Badlands: alle soglie della perdita dell’innocenza PDF 
Matteo Marelli   

Se preferisco utilizzare il titolo originale, Badlands, per parlare del primo film di Terrence Malick, non è per arcigno rigore cinefilo, ma per dissipare facili e altrettanto legittimi fraintendimenti causati dalla titolatura italiana, La rabbia giovane. Inserito di fatto nel solco tracciato da Easy Rider di Dennis Hopper, affiancato a pellicole come Cinque pezzi facili di Bob Rafelson, il film di Malick è sì collocabile tra i road movie degli anni Settanta (rappresentazione delle nuove istanze ribellistiche giovanili destinate a concludersi tragicamente), ma da questi si differenzia perché in esso non è presente nessun eccesso di rabbia o di cattiveria. Nei suoi protagonisti, Kit e Holly, non c’è alcun desiderio di sovvertire e abbattere un sistema in cui non si riconoscono.

Ispirata ad un fatto di cronaca che sconvolse l’America degli anni Cinquanta (quello della giovane coppia che, in seguito all’assassinio del padre di lei, contrario alla relazione, fuggì dal sud al nord degli Stati Uniti lasciandosi alle spalle una spirale di delitti che divennero presto omicidi seriali), la pellicola di Malick sviluppa il tema con una propria poetica della violenza, scevra da compiacimenti e determinismi ideologici, e che determina una progressiva perdita di aderenza con la storicità degli eventi. Le morti di cui Kit e Holly si rendono responsabili non permettono, infatti, di essere lette nei termini di una lotta generazionale, quanto piuttosto di un’inquietudine che si dibatte senza cause o obiettivi precisi, unita ad un senso di inedia esistenziale e di ostilità verso chiunque. Tutto ciò fa loro oltrepassare i confini dello spazio e del tempo, tenendoli sospesi tra favola, mito e fuga.

I due protagonisti si muovono con noncuranza, senza meta e senza progetti, nell’indifferenza della punizione e della morte. C’è totale mancanza di passione nel delitto e un’assoluta inconsapevolezza del crimine. Kit e Holly sono senza morale. Ed è proprio questa assenza di pietà che rende impossibile tracciare un percorso rassicurante dei loro pensieri. Persino quando è il padre di Holly a morire, momento in cui ci si aspetterebbe dalla ragazza un atteggiamento familiare, riconoscibile, c’è solo un vago stupore a minacciarne il gelido distacco, l’apatia al limite dell’incoscienza (lo stesso Malick definisce Holly un’innocent abroad, termine coniato da Mark Twain per definire un particolare tipo d’innocenza dovuta all’ignoranza delle regole della società). La violenza con cui agiscono i due protagonisti è gratuita e assurda, senza motivo o significato, incomprensibile e fine a sé stessa. Come scrive Andrea Fornasiero, Kit e Holly “mantengono il loro mistero. Ci appaiono portatori di una sensibilità distante, il loro comportamento è a tratti assurdo, quasi ridicolo, altrove è invece terribile e disumano: è questa la loro natura innocente e corrotta, gentile e malvagia al tempo stesso, che il film rappresenta senza mai svelare” (1). È per questo che è impossibile, per lo spettatore, dare un giudizio netto su ciò a cui assiste, perché i protagonisti non danno spazio a nient’altro che al loro agire, condannati a distruggere perché impossibilitati ad essere, a creare. Non sono che marionette mosse da un determinismo oscuro.

Ma il termine “badlands” rimanda anche ad un preciso paesaggio, tipicamente americano, fatto d’altipiani aspri e selvaggi caratterizzati da suggestive formazioni rocciose che conferiscono all’orizzonte un aspetto quasi lunare. È questo lo spazio attraversato da Kit e Holly, diretti verso un’ultima, irraggiungibile frontiera, rappresentata dal “traguardo” di una catena montuosa che interrompe l’enormità del deserto. Per i due ragazzi questa immersione nell’ambiente naturale si presenta come una fuga dal reale che ha come ultima tappa un ballo solitario e struggente in una notte senza luna illuminata soltanto dai fari dell’automobile. Man mano che la fuga si fa più disperata, lo spazio attorno a loro diventa sempre più desolato. Si potrebbe allora pensare che il paesaggio sia il corrispettivo metaforico della loro situazione morale e spirituale. Niente di più sbagliato. La Natura per Malick, nella sua splendente maestà, è l’indifferente teatro delle vicende umane. Una Natura imperturbabile, immutabile, che ha altri tempi, altre scale, qualcosa di più grande che sovrasta i suoi personaggi e gli eventi di cui sono protagonisti. Visivamente, tutto ciò si traduce in uno spazio che si dilata oltre misura e imprevedibilmente: inquadrature di orizzonti lontani e remoti in cui gli uomini sono sempre più piccoli. Quella del regista è visione della Natura come forza soprannaturale, immagine di una divinità ad essa immanente. Un approccio questo che lo colloca nel solco del trascendentalismo americano di Thoreau ed Emerson. Nell’assenza di psicologia dei suoi personaggi, nella mancanza di motivazioni individuali, il pathos è pur tuttavia presente, nel senso della Natura e nell'ineluttabilità della tragedia e del Destino.

Se quanto detto rappresenta una costante tematica del cinema malickiano, in Badlands sono già rintracciabili anche alcune costanti stilistiche. Una delle caratteristiche precipue del cinema di Malick è la voce over, ricordando però come questa non abbia una vera e propria funzione narrativa in senso classico: quella di Holly, in forma diaristica e senza partecipazione emotiva, è spesso scollata dalla realtà, impregnata di fantasie tra il fatato e il brutale, tra l’ironico e il pastorale. Commento extra-diegetico che non ha quindi il compito di spiegarci meglio la vicenda, né di permetterci di empatizzare con la protagonista. Così facendo, l’attenzione dello spettatore viene sottratta all’aspetto verbale del testo, e il regista dimostra come il cinema possa rifuggire dalla comunicazione (nell’epoca nella quale questo termine, elevato a scienza, non rappresenta null’altro che lo studio sistematico dei meccanismi di persuasione di massa), e che l’arte è tutto fuorché strumento pedagogico o scatola degli attrezzi per indagini più o meno sociologiche.

Quello di Malick è un cinema che si disinteressa della grammatica e delle prassi filmiche più convenzionali. La totale mancanza di retorica (anche da un punto di vista formale) è una scelta che consente al regista di sviluppare una forma filmica assolutamente avulsa dalle logiche del racconto classico, capace, come scritto da Alberto Barbera “di reinventare la banalità di un gesto quotidiano”, di operare continui scarti di tono, e che lo porta a realizzare film contrassegnati da una coraggiosa aritmia narrativa, da un utilizzo inedito e personale dell’ellissi, specie in riferimento alle scene di violenza eseguite e mostrate con un misto di indifferenza e sbigottimento che riflette l’adeguarsi dei personaggi ad una parabola già scritta. L’uso delle dissolvenze in nero che dà forma ad un racconto strutturato per giustapposizione di fatti risulta una cifra stilistica che caratterizza il suo modo di narrare. L’impiego di una storia lineare trattata in maniera non ingombrante gli permette di sprigionare liberamente un universo di “visioni” che investono a trecentosessanta gradi la condizione esistenziale dell’uomo, il suo rapporto con la Natura e lo stato di costante sottomissione al male e alla morte. Malick non offre alcuna soluzione in grado di superare il dolore del mondo. Questo sembra dirci, ed è da accettare in quanto tale.

Note:
(1) Andrea Fornasiero, Terrence Malick. Cinema tra classicità e modernità, Edizioni Le Mani Microart’s, Recco (GE), 2007

TITOLO ORIGINALE: Badlands; REGIA: Terrence Malick; SCENEGGIATURA: Terrence Malick; FOTOGRAFIA: Tak Fujimoto, Stevan Larner, Brian Probyn; MONTAGGIO: Robert  Estrin; MUSICA: George Tipton; PRODUZIONE: USA; ANNO: 1973; DURATA: 90 min.

 


#01 FEFF 15

Il festival udinese premia il grandissimo Kim Dong-ho! Gelso d’Oro all’alfiere mondiale della cultura coreana e una programmazione di 60 titoli per puntare lo sguardo sul presente e sul futuro del nuovo cinema made in Asia...


Leggi tutto...


View Conference 2013

La più importante conferenza italiana dedicata all'animazione digitale ha aperto i bandi per partecipare a quattro diversi contest: View Award, View Social Contest, View Award Game e ItalianMix ...


Leggi tutto...


Milano - Zam Film Festival

Zam Film Festival: 22, 23 e 24 marzo, Milano, via Olgiati 12

Festival indipendente, di qualità e fortemente politico ...


Leggi tutto...


Ecologico International Film Festival

Festival del Cinema sul rapporto dell'uomo con l'ambiente e la società.

Nardò (LE), dal 18 al 24 agosto 2013


Leggi tutto...


Bellaria Film Festival 2013

La scadenza dei bandi è prorogata al 7 aprile 2013 ...


Leggi tutto...


Rivista telematica a diffusione gratuita registrata al Tribunale di Torino n.5094 del 31/12/1997.
I testi di Effettonotte online sono proprietà della rivista e non possono essere utilizzati interamente o in parte senza autorizzazione.
©1997-2009 Effettonotte online.