Una giornata particolare PDF 
Marella Barbera   

Antonietta è sposata con un impiegato, fascista, del Ministero dell’Africa Orientale che si crede potente ma è soltanto prepotente, che la umilia, la tradisce, che usa il logoro vestito di lei per pulirsi le mani, la tocca arrogantemente tentando di convincerla a sfornare un settimo figlio e, così, ricevere il premio del regime per le famiglie numerose. Il 6 maggio 1938, al mattino, Antonietta resta sola in casa ed osserva, in ripetute, vertiginose, soggettive, gli abitanti del caseggiato che si riversano nel cortile, tra loro il marito ed i suoi sei figli, diretti alla cerimonia in onore della visita di Hitler a Roma. Ancora non sa che quella giornata sarà particolare per lei, più che per la Storia. Non può immaginare che qualcosa nel suo profondo interiore cambierà anche se la vita quotidiana rimarrà, probabilmente, la stessa.

Mentre il popolo della capitale s’incammina verso quel bianco e nero del cinegiornale LUCE che apre il film, tra bandiere naziste e marce marziali, le ore di Antonietta restano a colori; i colori poco saturi voluti da Ettore Scola e Pasqualino De Santis, ottenuti schiarendo i vestiti, applicando filtri ed infine decolorando in fase di stampa. Rosmunda, il “pappagalletto”, scappa dalla finestra, e con un volo dinamico porta lo sguardo di Antonietta su un nuovo mondo, quello di Gabriele, l’inquilino del sesto piano. Lui osserva una pistola, butta le carte che ha sulla scrivania a terra, pensa per un attimo, quando il campanello suona. Lei l’ha raggiunto e, insieme, acciuffano Rosmunda. Gabriele la ringrazia per essere arrivata proprio in quel momento. In quegli istanti qualcosa accade; una piccola gelosia, così imprevista e subitanea, una rumba sgangherata seguendo passi disegnati a terra, ed un libro offerto segnalano ad Antonietta l’inizio di un percorso che avrà come sottofondo la radiocronaca, dai protagonisti percepita solo a tratti, dell’EIAR.

La figura di Gabriele, per tutto il film, resta ferma nelle sue posizioni, nelle sue convinzioni. Lui ha gli “occhiali” che gli permettono di comprendere Antonietta, di ragionare sulla vita di lei, senza mai giudicarla, sugli oggetti che ha creato e che tiene in casa, sulla fede così ingenua, ammirata ed assoggettata che nutre per Mussolini. Stare un’intera giornata con lei ha radicato in Gabriele l’accettazione completa della propria essenza, nonostante un mondo ostile che vorrebbe annullarlo. Grazie a lei ha scoperto l’umanità e la tenerezza che si può ricevere da chi subisce, pur se in modo diverso, quello stesso regime. È Antonietta che era chiusa e che si apre, che intraprende un viaggio verso ciò che non conosce e che qualcuno, la portiera, vorrebbe farle temere. Lei non sa all’inizio chi è, in realtà, Gabriele. Lo rifiuta per un attimo quando scopre che è un “disfattista”, un “antifascista”. Ma poi lo trattiene, perché lo trova “una persona così perbene” ed è per questo che lo ama, diverso com’è dall’uomo “marito, padre, soldato” con il quale vive. Lo bacia sulla terrazza, e lui ancora rimane fermo; le spiega con violenza, la violenza di chi è perseguitato dal fascismo e dall’ignoranza, di essere omosessuale. Antonietta si ritrae ma poi torna a ritrovare sé stessa; lei non è ciò che gli altri vorrebbero. “Non sei come gli altri”, le dirà Gabriele. Lei vuole amarlo e lui si lascia amare, sempre immobile mentre la vede scoprire ciò che non aveva mai provato. “È stato bello ma non cambia niente” è il pensiero di lui, mentre per Antonietta è cambiato tutto. La sera, dopo cena, figli e marito sono a letto, lei resta qualche minuto sola in cucina; legge il libro che le ha regalato Gabriele, seduta davanti alla finestra. Lui, raggiunto da due uomini che devono portarlo al confino, trova nella tasca un chicco di caffè preso in casa di Antonietta, lo mastica e guarda la finestra di lei accesa, prima di andarsene.

Il plot è semplice in apparenza ma ricco di corrispondenze e continui richiami, di particolari che ritornano (il ragazzo col laccio slegato alla partenza come al ritorno; il libro; il chicco di caffè; il quadro in casa di Gabriele, staccato, posato ed infine impacchettato; il cappello appeso tra due porte che li divide e li dividerà); il film è profondo ed intimistico, il più riuscito di Ettore Scola. Il personaggio di Antonietta è tra i più amati dalla Loren. Alcuni sono i riferimenti autobiografici, per esempio l’origine napoletana o la protagonista che racconta di essere svenuta vedendo passare Mussolini, un pomeriggio a Villa Borghese, mentre era incinta di Littorio; la madre della Loren svenne alla vista del Duce quando aspettava la figlia Maria. Si tratta anche della prima apparizione in video della nipote, Alessandra Mussolini, nella parte di Maria Luisa. Ma soprattutto Antonietta è una donna delicata e sottomessa, molto diversa da quelle solitamente recitate dalla Loren: moderne e decise come Cesira, Adelina, Anna o Filumena. L’attrice ha messo in gioco il suo lato più intimo, è più Sofia che Sophia, più Scicolone che Loren, più donna introspettiva e meno diva. Mastroianni ha portato sullo schermo di Cannes, nel ’77, un’interpretazione tenera e tormentata ma anche brillantemente ironica. Lo straordinario affiatamento della coppia Marcello-Sophia ci ripropone uno spunto di riflessione, purtroppo, ancora attuale.

 


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