This is England ’86: una storia in tre formati PDF 
Tiziano Colombi   

Dal film alla serie
Il regista del riscoperto, almeno qui da noi, This is England, Shane Meadows, rimette in scena i suoi skinhead in una mini serie di quattro puntate prodotte dal canale televisivo Channel 4 (trasmesse nel 2010). Il film raccontava le gesta vandalico-sentimentali di un gruppo di skin nell’Inghilterra anni Ottanta appena scossa dai riots di Brixton e in piena restaurazione thacheriana. Capelli rasati, bretelle sottili, Doctor Martens ai piedi e una certa fascinazione per la propaganda razzista del National Front. Il raggae e il punk si erano fusi nelle rivolte elettriche dei Clash, ma la solidarietà dei sobborghi cominciava a cedere il passo alla  rabbia incontrollata. Meadows è un autore di genere, “working class cinema” la sua specialità. Sono noti i padri nobili della cinematografia britannica in questo campo, da Loach a Frears a Leigh. Quello che manca a tutti loro, e rende i film di Meadows speciali, è una conoscenza antropologica delle sottoculture giovanili, della disoccupazione e della violenza. L’educazione del giovane Shaun, protagonista di This Is England, è li a testimoniarlo. Fumo mescolato a pinte di lager, aspettando di muovere guerra al tizio che ti sta lumando dall’altra parte della strada. La storia finisce con il simbolo dell’orgoglio britannico, la croce di San Giorgio rossa su sfondo bianco, alla deriva nelle acque scure dell’isola. La bandiera per la quale sono chiamati a combattere e morire i soldati inglesi nell’inutile guerra delle Falkland. Tra questi il padre di Shaun.

Dal serie al romanzo
This is England ’86 riprende le fila della vicenda raccontata nel film mostrandoci la banda tre anni dopo. I capelli sono cresciuti sulle teste degli skin, le ragazze li hanno colorati e qualcuno sfoggia giacche di pelle con spalline monumentali. A fine mese tutti a ritirare il sussidio di disoccupazione. C’è chi prova a mettere su casa, addirittura a sposarsi, ma niente fila per il verso giusto. Il cielo è grigio, pesante. Meadows non lascia da parte la scena sociale e politica dell’Inghilterra, ma questa volta avvicina la macchina da presa alle vite dei suoi eroi. Li tallona, li segue dentro le mura delle case a schiera, nei palazzoni scrostati. Shaun è cresciuto, ha messo da parte la divisa da skin e ha lasciato la combricola. Gli altri provano a tenere unito il gruppo ma le spallate arrivano da tutte le parti: madri sbronze, padri violenti e al fondo una spiazzante perdita d’identità. Gli inglesi tornano a vedersela con gli argentini. Questa volta il terreno di gioco è quello verde dei prati del Messico. Il gol più bello di tutti i tempi e la mano di Dio condannano i sudditi della regina. Come nel film, Meadows usa tutti i mezzi a sua disposizione, immagini d’archivio, audio dei notiziari, fotografia a tinte giallognole che ti fanno pensare agli album nei cassetti di casa. E poi musica sporca da vinile e slang. Una tradizione consolidata quella della televisione inglese, Channel 4 e BBC in testa, incubatrice di grandi autori e felice fucina di storie prontamente riprese dai colossi americani ultimamente a corto di idee (la serie Shamless è solo uno degli esempi più recenti).

Meadows dice di sé “non sono un regista politico”, quello che gli interessa è la realtà. Un modo efficace (e involontario?) di fare politica schivando la propaganda. Human Punk è il romanzo furente di John King scrittore inglese celebrato da Irvine Welsh. Uno che ha messo insieme qualche centinaia di pagine sulle baraonde drogate degli hooligans lasciando agli altri le briciole. Meadows non ne fa cenno nelle sue interviste e in pochi sembrano essersi accorti del filo che lega i due. King parte dagli anni Settanta, dal punk, e arriva fino al nuovo secolo. La scena sulla quale si muovono i personaggi è la stessa, solo si sposta di poco l’inquadratura. Non c’è spazio per la contaminazione, qui sono tutti bianchi e non si suona reggae. Se vi va di mettere un punto sulla questione leggetevi il libro e ordinate il suo ultimo scritto non ancora tradotto in Italia. Il titolo è Skinhead. Non rimane molto altro da aggiungere.

 


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