Progetto Docusound: narrare storie con il suono PDF 
Tiziano Colombi   

Alla base del nostro mestiere c'è l'ascolto: in un'epoca iper-visiva, che vuole vedere tutto, torniamo al suono per recuperare la sostanza. Questo il primo punto del manifesto stilato da Docusound (www.docusound.it), avventura nata dalla collaborazione tra Matteo Bellizzi (regista), Fabrizia Galvagno (produttrice), Andrea Vaccari (direttore della fotografia), già animatori dell’esperienza Doc In Progress (www.docinprogress.com), e l’UICI Unione Italiana Ciechi ed Ipovedenti (www.uiciechi.it), ente morale che rappresenta e tutela gli interessi morali e materiali dei non vedenti. Parliamo dunque del progetto con due fra i principali responsabili.


FABRIZIA GALVAGNO (produttrice Docusound) ...

Quando nasce il progetto Docusound?
Il progetto nasce nel 2009. Il primo passo è stato quello di attivare un contatto con l’Unione Italiana Ciechi. Cercavamo qualcuno in grado di spiegarci come si fa ad ascoltare la realtà senza vederla. Quando sei in grado di vedere finisci per ascoltare le cose che guardi, e noi volevamo superare questo approccio. Con loro abbiamo fatto un vero e proprio percorso di rieducazione all’ascolto. Quello che l’UICI trovava interessante di Docusound era la possibilità per i non vedenti di divenire autori loro stessi, non più solo fruitori.

Come si costruisce un audio-documentario?
L’approccio è quello del lavoro per la creazione di un documentario in video. L’autore deve conoscere a fondo la storia che vuole raccontare. Vogliamo proporre prodotti di buon livello, sia tecnico che narrativo. Quindi molto lavoro di scrittura e molta cura nella scelta delle scene da “girare”. Fondamentale è la presenza di un montatore esterno. Per quanto possibile evitiamo di far lavorare gli autori da soli. Nonostante le risorse siano minime, crediamo sia fondamentale lavorare in gruppo, con delle vere e proprie troupe, anche se ridottissime. L’audio-documentario è un prodotto complesso per quanto possa risultare intuitivamente più scarno di un film vero e proprio. Certo ha il vantaggio di poter ridurre all’essenziale la dotazione tecnica, ma l’assenza delle immagini rende necessario un lavoro attento sul racconto. Costruire una narrazione senza immagini non è semplice, da qui derivano le lunghe sessioni in sala di montaggio.

Avete guardato a realtà già esistenti?
La nostra principale ispirazione arriva dall’esperienza francese di Artè Radio, che vanta un produzione enorme ben suddivisa per tematiche e con una qualità elevatissima. Poi molto si trova in lingua inglese, la BBC ha sempre lavorato sulla radio. Negli Usa esiste un programma chiamato This American Life, in onda sulla radio pubblica, che racconta storie quotidianamente. In Italia purtroppo siamo molto indietro.

In un panorama poco dinamico come quello italiano come vi state muovendo?
Lo scopo di Docusound è quello di fare rete con quanti in Italia si occupano di audio-documentario, soprattutto con chi lo fa da più tempo. Vorremmo costruire un gruppo di persone che fanno radio-documentario e possibilmente un ampio pubblico in grado di apprezzare questi prodotti. Per fare ciò però dobbiamo collaborare con associazioni, istituzioni e quanti abbiamo voglia di raccontare una storia. Da soli non riusciremmo a produrre abbastanza materiale. A Roma ci sono i ragazzi di Audiodoc che lavorano sia con la radio sia veicolando l’audio-documentario in modi non canonici, con serate dal vivo che diventano vere e proprie performance. Quest’anno abbiamo attivato dei brevi laboratori di formazione e contiamo di ampliare questa attività proponendo workshop avanzati il cui obiettivo finale sarà quello di registrare un audio-documentario completo.

In questo senso quindi il web è fondamentale...
Il nostro modello è quello dello streaming e del podcast gratuiti scaricabili o ascoltabili dal nostro sito (realizzato con modalità di accesso per non vedenti). Poi, per ogni singolo prodotto, cerchiamo una strada adatta e specifica per la distribuzione. Il nostro primo documentario Per voce sola, realizzato dal regista Matteo Bellizzi in collaborazione con lo scrittore Fabio Geda, è passato su Radio3 nella trasmissione Il Cantiere e, successivamente, è stato distribuito nella librerie con il racconto dello stesso Geda, intitolato La bellezza nonostante, edito per i tipi di Transeuropa. Sul sito, inoltre, si trova una sezione dedicata a quanti volessero proporci una storia. La crescita del pubblico è piccola ma in costante ascesa. Siamo anche su iTunes.

Dal punto di vista del mercato, quali sono i possibili sbocchi?
In Italia non esiste un vero e proprio mercato. Attualmente la radio pubblica non è in grado di finanziare la produzione di un audio-documentario. Potrebbe, in teoria, se interessata, finanziarne una minima parte, ma difficilmente lo fa. Gli autori devono trovare il modo di pagarsi in proprio il progetto, sapendo che sarà anche difficile riuscire a vendere il prodotto finito.

Conta la voglia di raccontare dunque?
Quello che più ci preme è riuscire a proporre uscite regolari sul sito. Qualcosa come un magazine mensile che racconti storie. La radio in Italia è un mezzo ancora molto apprezzato, ma la fruizione rimane legata ai brani musicali, alle news e in generale ai programmi di intrattenimento commerciale. Tuttavia, quando si riesce a proporre qualcosa di diverso come l’audio-documentario, spesso l’apprezzamento che si registra è alto. Il pubblico, se incontra le nostre storie, rimane piacevolmente colpito. Servirebbe un poco di attenzione in più, all’estero è già così, ci sono una tradizione e una consuetudine maggiori rispetto a questo tipo di esperienza.

I prodotti Docusound possono avere una valenza sociale?
Un altro aspetto sul quale vorremmo puntare è l’utilità dei documentari. Produrre cose in grado, ad esempio, di essere utilizzati dalle associazioni come mezzi di sensibilizzazione. Questo implica un attento lavoro sulla selezione del pubblico al quale proporlo. Siamo all’inizio, ma con un approccio molto aperto: contiamo sull’arrivo di nuovi autori grazie ai quali speriamo di poter crescere.


 ... e FEDERICO BORGNA (Presidente Consiglio Regionale UICI)

Qual è stato l’aspetto fondante della collaborazione tra UICI e Docusound?
La vista è un senso in grado di determinare un pregiudizio. Basare il proprio giudizio solo su ciò che si vede non è un approccio “laico”. L’udito, al contrario, ha bisogno di tempo, è un senso più riflessivo. Questo è l’aspetto principale che abbiamo cercato di trasmettere ai ragazzi di Docusound.

Vi ritenete soddisfatti del lavoro  svolto fino ad ora?
Il lavoro svolto fino a questo momento mi pare buono. Certo rimangono ancora pochi i prodotti creati da soggetti non vedenti. Tuttavia speriamo, con il tempo, di coinvolgere un numero sempre più elevato di persone. Il mio auspicio è che gli audio-documentari diventino un mezzo di comunicazione comune e familiare per i non vedenti. L’altro aspetto fondamentale è che lavorare con questa tecnica permette di eliminare le barriere tra vedenti e non vedenti.

Quale rapporto esiste tra il cinema e i non vedenti?
I non vedenti apprezzano molto il cinema. Andiamo in sala accompagnati da una persona che ci racconta le parti visuali. Un film può essere pensato e vissuto come una traccia audio corredata da immagini. Se si pensa, ad esempio, a un film horror senza la traccia audio, è facile che le sole immagini risultino meno efficaci, se non addirittura comiche. Certo, esistono pellicole la cui fruizione, al contrario, diviene difficoltosa, soprattutto se puntano tutto sulla fotografia. In questo senso mi viene in mente Into The Wild di Sean Penn.

Oltre alla sala cinematografica esisto altri modi per avvicinarsi al cinema?
Un altro modo per fruire il cinema per i non vedenti è il nostro archivio di film commentati. Un servizio apprezzato che l’UICI offre da tempo.

Dunque il cinema può essere un’esperienza socialmente formativa?
Lo spirito che guida la collaborazione tra UICI e Docusound è improtanto sull’abbattimento delle barriere. Non si tratta di puro intrattenimento. Puntiamo ad una reale e viva collaborazione tra vedenti e non vedenti, in grado di educare e stimolare la conoscenza reciproca. È finita l’epoca in cui i ciechi stanno con i ciechi. Partire da un aspetto ludico come può essere quello del cinema è un primo passo per introdurre temi complessi come quello del lavoro, ad esempio, e poi dell’integrazione sociale.

Avete trovato supporto da parte delle istituzioni?
Le istituzioni hanno mostrato un atteggiamento direi diversificato. Certamente da parte di tutti c’è stato un grande interesse, salvo poi non mostrarsi molto ricettivi quando si entrava nel campo dei finanziamenti. Al momento il progetto è sovvenzionato dalle fondazioni bancarie. Per i primi due anni abbiamo avuto l’appoggio della fondazione Crt. Quest’anno abbiamo presentato il progetto alla San Paolo, e siamo in attesa di riscontri. Certo l’obiettivo finale sarebbe quello di produrre un numero congruo di audio-documentari e provare a stare sul mercato in modo indipendente.

 


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