Mongol PDF 
Pietro Salvatori   

ImageGermania, Kazakistan, Mongolia e Russia. Questi i paesi che si ritrovano sotto la dicitura “produzione” di Mongol, il dramma storico di Sergei Bodrov che è riuscito ad arrivare sino alle pajettes della notte degli Oscar, candidato come miglior film straniero. Una co-produzione insolita per raccontare una storia altrettanto insolita, almeno per il cinema: quella di Temudzhin, giovane khan mongolo passato alla storia come il temibile Gengis, che assoggettò i popoli di mezza Asia. Fatto salvo per I mongoli, pellicola ormai antica con Jack Palance, la storia raccontata da Bodrov è un pò un unicum nel panorama cinematografico, sostenuta da uno sforzo produttivo controcorrente e del tutto interessante. Che quattro paesi “minori” dal punto di vista della produzione audiovisiva si mettano in rete per sostenere quello che, non a torto, si potrebbe definire kolossal storico non è cosa di tutti i giorni. Se poi si aggiunge il fatto che il blockbuster viene contaminato dalla peculiare sensibilità di un regista e di un cast tecnico/artistico di matrice russa e mongola si può bene intuire come l’operazione sia interessante.

Bodrov assembla un cast del tutto autoctono, muovendosi a cavallo tra Cina e Mongolia, e ricerca una certa fedeltà anche nella scelta delle locations. Decisioni che aiutano di certo il film a dare forza a quel taglio realistico che il regista persegue, pur delegando alla spettacolarizzazione di effetti speciali molto ben riusciti le scene di battaglia. Ma non si pensi che Mongol sia dominato dall’azione. Il plot dipinge gli anni dell’infanzia e della giovinezza del grande khan, fermandosi proprio quando l’unità dei mongoli si era appena realizzata e iniziava la grande avventura di conquista che rese leggendaria la sua figura agli occhi della storia. La pellicola è così incentrata sull’analisi introspettiva di un capo di poche parole, sul rapporto con la sua adorata moglie, Boshte, e con i due piccoli bambini. Le sequenze durante le quali vengono ben rappresentati i momenti di lotta sono funzionali sia a rilanciare il ritmo della pellicola, sia a fornire ulteriori elementi sul protagonista. Il film si dipana lungo il corso di almeno vent’anni, raccontando di imprese e di piccoli momenti quotidiani, nel tentativo di offrire uno sguardo a tutto tondo su Gengis Khan. Bodrov gira bene, attentamente e senza strafare, anche se pecca un po’ in fase di montaggio. Troppe ellissi, troppi angoli morti, troppi snodi non del tutto chiari e comprensibili. Errori nati dall’esigenza di tenere tutto insieme, di raccontare a 360° una storia non semplice, ma che indubbiamente la indeboliscono, facendo perdere fluidità e potenza evocativa al girato.

Mongol vale comunque una visione, perché, per qualità e appetibilità per il pubblico, potrebbe indicare una strada interessante per le produzioni euroasiatiche.


TITOLO ORIGINALE: Mongol; REGIA: Sergei Bodrov; SCENEGGIATURA: Arif Aliyev, Sergei Bodrov; FOTOGRAFIA: Rogier Stoffers, Sergei Trofimov; MONTAGGIO: Valdis Oskarsdottir, Zach Staenberg; MUSICA: Tuomas Kantelinen; PRODUZIONE: Germania/Kazakistan/Mongolia/Russia; ANNO: 2007; DURATA: 125 min.

 


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