Millennium saga: Uomini che odiano le donne PDF 
Francesca Druidi   

La trilogia Millennium ha venduto nel mondo più di 10 milioni di copie. Uomini che odiano le donne, che ne costituisce il primo capitolo, è stato il libro più venduto in Europa nel 2008 e in Italia ha raggiunto le 650mila copie. Stieg Larsson è stato il secondo autore più venduto nel mondo nel 2008; prima di lui si è classificato solo il Khaled Hosseini de Il cacciatore di aquiloni, altro romanzo oggetto di una trasposizione cinematografica in virtù anche del suo trasversale successo globale. Numeri di vendita impressionanti che rimbalzano ovunque, dai media alle librerie, suscettibili di costanti aggiornamenti. Non mancano nemmeno premi letterari e riconoscimenti critici, a sancire la qualità di un progetto editoriale che è riuscito ad allontanare da sé le accuse sulla natura puramente commerciale della trilogia. I romanzi sono oggi al centro di un passaparola internazionale che non sembra per il momento destinato a scemare, e che ha dato inevitabilmente origine a una trilogia filmica. È appena uscito nelle sale italiane Uomini che odiano le donne, in autunno poi sarà la volta del secondo titolo, La ragazza che giocava con il fuoco, mentre per l’ultimo La regina dei castelli di carta bisognerà attendere la primavera del 2010. Si tratta, ed è questo un aspetto che suscita in qualche maniera curiosità, di una produzione nordica nella quale è impegnata la Yellow Bird, una delle maggiori case di produzione scandinave di film per il cinema e la televisione. Tra le produzioni della Yellow Bird, che fa parte di Zodiak Entertainment, la nuova media company del Gruppo De Agostini, si ricorda la serie-tv Wallander, trasmessa anche nel nostro Paese su Rete4. Già aleggia il fantasma di un possibile remake a stelle e strisce, o magari di una nuova versione targata Hollywood, ma intanto la prima traduzione per il grande schermo dei romanzi di Larsson è stata affidata a maestranze svedesi e danesi, dal regista Niels Arden Oplev, passando per i due protagonisti Michael Nyqvist (Mikael Blomkvist) e Noomi Rapace (Lisbeth Salander).

Un primo elemento che può contribuire a spiegare il successo della trilogia è il fascino che circonda la figura di Stieg Larsson, scomparso nel 2004 a soli cinquant’anni a causa di un infarto sopraggiunto dopo uno sforzo fisico (sette piani a piedi perché l’ascensore era rotto) mentre l’uomo stava recandosi nella redazione della rivista Expo, di cui era uno dei fondatori e responsabili. Certo, la morte prematura del giornalista e scrittore, avvenuta prima di godere dell’enorme popolarità raggiunta dai suoi lavori, ha concorso in modo evidente alla creazione di un’aura quasi mitica attorno alla sua storia. Ma è pur vero che nel panorama letterario contemporaneo è difficile trovare personalità altrettanto incisive e carsimatiche. A Karl Stig-Larsson, poi divenuto Stieg, è stata dedicata una biografia disponibile da aprile in libreria: Guida alla trilogia Millennium. Inchiesta sulla vita, i luoghi e i romanzi di Stieg Larsson realizzata dallo scrittore e sceneggiatore francese Guillaume Lebeau, recatosi a Stoccolma per svelare i punti oscuri e soddisfare le molte curiosità sorte attorno all’autore scandinavo, tra cui la cruciale questione dell’esistenza del quarto manoscritto nel PC del defunto scrittore. Amante fin da giovanissimo della sapiente arte di raccontare storie, si cimenta fervidamente nella scrittura di polizieschi, Hammett, Chandler e MacDonald i maestri a cui ispirarsi (dedicherà loro un saggio del 1976 intitolato Hard-boiled), ma anche di romanzi di fantascienza, altra sua grande passione. Stieg Larsson è soprattutto un attivista politico, ed è proprio nel corso di una manifestazione pacifista contro la guerra in Vietnam che incontra la compagna di una vita, Eva Gabrielsson, oggi al centro di una battaglia legale con il fratello e il padre dell’uomo, che sono gli unici eredi riconosciuti dallo Stato svedese, in quanto Eva e Stieg non si erano mai sposati. Dopo il servizio militare e l’impegno nella guerra civile in Eritrea, dalla parte dei guerriglieri di estrema sinistra, Stieg si trasferisce nella capitale svedese dove intraprende la carriera di giornalista. Lavora per vent’anni in un’importante agenzia di stampa del paese, la TT, non nascondendo il suo spiccato orientamento antifascista. Una linea di pensiero che gli procura non pochi fastidi da parte dei gruppi neonazisti svedesi, tanto da costringere il reporter a prendere diverse misure precauzionali. Larsson era, infatti, uno dei più autorevoli esperti mondiali di organizzazioni anti-democratiche appartenenti alla destra estremista e alle correnti naziste, sulle quali aveva iniziato a indagare a partire dagli anni Settanta. Un profilo professionale che oggi si arricchisce di dettagli maggiormente personali: lavoratore indefesso, che prediligeva in particolare le ore notturne, asservito alla caffeina, alle sigarette e al cibo surgelato, in particolare a quelle Billys Pan Pizza di cui i suoi personaggi, Lisbeth Salander in testa, sono non a caso grandi consumatori.

Le ricerche compiute da Lebeau aiutano a comprendere come l’intera trilogia non possa essere analizzata nella sua compiutezza senza prendere, pur in minima considerazione, il vissuto del suo creatore. Lo sguardo lucido e indagatore del cronista sulla realtà sociale ed economica del suo paese, le approfondite competenze maturate a proposito degli intrighi e degli episodi più controversi della storia di Svezia... è un corpus di informazioni ed elaborazioni che Larsson ha riversato a piene mani nelle trame della sua opera, rendendole vive e pulsanti, largamente credibili e, quindi, ancora più coinvolgenti per il lettore. Ancora una volta, non a caso, la trilogia prende il nome da una rivista, Millennium, di cui il suo protagonista, il giornalista Mikael Blomkvist, è direttore responsabile. È impossibile non scorgere nel personaggio di Blomkvist quella sorta di aderenza idealista e deontologicamente corretta alla professione giornalistica che apparteneva a Stieg Larsson. Blomkvist è infatti un reporter dedito all’investigazione, non asservito al potere precostituito ma anzi tagliente critico nei riguardi di corrotti esponenti del capitalismo, di uomini d’affari senza scrupoli e anche di giornalisti compiacenti che, anziché fare il loro lavoro di cani da guardia, scendono a facili compromessi. La sua lealtà nell’approcciare il lavoro, il rispetto della veridicità ma anche dell’anonimato delle fonti, lo rendono una figura moralmente integra, sebbene non priva di debolezze, come il lettore impara a conoscere leggendo le pagine della trilogia. Esiste, dunque, una potente contaminazione tra l’opera letteraria e l’esistenza del suo autore. L’esempio più beffardo, dai risvolti quasi inquietanti, di questi costanti rimandi si trova nel terzo volume, La regina dei castelli di carta, quando Larsson riesce addirittura a predire il suo drammatico destino, descrivendo l’attacco di cuore che colpisce in redazione Hakan Morander, il caporedattore uscente del Smp, il quotidiano in cui va a lavorare Erika Berger dopo essere stata per anni caporedattore di Millennium nonché amante di lunga data del buon Mikael Blomkvist.

La trilogia è riuscita ad affascinare milioni di lettori nel mondo non solo per la capacità di proporre appassionanti situazioni e atmosfere di genere poliziesco, ma anche e soprattutto per l’abilità nel tratteggiare con dovizia di particolari il cupo affresco di una società che di romanzesco ha ben poco, di un mondo scandito dall’intolleranza, dalla violenza e dalla dissolutezza. Un mondo attraversato da uomini che odiano le donne, come asserisce il titolo del primo episodio. Un odio che troppo spesso cade sotto il colpevole silenzio di mass media, società civile e istituzioni. Riporta l’autore in calce all’introduzione alla seconda parte: “in Svezia, il 46% delle donne al di sopra dei quindici anni è stato oggetto di violenza da parte di un uomo”. Uomini che odiano le donne, a differenza dei successivi due libri, può essere letto singolarmente perché, con la risoluzione dell’enigma, le trame vengono risolte e dipanate. In realtà, il romanzo ha la funzione di presentare al lettore la solida galleria di personaggi e ambienti che costituiscono lo scheletro della trilogia, fondata sulla costruzione di un universo coerente e decisamente credibile. Sono le donne, dunque, tanto care a Larsson, le vittime conclamate del primo volume. Motore del procedere narrativo è la ricerca, che impegna da quarant’anni il magnate dell’industria svedese ormai in pensione Henrik Vanger, dell’amata nipote Harriet, scomparsa nel corso di una delle travagliate riunioni di famiglia sull’isola di Hedeby, abitata dal potente clan dei Vanger, che ne sono anche i proprietari. Per far luce sulla vicenda, rimasta irrisolta, il vecchio imprenditore assolda Mikael Blomkvist, giornalista economico della rivista Millennium in crisi dopo essere stato accusato di diffamazione nel caso Wennerström e costretto a scontare qualche mese di prigione. Restio all’inizio ad accettare l’incarico, Blomkvist si ritrova profondamente invischiato nell’indagine su Harriet, che lo zio ritiene sia stata assassinata da un membro della famiglia, nonostante non sia mai stato trovato il cadavere. Il reporter chiede aiuto a Lisbeth Salander, una giovane piuttosto problematica e dalla personalità borderline, che sconta sulla sua pelle e sulla sua anima un passato durissimo e doloroso. È incredibilmente intelligente, tanto da appassionarsi a matematica avanzata e genetica, ma per lo Stato è quasi una malata di mente, rinchiusa in un istituto e affidata legalmente a un tutore a causa della sua “condanna” all’incapacità giuridica. Magra e minuta, costellata di tatuaggi e piercing, Lisbeth è dotata di una memoria fotografica ed è una delle più abili e competenti hacker del paese. Capacità che sfrutta non tanto per compiere ricerche al servizio della Milton Security, quanto per carpire informazioni sulle persone con cui ha a che fare, scoprire segreti e, se necessario, arricchire il suo portafoglio. È il caso Vanger a far incrociare i destini di Lisbeth e Blomkvist, mettendoli insieme sulle tracce di efferati serial killer, che potrebbero non solo essere i responsabili dell’assassinio di Harriet, ma anche di altri omicidi del Paese, rimasti tragicamente senza un colpevole, che hanno coinvolto donne torturate e uccise.

In questo primo capitolo inizia il confronto tra le due visioni del mondo dei protagonisti, che Larsson ha voluto fossero ispirati ai personaggi inventati da Astrid Lindgren, Pippi Calzelunghe e il giovane investigatore Kalle Blomkvist, che infatti è l’appellativo con cui il giornalista viene ironicamente soprannominato dai colleghi e poi da Lisbeth. Un accostamento che irrita particolarmente il protagonista maschile della trilogia e che risale ai primi anni della carriera del reporter. Lisbeth, dal canto suo, ha avuto un’esistenza a dir poco disastrata, ma ha conservato una propria ferrea moralità. Se questa viene infranta, o in qualche maniera sporcata, se lei stessa viene ferita oppure offesa, la sua reazione è però violentissima e spietata. La morale di Mikael è integerrima, ma all’inizio è più legata all’intervento e all’agire delle istituzioni e delle forze dell’ordine. Come, invece, svelerà il resto della trilogia, Lisbeth non può fidarsi dello Stato e di qualsiasi sua ramificazione. Il suo concetto di giustizia è assolutamente privato. A unire i due protagonisti è comunque la determinazione a non arrendersi di fronte alle ingiustizie a cui assistono, ma anzi a lottare per riportare l’ordine nel caos. Sono in questo due personaggi “utopistici”, da qui il riferimento ai romanzi della Lindgren, perché si oppongono a una società intrisa di intolleranza (le correnti filonaziste), di omofobia, di maschilismo imperante. Lisbeth è Pippi Calzelunghe perché imprevedibile e assurda, sfuggente a alla logica convenzionale, spesso fata di opportunismo e cattiveria. 

Se Uomini che odiano le donne rappresenta il classico esempio di racconto ispirato al modello dell’enigma della camera chiusa, che prevede la risoluzione di un omicidio avvenuto in circostanze pressoché impossibili come una stanza chiusa dall’interno (Harriet è sparita quando l’unico ponte che collegava l’isola era impraticabile a causa di un grave incidente), il secondo romanzo assume i contorni del thriller poliziesco vero e proprio. Questa volta l’incipit è l’inchiesta che Millennium si accinge a pubblicare sul trafficking, la tratta delle donne a scopo di sfruttamento sessuale, altra piaga della società di oggi, scritta dal giornalista Dag Svensson e basata sulla tesi della compagna ricercatrice e criminologa Mia Bergman. Entrambi vengono spietatamente uccisi e tutti gli indizi sembrano cadere su Lisbeth Salander. Ne La ragazza che giocava con il fuoco prende corpo la ricostruzione della storia privata dell’introversa hacker, che proseguirà nel terzo episodio La regina dei castelli di carta, il più spionistico e politico della saga. Difendere l’individuo contro un sistema corrotto nel proprio Dna identifica, in sintesi, il filo conduttore della trilogia. Si tratta di un’opera corposa, oltre 2000 le pagine scritte da Larsson, la cui potenza risiede in uno stile asciutto ma incisivo, che non calca gli stereotipi ma che anzi si prende tutto il tempo per approfondire le sfumature, i vizi e le virtù dei personaggi principali, Blomkvist e Lisbeth, ma anche di quelli secondari, altrettanto strategici per muovere le fila delle storie. Quella dell’autore scandinavo è una scrittura efficace, coinvolgente, che sa tessere storie parallele destinate a intrecciarsi gestendo con abilità i diversi punti di vista che il racconto assume.

È nella traduzione filmica della poetica di Stieg Larsson che si riscontrano le maggiori difficoltà della pellicola di Niels Arden Oplev. Il regista svedese ha dovuto operare tagli consistenti rispetto al volume originario, asciugando la trama principale e le altre sotto-trame. Sono stati, inoltre, ridotti al minimo sindacale i personaggi secondari, Erika Berger in testa, che non potevano comunque essere trattati in maniera più approfondita, se non si voleva che la pellicola superasse le quattro ore di proiezione. Forse il ridimensionamento meno riuscito interessa Blomkvist: la sua leggerezza, innocua e quasi disorientante, nel passare da una donna all’altra, contribuisce non poco a caratterizzarlo. E questa mancanza nel film si avverte ancora di più, considerando che il suo interprete, Michael Nyqvist, manca di quel fascino e di quella disinvoltura che il personaggio cartaceo possiede, e grazie al quale riesce a scalfire una scorza dura come quella di Lisbeth Salander. Potremmo dire che il film Uomini che odiano le donne è ispirato al romanzo, piuttosto che tratto dal primo volume della Millennium Trilogy. Diverse sono le carte in tavola che sono state cambiate per condensare gli avvenimenti in modo plausibile. Il focus, come in parte avviene anche nell’opera letteraria di origine, è il carismatico personaggio di Lisbeth, interpretato con grande intensità e aderenza fisica da Noomi Rapace, a discapito di quello di Mikeal. Dell’inquieta e ribelle hacker vengono nel lungometraggio anticipate addirittura delle rivelazioni che appartengono al secondo libro. La criticità non riguarda la pretesa che il film costituisca una pedissequa e letterale trasposizione in immagini della trama letteraria. Non è, infatti, questo ciò che si richiede a un’opera cinematografica. Si tratta di riproporne lo spirito, il messaggio, con gli strumenti propri del mezzo filmico. Ed è sotto questo profilo che il lungometraggio tende a essere carente. La pellicola è, in definitiva, un thriller onesto e discreto, sostanzialmente fedele alla visione realistica di Larsson, che non indugia in mirabolanti peripezie o imprese da super eroi. La confezione tecnica è buona. Non si riscontrano particolari scivoloni o forzature eccessive nella direzione di una spettacolarizzazione inutile. La resa di alcuni episodi violenti e in qualche modo cruciali del racconto, come lo stupro subito da Lisbeth, è abbastanza convincente. Ma il film rimane decisamente in superficie quando si tratta di veicolare la “filosofia” dei protagonisti e, in generale, gli elementi cardine della trilogia, che conducono – anche se si tratta solo del primo episodio – al contrapporsi di due “eroi” atipici e decisamente anticonvenzionali al potere di uno Stato che spesso vuole prevaricare sui singoli, mettendo a tacere chi vi si oppone.

Se la trilogia può essere considerata un grande poliziesco sociale, ed è proprio questa la peculiarità che lo fa distinguere da altri prodotti editoriali dello stesso genere, non altrettanto è il film, che ripropone a stento le istanze di riflessione e di critica della società svedese contenuta nei romanzi. Sul fronte del linguaggio cinematografico impiegato, il film soffre un po’ l’impianto di natura para-televisiva. Del resto, la pellicola era destinata al piccolo schermo in origine. Manca un’idea forte a livello di messa in scena che elevi il film al di sopra della sufficienza e che sappia creare un'affezione e un coinvolgimento simili a quelli indotti dalla lettura dei testi scritti. Una soluzione efficace comunque c'è: il breve viaggio on the road compiuto da Lisbeth e Mikael sulle tracce degli omicidi di donne commessi in passato. Un’escamotage che consente di raccordare questi assassinii con il caso principale, relativo a Harriet Vanger, alimentando al contempo il legame che si viene a creare fra i due protagonisti. Molto di più poteva però essere fatto per dare alla pellicola un'identità cinematografica maggiormente forte e specifica. Le altre due, tratte dai successivi capitoli, sono già stati girati. La novità è in cabina di regia: sarà Daniel Alfredson a firmare entrambi i lungometraggi. Sarà interessante scoprire se l'avvicendarsi al timone porterà o meno a dei sostanziali cambiamenti.

 


#01 FEFF 15

Il festival udinese premia il grandissimo Kim Dong-ho! Gelso d’Oro all’alfiere mondiale della cultura coreana e una programmazione di 60 titoli per puntare lo sguardo sul presente e sul futuro del nuovo cinema made in Asia...


Leggi tutto...


View Conference 2013

La più importante conferenza italiana dedicata all'animazione digitale ha aperto i bandi per partecipare a quattro diversi contest: View Award, View Social Contest, View Award Game e ItalianMix ...


Leggi tutto...


Milano - Zam Film Festival

Zam Film Festival: 22, 23 e 24 marzo, Milano, via Olgiati 12

Festival indipendente, di qualità e fortemente politico ...


Leggi tutto...


Ecologico International Film Festival

Festival del Cinema sul rapporto dell'uomo con l'ambiente e la società.

Nardò (LE), dal 18 al 24 agosto 2013


Leggi tutto...


Bellaria Film Festival 2013

La scadenza dei bandi è prorogata al 7 aprile 2013 ...


Leggi tutto...


Rivista telematica a diffusione gratuita registrata al Tribunale di Torino n.5094 del 31/12/1997.
I testi di Effettonotte online sono proprietà della rivista e non possono essere utilizzati interamente o in parte senza autorizzazione.
©1997-2009 Effettonotte online.