Pee-Wee's Big Adventure PDF 
Tim Burton   

L'unico grande amore di Pee-wee Herman è la curiosa bicicletta che custodisce gelosamente in un luogo segreto del suo cortile. Quando questa gli viene sottratta, lo stralunato proprietario si rivolge alla polizia, ricavandone solo derisione. Conoscendo lo smodato interesse per il mezzo del vicino Francis, Pee-wee decide di fargli visita, imbattendosi però solo nel padre, il quale lo rassicura dell'impossibilità che il figlio abbia potuto compiere un gesto simile. Pee-wee parte allora alla ricerca della sua amata bicicletta per un viaggio che, grazie anche alla stramba consulenza di Madame Ruby - una bugiarda chiaroveggente che ne capta la presenza ad Alamo -, lo porterà a spasso per tutta l'America. Durante la traversata incontrerà personaggi strani (forse) quanto lui stesso: Mickey, un condannato in fuga; Simone, una cameriera con una fortissima propensione al viaggio e il suo fidanzato dall'accecante gelosia; i Seguaci di Satana, una gang di motociclisti; e infine Large Marge, una misteriosa camionista.

Realizzato all'età di 26 anni, a solo un anno di distanza dal sorprendente esordio nei piccoli circuiti locali con i due cortometraggi Vincent e Frankenweenie - quest'ultimo non solo parodia di un classico dell'horror rivisto con gli occhi di un bambino, ma summa della sua futura poetica cinematografica di folletto malinconico - Pee-Wee's Big Adventure si rivela da subito un gioiellino, quasi una voce fuori dal coro, nonostante il budget ristretto su cui si regge e a causa del quale soffre, a tratti, di evidente grezzosità. Al di là della modestia di mezzi, le difficoltà altrettanto manifeste riguardano la costruzione di quell'anarchia di scrittura con la quale di lì a poco avrebbe deliziato lo spettatore. Burton infatti, spirito libero e liberale, mal tollera il gigionismo istrionico di Paul Reubens alias Pee-wee Herman, personaggio dalla risata smodata noto alla platea americana per aver ridato vitalità alla fenomenale e prorompente comicità "alla Buster Keaton" e "alla Eddie Cantor", e il potenziale anticonformista che ne risulta è sì apprezzabile, ma in qualche modo soffocato.

Tuttavia ciò non impedisce al regista di Burbank di coltivare e far esplodere fin da subito quello che sarà un altro importante aspetto della sua futura poetica d'autore: l'estetica gotica, allucinante e allucinata. Uno charme assoluto pervade infatti tutta la pellicola - quasi fosse dipinta e non propriamente impressa -, dominata qual'è dal rosso clownesco e infantile degli ambienti e soprattutto della curiosa bicicletta di Herman. Tonalità di colore accese, quindi, quanto i toni filmici di chi sa di sfidare, al pari di un John Waters, sia un'industria (quella hollywoodiana, colpo ben assestato nella sequenza in cui Pee-wee si diverte a confondere i set dei film più diversi) sia chi quella sfida l'aveva lanciata anni prima (i continui ammiccamenti a Ladri di biciclette, capolavoro neorealista di Vittorio De Sica, sono innegabili). Così irrimediabilmente stupido e fascinosamente "burlesque" da risultare nonostante tutto uno dei migliori film di Tim Burton.

Delirio visivo più pop che gotico, verrebbe da pensare. Si tratta piuttosto della genialità e della sensibilità new wave del bambino che, estasiato, segue il gesto del pasticcere mentre compone quel mosaico di colori che si chiama gelato. Burton, un po' infante e un po' gelataio, quindi, con gli occhi sgranati di chi vuole assaggiare e fare assaggiare la poetica surrealista troppo spesso perduta nel "mondo degli adulti". Lo stesso mondo che ha condannato proprio Reubens, sorpreso a masturbarsi in un cinema di periferia, relegandolo nell'ombra di quell'armadio che nella stanza dei bambini cresciuti accoglie nostalgicamente i giocattoli amati e troppo in fretta dimenticati.

 


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