Secret window di David Koepp, basato sul racconto di Stephen King, Finestra stregata, giardino segreto, aderisce al genere del thriller onestamente e senza tentare strade azzardate o pretenziose. C'è un modello classico e collaudato costruito sulla suspense e sui colpi di scena dietro la mano del regista americano che tra l'altro sceglie un soggetto non troppo originale, ma che anzi richiama quello di un altro film tratto da un racconto di King, ovvero Misery non deve morire.

Ancora uno scrittore in conflitto con un lettore, questa volta anche scrittore a sua volta, ancora una riflessione sulla scrittura come specchio deformato della realtà . Qui c'è uno scrittore, uno strepitoso Johnny Depp, ritiratosi in un idilliaco isolamento, in crisi per la sua vita privata in quanto costretto ad affrontare il divorzio, e quasi annoiato dalla sua vita professionale. Lavora infatti senza convinzione ad un racconto che non riesce a concludere. La prima parte del film, nel prologo, inserisce l'antefatto della vicenda vera e propria, ovvero il tradimento da parte di Amy, la moglie dello scrittore, e poi segue, marcandolo sempre stretto dopo un salto temporale di sei mesi, Mort Rainey alle prese con un'esistenza sciatta, trasandata e inconcludente. Ossessionato dagli incubi, nei suoi frequenti riposini, vede apparire improvvisamente alla sua porta, un uomo che sembra un fantasma dei suoi sogni o un personaggio pirandelliano, un prodotto cioè della sua invenzione, pronto a ribellarsi contro di lui. Da questo momento inizia la suspense vera e propria: John Shooter, il personaggio sbucato dal nulla lo accusa di plagio, e lo perseguita, cominciando col lasciargli davanti alla porta il racconto che avrebbe scritto prima di uno suo e identico a quello. Koepp, in uno stile hitchcockiano, mantiene alta la tensione nello spettatore, ricorrendo a ingredienti usuali: colonna sonora, colpi di scena che consistono in presunti agguati e apparizioni improvvise del persecutore, rumori sospetti e via di questo passo. Non manca neanche qualche isolato e veloce episodio umoristico, in perfetta sintonia con la poetica del maestro inglese del giallo che affermava addirittura che nei film di suspense è indispensabile l'umorismo. (1)

Turturro, nelle vesti del deficiente di paese tendente alla psicosi, è credibile e inquietante quanto basta per competere in bravura con Depp. Come nella più prevedibile delle sceneggiature, la persecuzione segue un climax che va di pari passo, qui, con la degradazione psicologica del protagonista. Il regista lascia cadere qua e là indizi: alcune pagine del libro di Rainey che ricordano con puntualità la drammaticità dell'adulterio colto sul fatto e visto nelle prime sequenze del film, specchi che duplicano e stravolgono l'aspetto di nido del rifugio dorato, la finestra della casa che si apre su un prato rigoglioso proprio quando la voce off di Mort legge un brano del vecchio racconto oggetto di disputa con Shooter, in cui si parla di un marito che seppellisce la moglie nel giardino di casa che a lei piaceva tanto…
Intanto tutta la verità sul mistero risiede altrove, dove il pubblico non ha accesso se non verso la fine del film, cioè nelle ellissi che il regista abilmente sostituisce, per la gran parte della pellicola, con una forma di simpatia e solidarietà nei confronti del protagonista.

(1) "Dunque nei film di mistero e di suspense non si può fare a meno dell'umorismo…", F. Truffaut, 'Il cinema secondo Hitchcock', Parma, Pratiche Editrice, 1985.