Udine Far East Film Festival 7 - panoramica PDF 
di Mauro Brondi   

Giunto alla settima edizione, il Far East Film Festival (http://www.fareastfilm.com) si è svolto dal 22 al 29 aprile 2005 al Teatro Nuovo di Udine e ha mostrato ancora una volta tutta la sua importanza, con film provenienti da Cina, Hong Kong, Corea del Sud, Giappone, Thailandia, Taiwan, Singapore, più le due importanti new entry di quest'anno, Indonesia e Malesia. In realtà la qualità dei film in programmazione risente un po' del successo recente dei film made in Asia richiestissimi negli altri festival internazionali. Registi che alcuni anni fa erano ospitati in anteprima a Udine ora sono in concorso a Cannes, Venezia, Berlino, a testimonianza anche di una scommessa sul cinema di un continente che ormai sul mercato occidentale va oltre i fans e gli appassionati di genere.
Questo significa che il festival di Udine continua ad essere un palcoscenico in Occidente ma anche un laboratorio, nel quale entrano in programmazione film d'autore (come l'apprezzato Peacock, film cinese di Gu Changwei, che ha vinto il premio Fef 2005, decretato dal pubblico), e, sovente, film di serie B, o meglio di genere, spesso interessanti successi commerciali.

Per la settima edizione va segnalato un nome su tutti: Soi Cheang, che merita certamente un'attenzione particolare per i suoi due film made in Hong Kong, un noir nerissimo e una commedia demenziale. Due generi così diversi realizzati da uno stesso autore è cosa rara, ma Cheang, presente in sala e applauditissimo al termine della proiezione del suo Love Battlefield, dimostra una rara sensibilità e una particolare dimestichezza nell'uso della macchina-cinema, forse impensabile almeno qui in Europa.

I due film sono Love Battleflied, un noir feroce e mozzafiato, e Hidden Heroes (codiretto con Joe Ma), una science-fiction demenziale. Il primo racconta la storia d'amore interrotta di due innamorati: lui rapito da una banda di criminali, lei alla sua disperata ricerca, fino alla resa dei conti finale, ovviamente, spietata. E' un film che scorre tutto di un fiato, la cui storia si svolge nell'arco di una giornata, con una sceneggiatura semplice e al contempo precisa ed efficace, come nelle migliori classiche storie nere. Il secondo invece racconta di un poliziotto alle prese con una ragazza robot, un film in cui elementi comico-demenziali e racconto riescono a viaggiare sempre uniti, con l'abile regia che lascia ampio spazio ai volti e alle azioni dei personaggi.

Ma sono molte le pellicole che meritano almeno una citazione, dal cinema coreano (attento e dedicato al mercato dei giovani), con l'adolescenziale Flying Boys, l'horror-war R-Point o il noir Memories of Murder, al Giappone (il manga-pop di Kamikaze Girls è piaciuto molto al pubblico lasciando tuttavia perplesso chi scrive), alla Cina (il già citato Peacock, ma anche Suffocation, noir risolto in chiave formale e ossessiva di Zhang Binjiang, sua opera prima, e A world without thieves, mix ben composto di generi di Feng Xiaogang).

In questa settima edizione del Far East ha debuttato anche una nuova sala, quella del Visionario, che ha ospitato la retrospettiva Nikkatsu, casa produttrice giapponese entrata nella storia per le sue action stories esotiche e, dalla metà degli anni Sessanta, decisamente erotiche e cupe, e la retrospettiva Eye of the beholder, dedicata a tre direttori della fotografia asiatici, il cinese Gu Changwei, il giapponese Tamra Masaki, e il coreano Kim Hyung-koo. All'interno di questa sezione, Lady Snowblood di Fujta Toshiya l'ha decisamente fatta da padrone: il cult che più ha ispirato Tarantino per il suo Kill Bill ha ovviamente registrato il tutto esaurito.

E il Far East, come ogni buon festival, è stato anche qualcosa di più: un doppio bookshop, al Teatro Nuovo e al Visionario, con libri, fumetti, dvd, e poster dedicati all'oriente, e party con gli ospiti del festival a conclusione di ogni serata.

 


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