Il cartaio di Dario Argento: del piacere di essere spettatori PDF 
di Mauro Brondi   

Il cinema di Dario Argento, come in generale tutto l'horror-thriller, si trova sempre costretto a gestire un rapporto particolarmente impegnativo con lo spettatore. Suspense o sorpresa, qualunque sia l'opzione scelta del regista, necessitano di una precisa composizione, in fase di sceneggiatura e in fase di ripresa. La ricetta è antica, conosciuta e sempre efficace: è necessario un sapiente dosaggio degli ingredienti, affinché lo spettatore partecipi al film, sentendosi attratto; ma è anche un gioco delicato di saperi, di detti e non detti (o meglio, di visti e non visti), gioco sempre in mano al regista che deve essere abile nel saperlo condurre.


Ne Il cartaio (aldilà di tutte le pecche che la critica sta abbondantemente evidenziando) troviamo una sequenza particolarmente significativa che svela uno dei possibili "jolly" in mano al regista, carta che Argento sa giocare particolarmente bene in questa mano-sequenza.

Si tratta della terza sfida fra il cartaio e la polizia. Dopo la prima sfida non giocata, con conseguente uccisione della ragazza, e dopo la seconda sfortunata partita, Anna Mari (una "fredda" e brava Stefania Rocca) e il suo collaboratore John Brennan (Liam Cunningham) scovano Remo, un giocatore particolarmente abile e brillante conosciuto nei circoli del videopoker per la sua fortuna esagerata. Remo viene così assoldato dalla polizia per giocare dalla loro parte e sfidare il cartaio. Condotto Remo in ufficio si attende l'inizio della sfida, sottolineata dall'orologio che puntualmente compare prima di ogni partita e che qui apre la sequenza. Ma è bene precisare quali sono, a questo punto del film, le aspettative: siamo al quarantesimo minuto circa e lo spettatore attende una svolta. Fino a questo momento il cartaio ha sempre vinto con facilità, ora ci si aspetta una vittoria di Remo (che significherebbe salvezza della vittima sequestrata), o almeno una sfida "all'ultimo sangue".

 

 

La partita inizia con la consueta schermata del tavolo da gioco, già visto in precedenza: le dieci carte coperte (5 nella parte superiore del quadro, 5 in quella inferiore), le sigle che distinguono i giocatori (polizia e jolly), e la finestra che visualizza in primo piano il volto imbavagliato della vittima. Ma Remo, alla visione della schermata inizia a vacillare: questo non è il solito videopoker! Anna Mari dà avvio alla partita e le carte in mano a Remo risultano essere estremamente sfortunate: "Queste carte fanno schifo". Continua l'indecisione di Remo, non sa quali carte cambiare, ma ancora di più si avverte la tensione che il giocatore sta provando in una situazione completamente diversa rispetto alle sue abitudini. Il primo piano della vittima imbavagliata e spaventata, montata in controcampo rispetto al gruppo della polizia nel cui centro spicca Remo, aumenta la tensione. La Mari riesce a convincere il ragazzo e il dettaglio sulla mano di Remo che impugna il mouse riapre le speranze. La doppia coppia ottenuta, infatti, conferma le aspettative: il ragazzo è fortunato, forse riuscirà a vincere la mano. Le carte del cartaio all'opposto non vanno oltre la coppia di 10 e la polizia esulta. Anna Mari bacia e abbraccia Remo e per la prima volta si avverte un clima di ottimismo.

Ed è a questo punto che Dario Argento gioca la sua carta, potremmo dire il "jolly". Alla schermata automatica del gioco che attribuisce il punto al vincitore della mano segue un primissimo piano (sgranato) del volto della vittima. E' una sorta di ingrandimento dell'area dello schermo, che indica immediatamente una situazione anomala e nuova rispetto alla precedente. E l'immagine che segue, non solo conferma questo carattere di novità, ma ribalta anche una serie di sguardi, saperi, prospettive costruiti fino ad allora: si tratta dell'immagine in dettaglio dei polsi della vittima che sta cercando di liberarsi. Questa inquadratura, effettuata all'interno dello spazio del cartaio, fino ad allora spazio ritenuto inviolabile, è diretta nello specifico a sconvolgere e a chiamare in causa lo spettatore a cui viene dato, per un attimo, un sapere decisamente più ampio rispetto ai protagonisti del film. La polizia, infatti, non può vedere il particolare, quindi non può sapere, e il cartaio sembra non accorgersi di ciò che sta succedendo lì vicino a lui: quell'inquadratura è uno sguardo del regista per lo spettatore, non ha altri scopi se non quello di stabilire un rapporto diretto e speciale, esclusivo, del regista rispetto al suo spettatore. Accompagna l'immagine un suono elettronico forte (le musiche sono di Simonetti), che spezza in modo deciso il clima di tensione silenziosa presente nell'ufficio di polizia. La nota bassa si trasforma in una sorta di eco elettronica sospesa che fungerà da accompagnamento sonoro per alcune parti seguenti della stessa sequenza.

 

Ma questa inquadratura è particolarmente significativa perché si carica di una serie di emozioni che lo spettatore inizia a vivere. Questo sapere porta, infatti, a una serie di rapide considerazioni: la ragazza si sta liberando, il cartaio forse innervosito e concentrato per la partita non si accorgerà di nulla, forse la ragazza riuscirà a salvarsi. Ma questa mossa può anche essere non del tutto positiva, e nel film l'inquadratura si carica, infatti, di una certa angoscia per un evento che lo spettatore vive come un imprevisto, forse negativo: la ragazza non sa che la polizia ora si sta avvalendo di un giocatore fortunato e che sta vincendo contro il cartaio: forse sarebbe stato meglio aspettare, sperare nella buona sorte e nella "sportività" del serial killer. Raramente al cinema abbiamo sofferto per una vittima che sta per raggiungere la libertà. Dario Argento è riuscito anche in questo. Nel nostro intimo sappiamo che una ragazza sola, indebolita e scioccata, non può avere molte speranze di sfuggire ad un uomo armato, sebbene distratto. Forse Remo invece sarebbe riuscito a vincere e a salvarla. Tutti questi pensieri-emozione avvengono nell'arco di 11 inquadrature in cui lo spettatore vede e prevede una svolta, anticipando i protagonisti del film.

Al dettaglio sui polsi (1) seguono infatti: (2) primissimo piano (sgranato) della ragazza imbavagliata (l'ingrandimento dello schermo); (3) dettaglio su una mano (che capiamo dover essere quella del cartaio) che digita sulla tastiera con guanti di pelle, (4) dettaglio sul polso ancora legato della ragazza; (5) inquadratura dello schermo del gioco, ingrandito, in cui si vede la ragazza; (6) dettaglio sul polso della ragazza che riesce a liberare un braccio; (7) primissimo piano (sgranato) della ragazza imbavagliata; (8) dettaglio sul coltello del cartaio vicino alla tastiera; (9) movimento verso destra e dettaglio sui polsi della ragazza che cerca di liberare l'altro braccio; (10) primissimo piano (sgranato) della ragazza imbavagliata; (11) dettaglio sui polsi della ragazza che riesce a liberare anche l'altro braccio e movimento verso l'alto (la ragazza porta le mani al viso per togliersi il nastro dalla bocca).

 

A questo punto è la Mari ad accorgersi di qualcosa: "Guardate la ragazza", e i saperi tornano lentamente alla pari. E' il solo cartaio a non essersi ancora accorto di nulla e lo spettatore si trova a condividere con la polizia la speranza che il killer resti al computer. Il primo piano della ragazza senza bavaglio che guarda in camera chiude questa fase per aprirne una nuova immediatamente successiva. La ragazza, infatti, si alza di scatto e scontra la webcam (che vediamo cadere a terra) che diventa l'unico occhio (o quasi) in grado di mostrare lo spazio dove opera il cartaio. Argento concede solo due eccezioni: due inquadrature strette sulla webcam, necessaria per far aderire meglio lo sguardo a quell'occhio elettronico, e un dettaglio sul coltello del cartaio – l'inquadratura che precedentemente avevamo numerato come (8) – coltello che viene recuperato per uccidere la ragazza. Il resto della scena è un gioco di sguardi fra la polizia che guarda e la visualizzazione (sgranata perché proveniente dalla webcam) dello scontro cartaio-ragazza, con delitto che avviene fuori campo. Lo spettatore è tornato a subire la violenza del film: passivo come la Mari davanti allo schermo. La sequenza si chiude con l'abbraccio sconsolato fra la Mari e Remo.

Suspense e sorpresa vengono a sfiorarsi, come spesso avviene nel cinema argentiano: lo spettatore sa qualcosa in più, inaspettatamente. Il sapere non significa poter gestire la situazione, ma subire con più emozione il farsi degli eventi. Senza quelle 11 inquadrature la scena sarebbe stata comunque valida, ma certamente meno efficace. L'essere catapultati in quello spazio inviolabile del killer ci fa per un attimo provare un brivido, brivido che deriva dalla visione di un dato che non potremmo conoscere, un fatto vietato che avviene all'interno di uno spazio a noi precluso e pericoloso. Bisogna ringraziare Argento per quelle 11 inquadrature: il bello di essere spettatori!

 


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