Gli amanti passeggeri PDF 
Caterina Rossi   

L’aereo della compagnia Penìnsula, pronto a decollare da Madrid in direzione di Città del Messico, non arriverà mai a destinazione. Non ci sono disastri aerei, dirottamenti o sviluppi tragici nel corso del film: Gli amanti passeggeri di Pedro Almodóvar sono destinati ad animare una commedia ad alta quota sfrontatamente sboccata e variopinta.

Penelope Cruz e Antonio Banderas aprono il film con un cameo in cui interpretano un’improbabile coppia. Lei, svampita, comunica a lui che è incinta. Lui, un po’ tonto e con un imbarazzante difetto di pronuncia, realizza la notizia e innesca il racconto. Sarà lui a provocare indirettamente l’imprevisto che impedirà all’aereo di giungere a destinazione, obbligandolo a sorvolare il cielo di Toledo per terminare il carburante e tentare un atterraggio di fortuna. Dopo l’incursione-flop nel noir di La pelle che abito, Almodóvar sembra voler ritornare alle commedie degli esordi (Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio). Per farlo sceglie un cast composto da attori feticcio del passato remoto e prossimo e lo stipa in una cabina aerea, in business class. Gli interpreti recitano diverse tipologie di (sfacciatamente viziosa) umanità: c’è Norma, la mistress con manie di persecuzione (Cecilia Roth, già vista in Pepi…, Labirinto di passioni, L’indiscreto fascino del peccato e Tutto su mia madre), il sicario messicano misterioso e taciturno (José María Yazpik, comparso in Parla con lei e La mala educación) e la veggente illibata Bruna (Lola Dueñas). E ancora, la coppietta di sposini con un debole per le sostanze psicotrope (Miguel Ángel Silvestre e Laya Martí), lo speculatore finanziario in fuga (José Luis Torrijo) e l’attore-rubacuori di mezza età Ricardo Galán (Guillermo Toledo). Ad animare la movida madrileña tra le nuvole ci sono gli stewards, ostentatamente effemminati: l’alcolista Joserra (Javier Cámara, già in Parla con lei e in La mala educación), lo “spirituale” Fajas (Carlos Areces) e il sessualmente incontenibile Ulloa (Raúl Arévalo). Completano l’equipaggio il pilota bisessuale Alex (Antonio de la Torre, apparso in Volver) e il co-pilota Benito (Hugo Silva), bisex inconsapevole. Ogni personaggio, dunque, viene tratteggiato esclusivamente attraverso la propria più o meno disinibita dimensione sessuale. Sullo sfondo, ben nascosto in una brevissima sequenza girata in un aeroporto vuoto, c’è anche il tentativo di accennare alla crisi economica.

Il fantasma della tragedia (e della crisi) - i protagonisti sanno quasi subito che c’è il rischio di un disastro aereo - per Almodóvar si può scacciare o perlomeno tamponare con un vitalismo sessuale sfacciato, esibito ed evocato con l’aiuto psichedelico di un’Agua de Valencia corretta alla mescalina e somministrata ai passeggeri. La fallolalia, modalità comunicativa che regola i dialoghi, si evolve allora in una sequenza orgiastica: copulazioni improvvisate, scambi di liquidi corporei vari ed eventuali, fellatio e amplessi necessari a riorganizzare e ridimensionare i rapporti tra i personaggi. Il rosso, dominante iconico-fotografico-scenografica fin troppo semplice da decodificare con la passionalità almodóvariana, ritorna ne Gli amanti passeggeri e si stempera in una falsa traccia, si ripresenta come semplice residuo stinto, simulacro delle ossessioni autoriali passate. Il groviglio inestricabile, in cui amore e morte continuavano l’una nell’altra, è rivisitato cambiandone la prospettiva di osservazione: qui la morte si allontana con la gaiezza disincantata degli stewards; l’autore preferisce abbandonare il dramma e strizzare l’occhio a una gioiosa estetica camp che negli anni Ottanta era innovativa ed ora invece rischia di apparire fin troppo reazionaria. Tutti si comportano come se non ci fosse un domani, scacciando Thanatos con un Eros bulimico e spensierato nei pochi metri quadrati della cabina aerea. Almodóvar sposa l’atteggiamento dei protagonisti, schiacciandosi su un presente coloratissimo ma un po’ senile da cui un domani coerente non sembra poter scaturire e dove della poetica passata, in fondo volutamente, non ci si cura troppo.

 


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