Jin-Roh Uomini e Lupi: ovvero Il cupo riflesso (Animato) dell’Altrove della visione - Hiroyuki Hokiu PDF 
di Davide Tarò   

La Seconda guerra mondiale fu vinta dalla Germania. Il 1945 fu ricordato per la bomba atomica su Hiroshima e per la disfatta definitiva del Giappone. E' un freddo ed umido giorno di Febbraio del 1962, l'agente dell'Unità speciale dei Kerberos, Kazuki Fuse, esita di fronte ad una piccola terrorista vestita come la Cappuccetto Rosso delle fiabe che si fa esplodere nelle fogne di Tokyo pur di non farsi catturare.

In una Tokyo dove forze pesantemente armate devono mantenere l'ordine dello Stato nascente e dove l'inurbamento selvaggio crea abissi di desolazione e miseria nelle strade, dove piccole ragazzine travestite da cappuccetti rossi portano panieri contenenti bombe ai terroristi ed agli anarchici, in una Tokyo dove vorticosamente ed inesorabilmente palazzi ed una nuova economia stanno esplodendo calpestando il passato, circolano come lupi lugubri figure nere, oscuri soldati dell'ordine costituito: i Kerberos.

Perché un film d'animazione giapponese (chiamato anche generalmente, ed il più delle volte non appropriatamente, 'Anime') del 1998 tende acutamente ed inesorabilmente ad un foto-realismo che dovrebbe essere proprio 'di diritto' del cinema dal vero, che noi potremmo anche chiamare 'live' in contrapposizione con quello d'animazione? Perché il cinema d'animazione creando storie, tendendo ad essere sempre più "credibile", ha perso inesorabilmente quella scintilla che lo rendeva "divino", cangiante, sperimentale.

(S)vendedosi alla narratività più compiuta, in cui vi sono una concatenazione di eventi, nella quale una azione è conseguenza di un'altra, l'animazione ha perso il suo più genuino diritto di esistenza (e quindi di studio): l'animazione cosiddetta "commerciale" è quindi una copia del cinema dal vero, tende al suo foto-realismo, alla sua sospensione dell'incredulità, è fatta con 'crismi commerciali', da più tecnici, disegnatori, manovalanze ed artisti, non è creata cioè da una mano/mente accentratrice, in altre parole un'opera come Jin-Roh poteva, ed auspicabilmente doveva, essere fatta con il cinema 'live' e non può ambire per le sue stesse origini ad essere prodotto con una seppur minima patina di autorialità. Sbagliato.Da qualsiasi parte si voglia prendere il discorso, ma soprattutto la Visione, questi ragionamenti in qualche modo non reggono più di tanto.

Primo riflesso: "Autorialità" nell'animazione giapponese.

Innanzitutto Jin-Roh è una fucina ed un sincretismo di almeno tre visioni pregnanti. Quella di Mamoru Oshii, soggettista e sceneggiatore dell'opera, regista giapponese di film d'animazione (e non) tra cui i tanti Lamù Beautiful Dreamer, Patlabor I e II, Ghost in The Shell, Tenshi no tamago, Innocence e pellicole live quali Red Spectacles, Stray Dogs Kerberos Panzer cops, Talking Head ed Avalon.

Una visione pregna di disillusione politica ed etica, legata però indissolubilmente ad un fondo (un riflesso?) di speranza, di Grazia. La nera figura soldatesca che si staglia tra le ombre della messa in scena animata ha un nome di origini antiche: 'Kerberos' il guardiano dell'inferno, preposto a difendere l'ordine costituito, con le sue due lenti rosse che si illuminano in cupe vampe sul casco oscuro ricordante per oscure alchimie l'estetica nazista. Questa figura, non nuova nelle opere di Oshii, era stata utilizzata già in un episodio (il 68) di Lamù serie televisiva, nei film live 'Red Spectacles'e 'Stray Dogs' e nel manga disegnato da Kamui Fujiwara 'Hellounds'. Il Kerberos per Oshii rappresenta quindi il 'cane del potere', colui che è stato al fine piegato ed usato dallo status quo, anche, e soprattutto, inconsapevolmente. La figura del cane (importantissima) in Oshii, in effetti, ha in parte queste valenze, che vengono accentuate in questa sofferta e generosa pellicola, non è un caso che gli 'uomini lupi' del titolo siano stati accostati alla figura del cane oshiiano (d'altra parte il lupo è un caninide anch'esso, solo più selvaggio).

Hiroyuki Okiura, giovane regista che prende l'universo post-bellico (con i Kerberos dentro) oshiiano e lo filtra attraverso i suoi ricordi personali, non avendo né il background di Oshii né l'esperienza, ma soprattutto l'età per aver visto le contestazioni e gli anni '60 in tutta la loro cangiante profondità, si immagina un mondo oleografico dove l'"impressione" di realtà è più importante della realtà data, usando i personaggi di Oshii nel loro contesto naturale, ma cambiandone il registro, da "cervellotico" ed "ermetico", propri del vecchio regista, ad un registro incontestabilmente "caldo" ed "emotivo". A finire questa alchimia di personalità e registri, vi è il musicista Hajime Mizoguchi, al lavoro su un'opera, per sua stessa ammissione, congeniale, per le ombre oscure che si generano di riflesso dalla luce più intensa, come una voce di cantante vellutata e diafana genera per sublime contrasto un contesto di indefinibile ma profonda perdita e dolore.

Le musiche della pellicola generano questa reazione, perfettamente confacente ad entrambe le visioni precedenti, sia quella emotiva di un Okiura, sia quella lucidamente analitica in attesa di Grazia di Oshii, anzi addirittura le unisce, le fa compenetrare l'una nell'altra in una melodia ancestrale e laicamente sacra.

Secondo Riflesso: Impressione di Foto-realismo nell'animazione giapponese.

L'impressione è qualcosa di lievemente truffaldino, l'impressione è come un velo che viene poggiato su una superficie, l'impressione è una fitta e significante patina, qualcosa che trasla lievemente ma inesorabilmente il significato. Tutto ciò che ha un tratto ricordante la realtà non è detto che vi si adegui pedissequamente o vi tenda inesorabilmente.

L'animazione è un linguaggio iconico, nella sinteticità del tratto la Visione prende un suo significante ben preciso ed esclusivo, il volto di Kazuki Fuse è la sua essenza, non è un attore che lo impersona e lo incarna: per quanto bravo, per quanto 'incarnato' nella parte, l'attore non potrà mai essere il tratto iconico, infatti, quest'ultimo è sempre qualcosa che EVOCA, non rappresenta. I volti di tutti i personaggi della pellicola sono inondati di ombre, create da luci provenienti da un altrove extradiegetico, danno un'impressione di emozionalità, ma soprattutto di tensione emotiva verso qualcosa di irraggiungibile ma auspicabile e desiderabile, quasi un anelito, una arcana nostalgia.

Nella malinconica messa in scena è presente solo il riflesso di un Altrove, quello stesso Altrove che può essere intravisto per un effimero e perciò preziosissimo attimo, evocato in absentia, come solo può fare il linguaggio animato in questa maniera, come la ragazzina dai capelli corti vestita da cappuccetto, con il paniere delle fiabe, vestita di un rosso che implica "grazia", non necessariamente ricevuta, come gli occhi braci rosse fiammeggianti in cupe vampe dei Kerberos, come la visione delle lenti rosse, degli infrarossi, quel colore rosso quasi "mariano", ricercato e messo per tutta la pellicola, evocante quella grazia così ferocemente assente e proprio per questo così viva.

"Quello che stai bevendo è il sangue di tua madre, quelle che stai mangiando sono le carni di tua madre…"

Le parole citate dalla fiaba Rotkappchen, Cappuccetto rosso nella versione orale tramandata soprattutto nell'Italia e nella Francia antica presenti in Jin-Roh, evocano il moderno Giappone, ne danno l'atmosfera, un'intima visione. Proprio come la tensione verso un foto-realismo estetico riguardante il tratto iconico di prima, qui si ha invece una forte tensione verso un 'foto-realismo narrativo'. Poliziotti antisommossa e terroristi sparirono allo stesso modo, la fine degli anni Sessanta con il fallimento del movimento studentesco, il Seppuku di Yukio Mishima e l'Expo di Osaka, l'ideologia delle masse o la ribellione individuale sarebbero diventate benessere di massa, vero o presunto.

Questa fu la realtà, nel passato distopico di Jin-Roh tutto questo viene evocato, non viene citato, ne viene presa l'impressione, viene fatta vivere, "animata", addirittura la scelta perfetta dei colori acri e smorti è da vedersi verso la direzione dell'effetto di fotografie nostalgiche monocromatiche, di come 'poteva essere' un febbraio dei primi anni Sessanta piuttosto che una scelta precisamente stilistica.

Cos'è allora Jin-Roh, Uomini e Lupi?

Cinema?

Sì, se si dà alla parola ed alle essenze che vi si annidano dentro il valore di Evocare, ESSERE qualcos'altro, un'Epifania 'altra' ed alta, un fantasma della messa in scena che circolerà per sempre nell'oscurità delle sale (o nei paesi più sottosviluppati dei dvd).

No, se si pretende di fare con le stesse ambiziose ed etiche intenzioni di Jin-Roh, un film dal vivo.

 


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