Non è un paese per vecchi PDF 
Andrea Sgaravato   

Gli spettatori escono dalla sala spiazzati, non sanno definire quello che hanno appena visto. Perchè? Perchè Non è un paese per vecchi è a tutti gli effetti un film Western. Western non nella concezione classica del termine, e nemmeno in quella che il mitico Sergio Leone ci ha illustrato con i suoi spaghetti western, ma in una concezione che va contestualizzata al cinema contemporaneo. Il film contiene tutti gli stereotipi del genere: il deserto selvaggio, luogo di morte e allo stesso tempo di immenso guadagno; i cavalli; i cappelli dei cowboy; gli sceriffi stanchi e inutili; il messico come terra di salvezza; la quasi totale mancanza di una storia di amore; e infine, il più importante di tutti, la presenza di tre protagonisti che sono in tutto e per tutto la trasposizione ai giorni nostri degli eroi del western, soli, erranti, stanchi e con addosso la consapevolezza del proprio destino. Questi tre personaggi sembrano compensarsi a vicenda.

Lo sceriffo Bell (Tommy Lee Jones) è un uomo vecchio e stanco, buono solo a sputare sentenze sul mondo e sull'umanità, ma completamente incapace di fare realmente il suo lavoro: salvare la vita dei suoi cittadini. Bell è un osservatore esterno della contemporaneità, inadatto a contrastare l'inevitabile travolgere dei tempi che corrono. Quello che vede "non è un paese per lui". Llewelyn Moss (Josh Brolin) è un cacciatore che diventa a sua volta preda di un feroce killer psicopatico. Moss sa quello che fa e quello che vuole, è il contrario di Bell, e agisce sempre con accurata minuzia, senza lasciare nulla per scontato, riuscendo addirittura a competere con chi gli da la caccia, con il suo predatore. E' l'ultimo eroe in un tempo di anti-eroi. Moss è l'unico che decide il suo destino, l'unico che vive e che lotta veramente. Il killer infine è l'angelo della morte del film, chi lo vede non resta mai vivo. Proprio come la personificazione di Bergman in Il settimo sigillo, Chigurh appare magicamente e gioca con le sue future vittime. Ma al contrario di Bergman, i fratelli Coen non permettono alle vittime di contrastare la morte con le proprie forze e le proprie capacità, ma affidano questo compito a una moneta e al destino. Nonostante sia la morte, Chighrh non è invincibile, è fatto di carne e può essere vittima di incidenti proprio come tutti gli altri.

L'ambivalenza fantasma-morte/uomo è evidente anche nel contrasto tra la totale mancanza di ironia e la buffa capigliatura del personaggio. I fratelli Coen giocano incrociando la vita di questi tre personaggi intorno a due grandi ellissi narrative, la prima è lo scambio di droga finito male, la seconda è invece l'assasinio di Moss. Giunti all'apice della violenza il film difatti si interrompe improvvisamente, come se mancassero dei fotogrammi. Moss sta aspettando armato di fucile chi gli sta dando la caccia, dialoga con una donna incontrata per caso. Dissolvenza. Schermo nero per alcuni secondi. Subito dopo l'assassinio di Moss è avvenuto, la strage è fatta, il destino è compiuto. Da qui in poi la pellicola prende una direzione inaspettata e si calma, la violenza scompare, tutto sembra riprendere il proprio ordine. Ed proprio in questo momento che i Coen si riprendono gioco dello spettatore. L'angelo della morte/Chigurh riappare per completare la sua opera, per chiudere il cerchio, per giocare ancora una volta con la sua vittima. Anche qui la scena viene omessa, ma in una sola straordinaria inquadratura, con un piccolo gesto, i due registi riescono a far capire cosa è successo, riuscendo a rendere univoco ciò che non è stato filmato, una cosa che in pochi sanno fare. In queste piccole omissioni si nasconde l'anima più intima del film. Se in quei fotogrammi neri, in quegli attimi di buio cinematografico, l'immaginazione prende il sopravvento, allora vuol dire che forse siamo ancora in grado di accendere un fuoco che faccia risplendere anche solo un pezzo di questo nostro mondo, in cui "nessuno dice più 'grazie' e 'mi dispiace' ".

 


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