Salvador - 26 anni contro PDF 
Francesca Druidi   

La guerra civile e 40 anni di franchismo rappresentano un retaggio con cui la Spagna è ancora, in fin dei conti, chiamata a confrontarsi dal punto di vista storico e culturale, per non dire politico. Se Alex de la Iglesia e Guillermo Del Toro hanno scelto, nei loro film (da La ballata dell’odio e dell’amore del primo a Il labirinto del fauno del secondo), di affrontare le atmosfere, le ombre e il decadimento della dittatura del Caudillo attraverso il fantastico, il grottesco e il surreale, Manuel Huerga sceglie, invece, la strada della struttura biografica, raccontando, con Salvador - 26 anni contro, la storia vera di Salvador Puig Antich, ultimo prigioniero politico a essere giustiziato in Spagna con la garrota, terribile strumento di tortura e di morte con cui il regime applicava la pena capitale. Tratto dall’omonimo romanzo biografico di Francesc Escribano, il film è stato presentato ai principali festival cinematografici del mondo, in primis Cannes, vincendo inoltre il premio Goya per la migliore sceneggiatura non originale.

Manuel Huerga, qui alla sua seconda regia, recupera dall’oblio della storia del suo paese uno degli episodi più controversi dell’ultima fase della dittatura franchista, ormai avviata al tramonto. L’esecuzione di Salvador (interpretato da Daniel Brühl), a soli 26 anni, è infatti datata 2 marzo 1974, circa un anno e mezzo prima della morte di Francisco Franco. Il giovane militante del Movimiento Ibèrico de Liberaciòn (Mil) viene condannato per aver ucciso l'ispettore Francisco Anguas Barragán durante una violenta imboscata della Brigata socio-politica, conclusasi in maniera drammatica con una sparatoria. Nell’operazione anche Salvador resta gravemente ferito e, dopo un periodo in ospedale, viene trasferito alla prigione di Modelo in attesa del processo. Il film inizia con Salvador che, dopo il ferimento, si trova in carcere e incontra il suo avvocato difensore Oriol Arau (Tristàn Ulloa). Attraverso una serie di flashback, commentati in voice-over dallo stesso protagonista, Salvador ricostruisce per il suo legale - e naturalmente per lo spettatore - le motivazioni che lo hanno spinto a unirsi al Mil, gruppo anarchico che nei primi anni Settanta si oppone alla dittatura di Franco, impegnandosi in prima persona nella lotta armata. L’organizzazione di estrema sinistra, che aveva contatti anche con i militanti anarchici francesi, mette a segno una serie di rapine finalizzate a sostentare l’attività propagandistica e le stesse attività militari del movimento. La fase adrenalinica e incosciente delle prime azioni sul campo lascia ben presto il passo alla consapevolezza della pericolosità e delle tensioni legate alla vita clandestina. Il gruppo si scioglie e si trasferisce in Francia per un breve periodo, ma nel settembre del 1973 il regime franchista accelera la svolta repressiva. In poco tempo, tutti i membri del movimento vengono arrestati, ma la trappola innescata per Salvador finisce, come detto, nel sangue. Il verdetto del processo non può che essere negativo per il giovane catalano. Il clima non è, oltretutto, tra i più favorevoli per sperare nella conversione della sentenza: l’uccisione del capo del governo franchista, l’ammiraglio Carrero Blanco, da parte dell’Eta nel dicembre del 1973, rende Salvador Puig Antich un capro espiatorio perfetto per il regime, che sente le proprie fondamenta scricchiolare. La seconda parte del film si concentra così sugli ultimi mesi di vita del ragazzo e, in particolare, sulle ultime ore trascorse in carcere, insieme alle sorelle, nell’attesa di una grazia che non arriverà mai.

Salvador - 26 anni contro soffre della discontinuità tra le sue due “anime”. Se la prima parte del film si presenta alla stregua di un racconto di formazione “gangsteristico” alla Romanzo criminale - tra montaggio sincopato, musica ad effetto e colori saturi -, dove la componente politica e ideologica del Movimento viene largamente trascurata in favore del resoconto delle rapine e della vita sentimentale di Salvador, la seconda parte rievoca in maniera esplicita l’estetica dei film politici degli anni Settanta (o anche del Munich di Spielberg, per fare un riferimento più vicino nel tempo), costruendo un crescendo emotivo e di tensione che culmina nell’esecuzione del giovane con la garrota. Questa seconda parte è anche la più intensa e riuscita tra le due, nella quale emergono gli elementi più interessanti: il rapporto tra Salvador e il suo secondino, all’inizio fortemente ostile poi più aperto al dialogo e al confronto; il rapporto di grande affetto con le sorelle, ma anche il legame difficile e contrastato con il padre che, in gioventù, aveva sfiorato la condanna a morte, ottenendo infine la grazia ma restando per sempre segnato nell’animo dall’episodio.

L’obiettivo di Huerga è chiaro: avvicinare le nuove generazioni alla figura e alla storia di Salvador Puig Antich, rendendolo un simbolo della condanna di tutti i totalitarismi e della pena di morte. Il coraggio di Salvador nel sacrificare se stesso, pur di non continuare a vivere nella paura, diventa un monito per il risveglio delle coscienze - e contro la perdita di memoria storica - che Huerga riesce a rendere accessibile a un pubblico ampio, prendendo spesso la strada più facile ma incappando comunque in alcune cadute di stile (la reazione di Salvador al golpe in Cile) e visioni eccessivamente superficiali. Il ritratto di Salvador, reso comunque credibile dall’intensità e dall’esperienza di un giovane ma già quotatissimo attore come Daniel Brühl, manca di quello spessore storico e politico che sarebbe stato probabilmente necessario per comprendere - da spettatore non spagnolo - le dinamiche del Mil e soprattutto del regime franchista. Anche la rappresentazione di Salvador come martire “necessario” alla Spagna per avviare il paese al processo di democratizzazione, è una riflessione che viene solo suggerita ma non sufficientemente approfondita.

Titolo originale: Salvador; Regia: Manuel Huerga; Sceneggiatura: Lluís Arcarazo; Fotografia: David Omedes; Montaggio: Aixalà, Santi Borricón; Scenografia: Antxón Gómez; Costumi: María Gil; Musiche: Lluís Llach; Produzione: Future Films, Mediapro; Distribuzione: Istituto Luce e Delta Pictures; Durata: 134 min.; Origine: Spagna/UK, 2006

 


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