Go: un film da dimenticare? PDF 
Mario Bucci   

Cercando tra i ricordi e gli stralci di critica costruiti attorno al secondo film diretto da Doug Liman, Go – Una notte da dimenticare (1999), non è stato possibile non pensare al nome di Quentin Tarantino e, in particolar modo, al suo più grande successo Pulp Fiction (1994), Palma d’Oro al Festival di Cannes. Primo punto di contatto, fra le due pellicole, è il montaggio. In entrambi, la scelta è di non seguire un filo narrativo unico, ma di sfruttare fino al limite la capacità dell’editing, ben distinguendo plot diversi che spesso si incrociano, si sfiorano e stimolano la capacità dello spettatore di ricostruire un senso temporale della storia. Non siamo certo di fronte all’invenzione del secolo, ovviamente, sia per quanto riguarda Tarantino sia per quanto concerne Liman, ma che il primo ne abbia fatto una specie di dogma degli anni Novanta è innegabile, e che il secondo ne abbia seguito lo “stile” è un dato di fatto, così some la distanza di anni tra i due lavori.

Il secondo elemento che avvicina molto i due lavori, strettamente legato al primo, è la coralità del progetto. Scegliendo di seguire tre storie diverse, quella di Ronna, improvvisata spacciatrice di ecstasy, quella di Simon, in viaggio con gli amici a Las Vegas, e quella dei due attori omosessuali Zack e Adam, ricattati da un poliziotto, si raggiunge appunto quella coralità partecipata che mette in evidenza la debolezza della storia (elemento fondante di una scrittura pulp) e si affida quasi interamente ai singoli caratteri dei protagonisti. Anche nella scelta degli attori c’è una sottile linea di congiunzione: Doug Liman si è affidato ad attori giovani (su tutti Sarah Polley nel ruolo di Ronna), che hanno però spinto il film verso un target troppo adolescenziale, mentre Tarantino, in una magistrale operazione vintage, ha ripescato attori scomparsi (John Travolta su tutti) che hanno accompagnato e sostenuto il suo progetto di valorizzazione del b-movie. Il terzo punto, anche questo abbastanza evidente, è il gusto per l’eccesso, che sfocia in una sorta di estetica del grottesco. A fare da ponte in questa direzione tra Go e Pulp Fiction, è per esempio la figura del poliziotto. In entrambi i lavori i tutori dell'ordine sono rappresentati sullo schermo con caratteri che vanno dal ridicolo (Liman) al grottesco (Tarantino), che nel loro intimo mostrano attitudini (anche sessuali) non comuni, e che sorprendono lo spettatore proprio perché abituato ad un’immagine cinematografica del poliziotto sempre coerente con il suo ruolo. Il fascino tutto sommato divertente di mettere in scena un rappresentante dell’autorità come se fosse un “pericoloso ed ambiguo” personaggio notturno, aggiunge ad entrambi i film un tocco di simpatia, sorta di ciliegina sulla torta di un impasto denso e zuccheroso.

Quarto punto: la colonna sonora. Tutti e due i film si affidano molto al commento musicale, con una speciale selezione che si differenzia solo per gusto. In Tarantino c’è una ricerca molto personale, mentre in Liman si avverte una necessità dettata dal mercato, che lo spinge a scegliere brani molto ascoltati. Quinto punto: il tono. Seduti su un’altalena emotiva, si oscilla dai toni della commedia a quelli pseudo-drammatici, in un percorso agrodolce che non affonda mai e che alla fine rende tutto volutamente leggero. Proprio su questo punto occorre però riflettere, sull’idea di partenza dei due registi: perché mentre in Pulp Fiction questo piacere per l’intrattenimento assurge a manifesto stesso del film (sin dal titolo), nel film di Liman si ha l’impressione che sia solo un “modus operandi”, e non una scelta coscienziosa e predeterminata. Forse proprio quest’ultimo punto può servire a tracciare una strada che metta in evidenza quelle che sono invece le differenze tra le due pellicole (e tra i due registi). La più concreta è quella dello stile: un grosso, lungo videoclip per Doug Liman, una esasperata eleganza formale per Tarantino. Nonostante i due registi scelgano, infatti, un linguaggio non del tutto convenzionale, quello di Tarantino mostra una capacità visiva solida, che raramente scende dal cavalletto, mentre quella di Liman si affida spesso alla camera a mano, all’uso del crane, e ad una immersione notturna fatta di luci e colori pop (non pulp) che con il passare degli anni può risultare datata. Se davvero si può “mettere in luce” una differenza tra i due registi, questa la si può rintracciare proprio nella direzione della fotografia, della quale Doug Liman si fa carico nel suo film, mentre Tarantino la delega al polacco Andrzej Sekuła (con lui anche nel precedente Le iene).

Ma Go – Una notte da dimenticare non fa sua la lezione del solo Tarantino, ma anche  quella, dagli effetti stupefacenti, di Trainspotting (1996) di Danny Boyle (il personaggio inglese di Simon e il fascino grottesco per le sostanze stupefacenti) e delle impossibili e rocambolesche vicissitudini di commedie notturne come Fuori Orario (1985) di Martin Scorsese o Tutto in una notte (1985) di John Landis. Mettendo dunque insieme Scorsese (nel suo film più sperimentale), Tarantino, Landis e Boyle, come ricordare questo film di Doug Liman? Solo se visto in età adolescenziale, e senza aver preso visione di tutti quelli appena elencati.

TITOLO ORIGINALE: Go; REGIA: Doug Liman; SCENEGGIATURA: John August; FOTOGRAFIA: Doug Liman; MONTAGGIO: Stephen Mirrione; MUSICA: BT; PRODUZIONE: USA; ANNO: 1999; DURATA: 100 min.

 


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