalie che senza dubbio sembrano castigare la loro espressione. I personaggi si fecero portavoce dell'emancipazione sociale della donna nell'America anni Venti, mostrando apertamente gli obiettivi, i desideri, le necessità. Per questo motivo le spassose commedie, oltre a mostrarci la nascita di uno dei generi più brillanti del cinema americano, sono la delicata e malinconica istantanea di un tempo che non esiste più.
Ma il cinema è anche questo, il rapire attimi per poi riproporli minuti, giorni, anni dopo: a questo proposito bisogna menzionare la sezione Mitchell & Kenyon che, attraverso ottanta minuti di spezzoni, ha fatto rivivere le atmosfere del nord industriale dell'Inghilterra d'inizio secolo.
Stessa cosa vale per Il cinema svizzero, 1896-1931: riportato alla luce grazie al costante impegno della cineteca svizzera nell'ultimo decennio, è costituito essenzialmente da documentari in quanto i lungometraggi di finzione godettero di finanziamenti spesso precari che non permisero un'espressione a tutto tondo.
A questo punto qualcuno si potrebbe chiedere come la nostra nazione è stata rappresentata in questo vasto panorama dal respiro internazionale. Ben due erano le retrospettive dedicate agli autori nostrani: L'avanguardia Italiana ovvero un'avanguardia inconsapevole e Lucio D'Ambra.
La prima riuniva autori e titoli le cui forzature e sperimentazioni nascevano da un regolare percorso di codificazione del reale, piuttosto che da una vera e propria appartenenza a correnti di pensiero. Da qui registi come Leopoldo Fregoli, Marcel Fabre, Febo Mari e titoli quali Amor pedestre (1914), Più forte che Sherlock Holmes (1913), Le avventure straordinarissime di Saturnino Farandola (1914), Farfalle (1908), Thais (1917), Fauno (1917) e così via.
Il tributo a Lucio D'Ambra, con tre pellicole, rappresenta la volontà di omaggiare un personaggio praticamente dimenticato (Renato Tommaso Anacleto Manganella, 1879-1939) che diede moltissimo al cinema nelle vesti di regista, saggista, soggettista e sceneggiatore.
Per concludere menzioniamo ancora The Griffith project, giunto al sesto anno e che contempla i film del regista americano prodotti nel 1912; Transilvanica, dedicata al regista, produttore e sceneggiatore (Jeno Janovics), fondatore del secondo polo produttivo ungherese rispetto a Budapest.
Come già accennato all'inizio e come si può rilevare dal breve resoconto qua riportato, la dote maggiore degli organizzatori di questo Festival è quella di essere in grado di fornire una visione divertente, allegorica e di grande interesse di un cinema da molti ritenuto ostico e di difficile fruizione. Il cinema muto come si vede nella piccola città di Sacile non ha eguali.
|