Delicatessen PDF 
Fabio Fulfaro   

Delicatessen è il felice connubbio di due gemelli diversi, uno, Jean-Pierre Jeunet, classe 1953, proveniente dal mondo della pubblicità e del videoclip, l'altro, Marc Caro, classe 1956, proveniente dal mondo del fumetto. Il film rappresenta il loro primo lungometraggio, dopo un serie di successi nel mondo del corto (L'evasion, Le Menage e Pas repos pour Billy Brakko, questi ultimi due vincitori del premio Cesar come migliore cortometraggio, rispettivamente nel 1981 e nel 1984), e quando uscì, nel 1991, venne accolto con grande favore da critica e pubblico, grazie soprattutto all'originalità della messa in scena e alla sua corrosiva vena grottesca. Il plot è lineare: in una Francia post atomica degli anni Cinquanta, modello Interceptor di George Miller, è in atto uno scontro tra vegetariani (i cosidetti Trogloditi che vivono nelle fogne) e cannibali, rappresentati dagli inquilini di un fatiscente condominio capeggiati dal sordido macellaio Clapet, che fa a fette viandanti e anziani per poi rivenderne la carne per chicchi di mais e altri legumi. Un povero clown disoccupato, Louison, un misto di Charlot, Buster Keaton, monsieur Hulot e Jean-Paul Belmondo, cerca un alloggio proprio nel condominio carnivoro, in cambio di lavoretti di manutenzione. Riuscirà l'amore della giovane violoncellista Julie, figlia del macellaio, a salvarlo dall'accetta diabolica?

Il tocco di Jeunet è riconoscibile fin dai geniali titoli di testa, con un lungo piano sequenza che associa i credits ad immagini appropriate (come nel precedente corto del 1989, Foutaises),  e tutto il film si sviluppa proprio su questo brillante tentativo di usare le strutture della grammatica filmica per creare un'atmosfera. Prima di tutto la fotografia virata in seppia, che crea un effetto cartolina d'epoca, poi ripresa anche nei successivi film di Jeunet: l'operazione è cercare di fare quello che Terry Gilliam ha fatto in Brazil e ne Il Barone di Munchausen, ma con altri mezzi espressivi, creare un medioevo futurista in cui sembra di sfogliare un vecchio album di fotografie immersi in una condizione di completa alienazione rispetto ad un mondo instupidito dall'insensibilità e dalla volgarità. Su tutti i personaggi di Jeunet, d'altronde, è inscritta una sorta di inadeguatezza rispetto alla società, che tende a rifiutarli e a catalogarli come diversi. Il pagliaccio Louison (interpretato dalla faccia di gomma di Braccio di Ferro-Dominique Pinon, attore feticcio di Jeunet) è il fratello minore (e minorato) di Amélie (Il favoloso mondo di Amélie), di Mathilde (Una lunga domenica di passioni) e di Bazil (L'esplosivo piano di Bazil). Questi personaggi, con un grado di consapevolezza che crescerà nel tempo, sono tra i pochi superstiti che credono ancora nei sogni, anche quando la realtà sembra negare loro la speranza, e non si arrendono all'evidenza di un mondo imbruttito dall'avidità e dal cinismo. Louison è ancora un personaggio da fumetto nel suo bozzolo di seta, quando arriva nel condominio dell'orrore non si rende conto che la sua anima d'artista (stupenda la scena della creazione delle bolle di fumo davanti ai due monelli chapliniani) e la sua timidezza (la scena del tè a casa di Julie è direttamente importata dal Frankenstein Junior di Mel Brooks) possono accelerare il suo destino di cotoletta impanata. Destino che ha già raggiunto la sua compagna di numeri da circo, la scimmietta Livingstone, cannibalizzata da selvaggi che non sanno che farsene del suo talento artistico.

Jeunet e Caro si dimostrano poi molto abili nello scegliere un montaggio sincronizzato ai suoni della vita, che crea un effetto comico esponenziale: la scena dell'amplesso tra il macellaio e l'amante perde tutta la sua volgarità e si trasforma in un concerto di rumori di varia provienenza che aumentano gradualmente l'irresistibile ritmo fino all'acme finale (in Amélie la scena verrà riproposta in maniera più esplicita nella successione degli orgasmi). O, ancora, quando Louison entra nella camera dell'amante del macellaio per aggiustare le molle del letto cigolante, la musica proveniente dalla televisione innesca una grottesca danza a due che non ha niente a che vedere con la seduzione, ma richiama l'innocenza del gioco infantile, la disarmante e malinconica ingenuità del clown. Dicevamo dell'importante contributo di “Troglofox” Marc Caro ai primi due lungometraggi di Jeunet: e in effetti, confrontando Delicatessen con Il favoloso mondo di Amélie e Una lunga domenica di passioni, ci si accorge immediatamente che l'istanza sarcastica e politicamente scorretta degli esordi ha lasciato il posto ad uno sguardo più benevolo verso la vita, a un tentativo di non scontentare il pubblico proponendo delle storie con un lieto fine.  Anche se, a onor del vero, le istanze sociali, lo sguardo su una umanità allo stato terminale, le rivendicazioni su base etica, la lotta per la sopravvivenza di Delicatessen e La città perduta vengono in parte ripresi proprio nell'ultima prova di Jeunet, L'esplosivo piano di Bazil, colpevolmente distribuito in Italia dopo più di un anno dalla sua uscita in Francia.

Jeunet e Caro, in Delicattesen, dimostrano poi un'attenzione maniacale nella cura del particolare e dell'ambientazione: guardate le stampe appese alle pareti, i caratteri delle scritte, le auto e le moto utilizzate, il vestiario, le musiche in sottofondo. Tutto contribuisce a proiettare lo spettatore in una Francia dal passato mitico che contrasta con un presente di guerra permanente, di lotta per la sopravvivenza, di rovine post belliche. Stessa certosina cura è rinvenibile nel disegno dei personaggi di contorno che, quasi a ricordare la dualità registica, sono spesso a coppie: i due monelli feticisti, i due fratelli che costruiscono giochi sonori, la moglie depressa (e i suoi ingegnosissimi quanto sfortunati tentativi di suicidio) e il marito placidamente indifferente, il padre dei due monelli (che ripara un profilattico guarda caso proprio con due buchi) e la suocera oligofrenica data in pasto al terribile macellaio, il macellaio sordido e l'amante opportunista che cede il suo corpo abbondante per sopravvivere. Sembrano proprio dei personaggi presi dai fumetti, con un sottofondo acido che li riduce a figure patetiche e senza alcuna possibilità di redenzione. Anche alcuni oggetti sembrano tirati fuori da certe comic strips: il coltello fallico “australiano” che ritorna sempre in mano al padrone, la macchinina da caffè trasformata in radiotrasmettitore, il rilevatore di stronzate che non smette più di suonare, le tute dei trogloditi che sembrano quelle di archeologi sommozzatori.

Il quadro dell'umanità rappresentata da Jeunet e Caro in Delicatessen è assolutamente a tinte fosche, cupo, totalmente nichilista. Homo homini lupus: ci si divora a vicenda, ci si prostituisce per un po' di filetto, si baratta la nonna per due mesi di affitto, ci si instupidisce davanti alla televisione che ipnotizza con musichette e balletti retrò. Gli unici due personaggi che sembrano elevarsi da questa terra desolata sono la coppia di poeti-musicisti, Louison e Julie, che provano a ritagliarsi un sogno a due per violoncello e sega, incuranti della sordità delle persone che li circondano. Ed è davvero paradossale che mentre Louison sta per essere fatto a pezzi sui tetti dalla mannaia del macellaio, le immagini festose del suo numero da circo con la scimmietta Livingstone scorrono disturbate da intermittenze di una realtà pesantemente insostenibile.

Dopo soli due lungometraggi, tuttavia, i gemelli diversi Jeunet e Caro si separeranno, il primo raggiungerà il grande pubblico con il quarto capitolo della saga di Alien e soprattutto con la favola di Amélie, il secondo tornerà ai suoi fumetti e alla grafica 3D, con un'incursione nel cinema nel 2008 con il fallimentare Dante 01. Il loro Delicatessen, comunque, rimane un'opera prima convincente e originale, cinica e romantica, comica e orrorifica, unica proprio per le ambivalenze e le contraddizioni che la caratterizzano. E se i due monelli ritornassero insieme? Forse questo è un lavoro per l'australiano!

TITOLO ORIGINALE: Delicatessen; REGIA: Marc Caro, Jean-Pierre Jeunet; SCENEGGIATURA: Gilles Adrien, Marc Caro, Jean-Pierre Jeunet; FOTOGRAFIA: Darius Khondji; MONTAGGIO: Hervé Schneid; MUSICA: Carlos D'Alessio; PRODUZIONE: Francia; ANNO: 1991; DURATA: 99 min.

 


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