Last Days PDF 
di Maurizio Ermisino   

"And I swear I don't have a gun", ti giuro che non ho un fucile, cantava Kurt Cobain in Come As You Are . Un fucile, evocato da un post-it e mostrato fin dalle prime scene, è invece una presenza incombente in Last Days , il film sugli ultimi giorni di una rockstar di nome Blake, un personaggio ispirato al leader dei Nirvana. E, come la pistola de L'odio , sappiamo che prima o poi sparerà. Quelli che vediamo sono gli ultimi giorni della sua vita, ma sanno già di morte. Blake/Cobain si aggira come un fantasma tra persone con cui non riesce a entrare in contatto: sta per morire, ma forse è già morto, come un altro Blake, il William Blake di Dead Man di Jim Jarmush che attraversava il film ignaro di non far più parte del mondo dei vivi.

E' emblematica la scena in cui Blake si scatena in sala prove (attenzione: il rock arriva dopo circa cinquanta minuti di film): quello che dovrebbe essere il processo creativo, la nascita di una canzone, ci viene negato, e assistiamo alla scena dall'esterno, con un carrello che ci allontana lentamente dalla finestra da cui vediamo Blake. Ed è proprio l'imperscrutabilità di Kurt Cobain, l'insondabilità della sua anima ciò che ci arriva dall'ultimo film di Gus Van Sant: chi può dire, infatti, di aver conosciuto Cobain? Né sua moglie, né gli altri Nirvana, né la gente che aveva attorno. Forse possono dire di conoscerlo i fan adoranti, che studiano e conoscono a memoria i suoi testi. Ma anche i testi delle canzoni non possono che essere uno spaccato della sua anima, qualcosa che filtra. Quante altre cose ci sono dietro?

Gus Van Sant anche in questo film lavora per sottrazione, e si conferma poeta dell'assenza: erano assenti i genitori dei ragazzi e le istituzioni in Elephant , era assente il resto del mondo in Gerry , era assente (cioè posseduto dalla madre) Norman Bates in Psycho . Last Days è un film sul rock senza il rock, sulla droga senza la droga. Non c'è Courtney Love, colpevolmente assente (ogni tanto viene evocata con il termine "lei"), non ci sono i Nirvana, non c'è la loro musica (ma cori dei King's Singers, musica classica, Venus In Furs dei Velvet Underground e una canzone di Michael Pitt); e forse non c'è neanche Cobain, c'è solo il suo corpo che vaga come un fantasma e di cui nessuno sembra curarsi (c'è una scena in cui Asia Argento lo fa cadere aprendo una porta, e lo rialza senza curarsene troppo).

Van Sant prosegue e porta qui all'estremo lo stile di Elephant , quello di un entomologo che scruta dall'esterno il comportamento dell'animale/essere umano, restando immobile a osservare i discorsi senza senso, le stesse azioni ripetute, come in un trip da droghe. Una normalità che in Elephant era il momento di calma prima della tempesta, e qui è la calma della devastazione dopo che la tempesta ha già fatto i suoi danni irreversibili e altri ne farà. Resta da chiedersi se abbia più senso fare un biopic vero e proprio (vedi Ray ) o un film solo ispirato alla vita di qualcuno: nel primo caso bisogna utilizzare le musiche originali, seguire esattamente i fatti e scrivere dialoghi che sembrino verosimili. Nel secondo, è il caso di questo Last Days , si può seguire l'ispirazione, comunicare uno stato d'animo, filtrare lo spirito di un personaggio attraverso la propria sensibilità. In poche parole, creare. Come in Velvet Goldmine , in cui c'era un David Bowie che non era David Bowie, ne esce la descrizione di un mondo: lì era quello del glam-rock, qui quello del grunge (diversissimi, ma miracolosamente uniti dalla cover che i Nirvana fecero di The Man Who Sold The World ). Il fucile alla fine sparerà. E anche questo momento nel film sarà assente, fuori campo. Come la vita che Cobain avrebbe voluto vivere: fuori campo.

 


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