Non è una sfida facile, bisogna darne atto ai fratelli Duplass, cercare di unire l'utile al dilettevole in una commedia legata a doppio filo al più irriverente umorismo in pieno stile Kevin Smith e ad un prodotto in pieno stile festival, quasi si cercasse, pur senza farlo troppo intendere, una nuova Juno. Inutile dire che, nonostante un comparto attoriale di prim'ordine – l'ormai affermato caratterista John C. Reilly, la riscoperta Marisa Tomei e l'incredibile nuovo volto Jonah Hill –, il compito è assolto solo parzialmente, e nonostante il sano divertimento intelligente si ha sempre l'impressione, una volta usciti dalla sala, di aver rivisto un vecchio amico che fa sempre piacere ritrovare ma che si trova a raccontare sempre gli stessi aneddoti.
Con questo non si vuole certo sminuire il lavoro dei registi, che risulta ad ogni modo arguto e puntuale, scorrevole ed abilmente in equilibrio fra commedia e ritratto dolceamaro di vite al margine, dal divorziato John, solo da sette anni, al legame chiaramente edipico che unisce Molly a Cyrus e che sarà la miccia vera e propria per le trovate migliori della pellicola, contraddistinta da uno stile quasi documentaristico, seppur a tratti quasi irritante nella sua ostentazione. Solitudini calamitate, verrebbe da dire, mai troppo desolate per abbandonarsi alla disperazione e sempre pronte ad originare equivoci e risate capaci di far dimenticare anche anni interi lontani dal mondo, dalle relazioni, dalla vita che vale sempre la pena di essere vissuta, qualunque sia il risultato che essa porti quale bagaglio, stimolo, sfida. Una pellicola certo non indimenticabile, con tutti i limiti delle produzioni chiaramente indirizzate ai festival e alle loro giurie, eppure in grado di comunicare potenzialmente anche con il grande pubblico, concedendosi sentimenti e generosità d'animo senza eccedere o risultare in qualche modo troppo ruffiana, o volgare, anche quando l'umorismo si vela della vena tutta esplosiva della scuola dei Suxbad e dei Clerks, senza riguardo alcuno – ma solo in apparenza – per morale ed opinioni da massa benpensante. Un film, insomma, che non pretende l'approfondimento analitico di un Allen o, parlando di idoli del regista newyorchese, di un Bergman, ma che riesce ad affrontare temi spinosi quali il rapporto tra madre e figlio, indipendenza e legami, solitudine e nuovi amori con una profondità quasi inedita per un film di genere, che pur dovendo molto alle già citate pellicole, decisamente più vicine ad un gusto e ad un umorismo di pancia e spontaneità, risulta essere ricca di spunti, idee e riflessioni. Il particolare utilizzo della macchina da presa, inoltre, è in grado di avvicinare anche il pubblico di nicchia più esigente, e pur risultando sempre e comunque una scommessa più di pazienza che non prettamente stilistica, fornisce una cifra singolare ed interessante al prodotto finale, ponendo le basi di quello che potrebbe essere il futuro marchio di fabbrica dei due fratelli in postazione di regia.
A conti fatti, dunque, Cyrus è un esperimento riuscito, capace di rendere possibile il da sempre poco accreditato connubio fra cinema d'elite e popolare, e di regalare allo spettatore risate e qualche sano pensiero. La strada è quella giusta: ora, ai Duplass, serve solo l'emancipazione data da uno stile inconfondibilmente personale.
TITOLO ORIGINALE: Cyrus; REGIA: Jay Duplass, Mark Duplass; SCENEGGIATURA: Jay Duplass, Mark Duplass; FOTOGRAFIA: Jas. Shelton; MONTAGGIO: Jay Deuby; MUSICA: Michael Andrews; PRODUZIONE: USA; ANNO: 2010; DURATA: 92 min.
|