L'incomunicabilità tra persone è un topos molto amato nel cinema, perché può essere la chiave di situazioni comiche, per i fraintendimenti che genera, o di situazioni tragiche, metaforizzando qualcosa in più di quella che è la “semplice” difficoltà di comprensione linguistica.
L'incomunicabilità è anche uno dei temi al centro di Un cuento chino, terzo lungometraggio del regista argentino Sebastián Borenstein. Dopo avere lavorato per la televisione spagnola, Sebastián Borensztein approda al cinema nel 2005 con La Suerte Está Echada, che vince il Premio della critica francese al Festival del Cinema Latinoamericano di Tolosa e il Premio per la miglior sceneggiatura, nonché del pubblico, al Festival del Cinema Latino di Trieste. Nel 2010 dirige Sin memoria, con gli attori messicani Emilio Echeverria (“El Chivo” di Amores Perros, esordio internazionale di Alejandro González Iñárritu) e Martha Higareda. Al suo terzo lungometraggio, appunto Un cuento chino, letteralmente “un racconto cinese” ma tradotto in Italia come Cosa piove dal cielo? (rivelatore di una parte della trama ...), Borenstein vince il Marc'Antonio all'ultimo Festival Internazionale del Film di Roma 2011.
Roberto De Cesare, interpretato dall'attore Ricardo Darìn, che ha già lavorato con il regista argentino Juan Jose Campanella per Il figlio della sposa (2001), Luna de Avellaneda (2004) e Il segreto dei suoi occhi (miglior film straniero agli Oscar 2010), nella pellicola di Borenstein è un burbero figlio di migranti italiani in Argentina. Segnato dalla guerra delle Falkland, conduce la sua vita arroccato in una fortezza di abitudini singolari, la cui presentazione offre un divertente e colorito tratteggio del personaggio, padrone della Ferretteria De Cesare, che, insieme alla sua casa (al piano di sopra), è uno dei principali luoghi della narrazione, chiusa letteralmente tra quattro mura e pochi personaggi. Il protagonista colleziona soprammobili in vetro per la madre che non ha mai conosciuto, raccolti in una vetrina-altarino che verrà poi letteralmente infranta da un giovane cinese, insieme alle altre abitudini del ferramenta, come quella di andare a letto spegnendo la luce allo scoccare delle 23:00 nel suo orologio-sveglia analogico, controllare ossessivamente la merce che gli arriva per paura di raggiri, e raccogliere notizie strane dal mondo facendo una rigorosa rassegna stampa internazionale. Durante uno dei suoi strani passatempi, Roberto è distolto dall'osservazione degli aerei che partono e arrivano all'aeroporto: un giovane viene scaraventato fuori da un taxi, è June, nome appena accennato nel corso della narrazione. L'intreccio si sviluppa proprio da quest'incontro peregrino tra un italiano in Argentina e un cinese impaurito e triste, il cui arrivo rompe la monotona vita di Roberto, costretto, volente o nolente, ad avere cura di questo giovane sperduto che non sa lo spagnolo e cerca suo zio da qualche parte in una terra per lui straniera e ostile.
Eccola, l'incomunicabilità tra i due personaggi, che allude alle differenti culture a confronto, ma soprattutto a quanto, in fondo, sia facile capirsi pur non capendo le rispettive lingue. Svariati episodi avvicinano Roberto e June, aiutati dalla vitale e caparbia presenza di Maria, una donna nel passato di Roberto che, testarda, continua ad amarlo. Ed è un faccia a faccia notturno mediato e tradotto da un giovane fattorino cinese che vive in Argentina a segnarne il vero incontro. Durante questo dialogo capiamo tanto di questi personaggi, la cui vita è stata influenzata dal caso, e quanto sia proprio questo caso ad avvicinarli. Quando infine il “tapo” (lo zio) di June viene trovato, il ragazzo può finalmente partire per raggiungerlo e si congeda da Roberto, con il quale ha ormai stretto uno strano rapporto d'affetto, facendo breccia nel suo cuore apparentemente gelido, ma in realtà bisognoso di affetto. Prima di andare, però, June, che nel suo Paese è un artigiano e si occupa di dipinti, lascia un murale significativo nel cortile di Roberto. Un messaggio che spingerà finalmente il burbero protagonista a raggiungere la dolce Maria e aprire finalmente il suo cuore. Nella pellicola, che allude alla saggezza zen cinese, l'insegnamento più importante è il valore della casualità che ti cambia la vita. Del resto, ormai a tre quarti della storia, Roberto si sofferma casualmente su un titolo di giornale, “Una tragedia ha interrotto la monotonia quotidiana”, che, in fondo, è proprio quello che desidera.
Titolo originale: Un cuento chino; Regia: Sebastián Borensztein; Sceneggiatura: Sebastián Borensztein; Fotografia: Rolo Pulpeiro; Montaggio: Pablo Barbieri Carrera, Fernando Pardo; Scenografia: Valeria Ambrossio, Laura Musso; Costumi: Cristina Menella; Musiche: Lucio Godoy; Produzione: Aliwood Mediterráneo Producciones, Castafiore Films, Gloriamundi Films, Instituto Nacional de Cine y Artes Audiovisuales, Instituto de Crédito Oficial, Instituto de la Cinematografía y de las Artes Audiovisuales, Pampa Film, Royal Cinema Group, Televisión Federal, Tornasol Films; Distribuzione: Archibald Enterprise Film; Durata: 93 min.; Origine: Argentina/Spagna, 2011
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