Sono viva. Incontro con Dino e Filippo Gentili PDF 
Anna Barison   

È nelle sale l’opera prima dei fratelli Dino e Filippo Gentili, Sono viva, “un noir dell’anima”, come lo definiscono gli autori, incentrato sul segreto di una famiglia e su una morte dai contorni sospetti.

La vostra pellicola esce dopo molte traversie produttive, a conferma di una situazione, quella italiana, che mostra oggi tutte le sue crepe. Le manifestazioni di disapprovazione contro i tagli alla cultura da parte delle maestranze e degli autori cinematografici sono all’ordine del giorno…
Dino Gentili: Le opere prime hanno sempre percorsi difficili e dolorosi, la nostra vicenda dimostra quanto disdicevole sia la situazione italiana a riguardo. Grazie ai nostri collaboratori, che sono i punti d’eccellenza del nostro cinema, ne siamo fortunatamente usciti vivi. La pellicola ha richiesto molti sacrifici, a causa di un finanziamento prima erogato e poi negato. Questa è la situazione corrente in Italia, non sono molto positivo se guardo al futuro.
Filippo Gentili: Ci è capitata una situazione paradossale. Dopo che il nostro film ricevette il riconoscimento di interesse nazionale culturale da una commissione ministeriale, ci dissero che avremmo dovuto ripresentarlo di nuovo, ripartendo praticamente da zero. Io e Dino ci siamo opposti fermamente, abbiamo fatto causa e l’abbiamo anche vinta. Di questa vittoria dobbiamo ringraziare tutte le persone che hanno creduto nel nostro progetto e lo hanno sostenuto contro il “sistema”. Su tutti siamo grati ai tecnici e agli attori, che si sono caricati il lavoro sulle spalle, portandolo eroicamente fino alla fine. Lungi da noi oggi voler esser polemici, ci limitiamo a raccontare i fatti, denunciando un clima di incertezza generale che di certo non facilita il nostro mestiere. L’industria cinematografica in Italia impegna molte persone e gode di grande stima all’estero, perché allora un’attività tanto gloriosa deve essere sacrificata?

Voi siete sceneggiatori di lungo corso. Da dove nasce l’idea di dedicarvi anche alla regia?
D.G: La prima scintilla è stata di tipo letterario, abbiamo letto L’asino d’oro di Apuleio, che  racconta infatti di una veglia funebre. Ovviamente la storia non ha niente a che fare con la nostra, ma da lì è nato lo spunto per raccontare una famiglia, specie nelle sue dinamiche di contrasto. Ci abbiamo messo dentro tutte le nostre reminescenze, i nostri archetipi e anche i nostri deliri, e quindi il film è frutto tanto della classicità quanto di impressioni personali. Il mistero avvolge non solo la morte, ma anche la famiglia: questo è stato l’elemento che ci ha affascinato maggiormente.
F.G: Abbiamo voluto mostrare come i sentimenti possano diventare lotte di potere tra padri e figli che faticano a compiere il famoso “parricidio”, che segna di fatto il passaggio all’età adulta. È un film “maschile” in cui però i maschi non fanno una bella figura, ed è un film sui giovani che non riescono a scalzare una generazione che è da troppo tempo uguale a se stessa, a volte con onore, ma altre volte no.

Avete usato più volte la definizione “noir dell’anima” o “noir del precariato” per questa pellicola. Con quali accezioni?
D.G: Sì è vero, sono definizioni che riconosciamo. L’anima è quella di un uomo qualunque che si trova di fronte ad una situazione straordinaria. Come tanti ha una vita che non gli piace, è una persona insoddisfatta, di quelle che, essendo buone, cercano sempre di accontentare tutti. Ma una volta che viene lacerata la sua disponibilità, è pronto a prendere una nuova direzione.
F.G: È innanzitutto un film di genere, un giallo, un noir costruito attorno al mistero di una morte. L’idea è di creare una storia tesa e coinvolgente, dal ritmo serrato, mettendo una persona normale, Rocco, in una situazione straordinaria, una nottata piena di imprevisti e sorprese trascorsa a vegliare una ragazza appena deceduta, Silvia. Chi era Silvia? Com’è morta? Tra le persone che dicevano di amarla si nasconde il colpevole. Il precariato fa parte della vita del protagonista: senza un lavoro fisso, ma soprattutto senza una meta precisa nella sua esistenza. Il poter risolvere un enigma, lo porta a vivere attivamente la sua vita, lo scuote.

Un atteggiamento di rivincita nei confronti della sua immobilità personale e dei suoi innumerevoli dubbi. Alla fine la speranza sembra intravedersi…
D.G: Di fronte a questi interrogativi Rocco reagisce prima passivamente, poi con timore, infine con una crescente presa di consapevolezza che lo spinge ad agire, scuotersi, ribellarsi al proprio destino. Indagando su Silvia indaga su se stesso. Si appassiona al suo caso, sente di assomigliarle, si immedesima con una tenerezza e un senso di compassione umana che gli danno la forza di cambiare. In questo senso Sono viva è la storia di una morta che insegna ad un vivo a vivere. Non è una cosa insolita. Succede anche a noi quando ci volgiamo indietro a coltivare la memoria di chi ci ha preceduto.
F.G: Rocco è un uomo qualunque che reagisce, in una situazione straordinaria, ad una vita che non gli piace. È una perosna buona, onesta e responsabile, che capisce che è arrivato il momento di dire basta. È questo il punto di partenza della sua rinascita.

Il vostro è un film di genere con chiare ascendenze classiche. Mi viene in mente Hitchcock. Fa parte del vostro immaginario cinematografico?
D.G: Innanzitutto ringrazio del paragone. Come tutti quelli che amano il cinema, noi ci nutriamo di esso, ma abbiamo affrontato il film liberi, l’abbiamo diretto con una “incosciente sicurezza”. Sicuramente predomina il piano sequenza, di cui Welles e lo stesso Hitchcock sono stati dei maestri indiscussi, e abbiamo cercato di differenziare lo stile tra le sequenze in interni e quelle in esterni: per la parte degli esterni predomina la camera a mano, anche se abbiamo cercato di tenerla morbida, senza troppi scossoni, mentre in casa, abbiamo scelto inquadrature fisse. Questa libertà ci è stata permessa anche dalla produzione, che ci ha sempre lasciato lavorare autonomamente.
F.G: È da sottolineare poi l’importanza dei tecnici, che in realtà sono veri e propri artisti: con certi collaboratori puoi dire di aver già fatto metà film, a dimostrazione di come si possa lavorare anche con mezzi limitati.

Avete progetti per il futuro?
F.G: Pensavamo di fare qualcosa di più leggero, una commedia magari. Però abbiamo così tanti progetti in mente, dei generi più diversi. Ci piace cambiare e sperimentare, ma per ora il futuro è incerto. Continueremo sicuramente a scrivere film anche per altri registi.

 


#01 FEFF 15

Il festival udinese premia il grandissimo Kim Dong-ho! Gelso d’Oro all’alfiere mondiale della cultura coreana e una programmazione di 60 titoli per puntare lo sguardo sul presente e sul futuro del nuovo cinema made in Asia...


Leggi tutto...


View Conference 2013

La più importante conferenza italiana dedicata all'animazione digitale ha aperto i bandi per partecipare a quattro diversi contest: View Award, View Social Contest, View Award Game e ItalianMix ...


Leggi tutto...


Milano - Zam Film Festival

Zam Film Festival: 22, 23 e 24 marzo, Milano, via Olgiati 12

Festival indipendente, di qualità e fortemente politico ...


Leggi tutto...


Ecologico International Film Festival

Festival del Cinema sul rapporto dell'uomo con l'ambiente e la società.

Nardò (LE), dal 18 al 24 agosto 2013


Leggi tutto...


Bellaria Film Festival 2013

La scadenza dei bandi è prorogata al 7 aprile 2013 ...


Leggi tutto...


Rivista telematica a diffusione gratuita registrata al Tribunale di Torino n.5094 del 31/12/1997.
I testi di Effettonotte online sono proprietà della rivista e non possono essere utilizzati interamente o in parte senza autorizzazione.
©1997-2009 Effettonotte online.