In America PDF 
di Martina Palaskov Begov   

Jim Sheridan ha dimostrato in passato quanto siano importanti nelle sue storie la potenza caratteriale del personaggio e la drammaticità dell'intreccio. Nonostante focalizzi gran parte della sua attenzione artistica su tematiche spesso di grande valenza politica e territoriale (Bloody Sunday – 2002 -, produttore esecutivo, Nel nome del Padre – 1993 -, Il mio piede Sinistro – 1989 -, The Boxer -1997), l'attenzione riservata ad un'attenta descrizione cinematografica del personaggio non manca mai.

Il suo ultimo film, In America, ha piacevolmente riconfermato la sua statura artistica. Reduci da un tragico lutto (la morte del loro unico figlio maschio Frankie - Ciaran Cronin), i coniugi Sara (Samantha Morton) e Johnny (Paddy Cosidine) decidono di trasferirsi, assieme alle due altre figlie, Christy (Sarah Bolger) e Ariel (Emma Bolger), nella terra dei grandi sogni, gli Stati Uniti d'America. Dopo un ingresso furtivo dalla frontiera canadese, la famiglia si dirige verso la Grande Mela, città che potrebbe aiutare il povero Johnny a consacrare il suo sogno di diventare un attore professionista. New York City possiede lo splendore e la vivacità della terra promessa. I volti delle bambine sono appiccicati al vetro della vecchia berlina sgangherata che accompagna la famiglia tra le luminose vie della metropoli.
Numerose e manieristiche sono state le diverse interpretazioni dell'approdo immigrante negli Stati Uniti d'America durante i secoli: la sagoma della Statua della Libertà, il porto affollato, le promesse di terra fertile e coltivabile, la meraviglia di un sogno di libertà: quasi tutti ingannevoli abbagli di un mondo aspro e crudele. Tra le più classiche delle fantasie cinematografiche, l'arrivo dal mare o dall'aeroplano sono state scelte per raffinare quella sensazione di atterraggio, di approccio, di entrata nel Nuovo Mondo. Jim Sheridan sceglie di far entrare i suoi personaggi dalla porta secondaria, dalle buie gallerie, dai sottopassaggi metropolitani, dai lunghi cunicoli scuri che rivelano, in fondo, la luce accecante della città dei balocchi. Le bimbe cantano e si dimenano mentre la macchina solca le più famose strade e piazze della città. La loro "secondarietà" (una famiglia povera, un futuro difficile, un passato da superare, un presente solo da vivere) argina la famiglia nei meandri non conosciuti della città, Hell's Kitchen. Ed è con questa particolare coscienza sociale che Sheridan descrive meticolosamente i suoi eroi. Eroi, infatti, poiché, pur evidenziando la marginalità della micro-società dell'inferno newyorchese, la famiglia irlandese spicca da protagonista, da prima donna, all'interno della narrazione. Essi viaggiano con una familiare sporca e vecchia tra le strade della Grande Mela, come fluttuanti sul rosso tappeto di un gran gala, e la città rivela a loro, solo a loro, tutta la sua luce.

La "secondarietà" di cui prima si è parlato evidenzia quanto poco di ufficialmente statunitense si affianchi alla storia. Il desiderio di spiccare all'interno di una società tanto cosmopolita quanto razzista è ben presente nel personaggio di Johnny. L'esilarante sequenza in cui lo vediamo trascinare in mezzo alla strada, noncurante del traffico, esausto, un vecchio climatizzatore arrugginito per rinfrescare le torbide giornate delle bambine, conferma il suo desiderio di farsi vedere, di farsi notare, di rendere pubblica la sua missione…di offrire una vita decente alle sole due figlie rimaste. Tuttavia la perdita dell'unico figlio maschio per un padre non è una semplice sottigliezza da superare, soprattutto se le circostanze hanno il sapore aspro della disgrazia.

Mateo, l'uomo che urla, l'uomo che non deve essere disturbato, la creatura non compresa, rivela con prepotenza quasi devastante la sua importanza simbolica all'interno della pellicola. Egli abita nella medesima palazzina della famiglia irlandese. A differenza delle curiose bimbe che scorrazzano tra i detriti della casa dissestata in cerca di compagnia, egli si impone un'esclusione, un'eliminazione, un rifiuto reso esplicito da un grande avviso impresso, con pittura fresca da tela, sulla sua porta d'ingresso, che recita "Do Not Enter". Non entrate... Ma le bimbe entrano...

Mateo, l'uomo nero, l'uomo bruto, l'uomo cattivo è invece solamente un uomo malato. Malato come lo è la famiglia irlandese, alla quale manca l'integrità e la forza di prima. Egli conosce la verità, egli propone la verità, egli è la cura, il dono. E come tutti i rimedi, anch'egli deve essere scovato e rintracciato tra una valanga di immondizia. Inoltre, il nome Matteo, di derivazione ebraica, significa "Dono di Dio" (Matithyah. Matath: dono. Yah(hweh): Dio). Egli è stato donato alla famiglia con uno scopo ben preciso. Mateo viene abbracciato da tutta la comunità, eccetto che da Johnny, il quale sta ancora scavando nei meandri articolati e bui della sua mente. Tra le diverse e sfaccettate soluzioni che sta cercando (un po' come i diversi accenti inglesi che è capace di pronunciare), egli non vede Mateo, non vede l'amore per le sue figlie, non vede il successo professionale. Egli odia inizialmente Mateo perché geloso dell'affetto che la famiglia gli riserba. Ma Mateo non vuole distruggere, non vuole dividere, ma solo far vedere, rendere esplicito. Con i suoi quadri e le sue pitture egli dipinge le vie della felicità.

Quando, infatti, il compito di Mateo viene portato a termine, egli sparisce, spira, torna in cielo, portando con sé il nero ricordo di un'infanzia distrutta e di una vita in collasso. Mateo non ha una famiglia, non ha amici, sembra non esistere, sembra non vederlo nessuno…

L'interpretazione delle due bambine ha contribuito molto al successo del film. Ben dirette da Sheridan, le attrici hanno saputo dar corpo ed anima ai personaggi. Personaggi fondamentali e topici per comprendere l'organismo familiare. Quello che il regista ha voluto sottolineare, è la reciproca appartenenza fisica e mentale dei membri della tenera famiglia. Sembrano quasi compensarsi l'uno con l'altro. Ognuno vive e si completa attraverso l'altro. Ognuno ha la proprio importanza, il proprio ruolo e la propria funzione. Manca Frankie, quindi Mateo diventa necessario.

In America non parla dell'America, non si rivolge a favore o contro gli Stati Uniti, non tratta l'immigrazione contemporanea come tematiche d'attualità. In America narra di come la potenza rassicurante della famiglia, del cerchio, della ciclicità, del punto stabile, della colonna, una volta lacerata e sbrindellata, possa risorgere anche dalle ceneri dell'Inferno della Terra dei grandi sogni.

 


#01 FEFF 15

Il festival udinese premia il grandissimo Kim Dong-ho! Gelso d’Oro all’alfiere mondiale della cultura coreana e una programmazione di 60 titoli per puntare lo sguardo sul presente e sul futuro del nuovo cinema made in Asia...


Leggi tutto...


View Conference 2013

La più importante conferenza italiana dedicata all'animazione digitale ha aperto i bandi per partecipare a quattro diversi contest: View Award, View Social Contest, View Award Game e ItalianMix ...


Leggi tutto...


Milano - Zam Film Festival

Zam Film Festival: 22, 23 e 24 marzo, Milano, via Olgiati 12

Festival indipendente, di qualità e fortemente politico ...


Leggi tutto...


Ecologico International Film Festival

Festival del Cinema sul rapporto dell'uomo con l'ambiente e la società.

Nardò (LE), dal 18 al 24 agosto 2013


Leggi tutto...


Bellaria Film Festival 2013

La scadenza dei bandi è prorogata al 7 aprile 2013 ...


Leggi tutto...


Rivista telematica a diffusione gratuita registrata al Tribunale di Torino n.5094 del 31/12/1997.
I testi di Effettonotte online sono proprietà della rivista e non possono essere utilizzati interamente o in parte senza autorizzazione.
©1997-2009 Effettonotte online.