Faust PDF 
Aldo Spiniello   

Sokurov parte dal cielo, per terminare poco dopo su un livido cadavere dissezionato dal suo Faust alla ricerca dell’anima. È l’inizio del film Leone d’oro all’ultima Mostra di Venezia. In un colpo solo, ecco in campo gran parte dei temi possibili, concentrati in una figura centrale di tutta la cultura occidentale. L’alto e il basso, il celeste e il terreno, la carne e l’anima, l’imperscrutabilità dei misteri profondi dell’universo e l’ansia spasmodica della conoscenza, l’indifferenza al tempo dell’ultramondano e la corruzione profonda degli uomini e le cose. E su tutto un movimento. Certo un movimento digradante, che sembra raccontare in un batter d’occhio già la caduta del suo protagonista, umano troppo umano. Ma comunque un movimento, qualcosa che dice di un desiderio, di uno slancio, di una tensione, di un cambiamento e, quindi, una crisi.

Il movimento è vita e, non a caso, Sokurov ne compie uno che finisce (o forse inizia) con la morte. La visione della morte. Forse c’è un paradosso che si nasconde dietro tutto questo. Perché Sokurov conclude la sua tetralogia del potere con un personaggio che, per la prima volta, non è preso dalla storia, dalla realtà, ma dal mito. Un eroe letterario, un’idea dunque, un essere di carta, pensiero e parola. Eppure, questo Faust è la figura più vitale della serie, sinistramente vitale, al punto da opporsi nettamente alla "passività funerea" di Stalin, Lenin, Hirohito. È Sokurov a dirlo: "Hitler in Moloch trascina con sé molte vite alla non-esistenza, Lenin in Taurus si oppone alla non-esistenza, alla morte, Hirohito è invece simbolo di un'apertura alla vita". Ma, aggiungiamo noi, sebbene l’imperatore giapponese, protagonista de Il Sole, manifesti nello splendido finale il segno di un’apertura alla vita, è pur vero che per tutto il film Sokurov ce lo racconta come una specie di alieno, un uomo fuori dal mondo chiuso nel guscio dorato del suo splendido palazzo. Al contrario Faust è un personaggio animato (cartoon Faust?), posseduto da ossessioni che lo accompagnano e lo conducono oltre i ristretti confini della propria casa, in una ricerca perpetua dell’anima o, forse ancor più, della carne. Un maniaco, ma nel senso radicale del termine, da μαίνομαι, essere fuori di sé, quindi sempre oltre. In altre parole, il mito vive ben oltre la realtà. Nonostante appartenga all’ordine delle idee e sia sottratto alla congiura del tempo. O forse proprio perché è sempre dentro il tempo. È come se Sokurov affermasse una forma di superiorità della letteratura e, quindi, dell’arte sulla storia. Affermasse la forma, punto. Ma ciò non vale a eliminare l’intima e vertiginosa ambiguità del suo Faust, delle mille contraddizioni che si annidano nei risvolti del racconto e dell’immagine.

Perché resta il fatto che tutto, la storia, o meglio la Storia (Adamo ed Eva?), prende inizio da una caduta. E nel personaggio di Faust, Sokurov riconosce il predominio degli istinti e i desideri più carnali e terreni, che s’insinuano aldilà di tutte le pretese alte, delle ansie di conoscenza ed eternità. Per quanto possa innalzarsi, l’uomo è costretto a ripiombare a terra, a camminare sull’orlo dell’inferno, risucchiato dalla forza di gravità delle sue brame e meschinità, inchiodato all’inevitabilità dei suoi peccati. E davvero l’umanità che popola il mondo di Faust sembra destinata alla corruzione, rosa dall’interno, prima ancora che all’esterno, proprio come il cadavere su cui lo scienziato compie le sue vane e folli ricerche. È l’ansia del potere, si direbbe, a condannarla. E se il tentatore prende il nome di Moneylender, "usuraio", è chiaro dove può nascondersi il germe della corruzione. Al punto che la semplice offerta di denaro vale a lenire l’esibito dolore della madre di Gretchen, sconvolta per la morte del figlio. Che poi quel soldato violento e ubriacone sia stato ucciso proprio dall’usuraio o, forse, dal desiderio stesso di Faust, è un dettaglio morale. Ma la corruzione è anche, se non soprattutto, affare di sesso. E Faust, nonostante il filtro della forma, è attraversato da un erotismo palpabile, da una carnalità spinta, è abitato da donne dalle forme provocanti, vogliose e ammiccanti, come le lavandaie che si divertono davanti al pene, o meglio la coda, dell’usuraio. Un erotismo che sfocia nella blasfemia aperta, quando il diavolo "s’accoppia" con una statua della Madonna. Un erotismo da cui non sembra immune neanche Gretchen, nonostante ogni desiderio, suo e altrui, arrivi a sublimarsi nel suo volto botticelliano, illuminato dall’amore di Faust e dallo sguardo di un regista ancora capace di vedere e mostrare la bellezza.

È in questo gioco continuo di pulsioni e sentimenti che si riconosce tutta la vitalità di Faust, agitato e scosso da una vibrazione lenta, fluida e al tempo stesso invincibile, potente e contraddittoria, che passa nello spazio di un secondo dal grottesco e l’iconoclastia alla meraviglia e ai massimi sistemi. Un film denso di riferimenti visivi e pittorici, di riflessioni alte, di derive esistenziali e metafisiche, sfacciatamente sarcastico, ai limiti del comico, eppur intimamente teso verso una sfera altra, sacra o divina. Eppure, a conti fatti, essenzialmente un film di terra e fango, di sangue e corpi aperti, palpitanti e frementi, capaci delle cose più atroci, ma anche di amori senza freni. Ed è questa contraddizione costante il centro di tutto, il segreto che si ricompone nel flusso dell’esistenza. Se è davvero della tentazione che si sta parlando, forse è sempre alla vita che ci tenta il demonio che si nasconde nel profondo. Perciò Sokurov afferma "Faust è una figura viva, umana, perché nel suo destino c’è tutto quello che può accadere a un uomo nel corso della propria vita; di conseguenza, non mi interessa quell’interpretazione che vuole fare di lui una figura mitologica. Anche se non è un personaggio storico, lo trovo molto vicino agli altri protagonisti della mia tetralogia e per me rappresenta il cerchio che si chiude intorno alla vita dell’uomo, il quadrato. Qualunque sia il tuo destino". E questo dà il senso esatto della densità di un film che sembra arrivare al culmine di un intero percorso letterario (e nella caratterizzazione del personaggio, forse, c’è più Marlowe che Goethe, mentre nell’aria si respira la follia allegorica e sarcastica de Il maestro e Margherita di Bulgakov), musicale, pittorico. Ma soprattutto, sia chiaro, è come sempre con le immagine chi Sokurov si confronta e si esprime.

Il movimento di Faust è il movimento continuo del cinema, filmico, profilmico, fisico o ottico, e si tratta quasi di una rivoluzione rispetto ai film precedenti della tetralogia, sempre costretti in spazi conclusi. Il castello sulle Alpi, la casa di Lenin, le stanze del palazzo di Hiroito. Luoghi sospesi, come in Moloch, avvolti dalle nebbie dell’illusione favolistica della storia che non riesce a credere nell’assurda realtà della tragedia. O coperti da una sorta di alone verde, da una cappa esiziale che è già la morte al lavoro, come in Taurus. Oppure pesanti ed eleganti interni regali, in cui si consuma la cattività dell’imperatore, corpo fuori dal mondo, imbalsamato come un insetto, protetto nell’eternità asettica della sua divinità fin troppo corruttibile. Spazi museo, mondi sottovetro, sfere di neve, cui si contrappone l’errare senza freni di Faust. È vero, sempre di un errare si tratta. E giustamente si è notato come il costante assembramento dei corpi sembri raccontare di un’asfissia claustrofobica che toglie aria ai quadri. Ma resta il fatto che questa mobilità irrefrenabile e forse involontaria, spesso ai limiti del comico, di Faust si traduce in un incedere senza sosta dello sguardo di Sokurov, che attraversa e sostituisce gli spazi sempre aperti e permeabili del set, del cinema e del mondo, del desiderio. Forse proprio qui c’è il sentiero che porta a Murnau. Il tutto percorso da un movimento fluido e continuo che assomiglia, per miracolo, a un altro infinito piano sequenza, un’altra estenuante, magnifica Arca russa. Lo stesso dialogo incessante, ancor più che per i significati espliciti e impliciti, i testi e i sottotesti della parola, vale a creare un tappeto sonoro ininterrotto, una sorta di rumore di fondo, che accompagna questo cammino, questo infinito walkabout tra la terra, il cielo e l’inferno.

Faust
è l’affermazione definitiva di un cinema come costruzione assoluta e dominante, di un desiderio di pieno controllo, che moltiplica i sensi, i segni e i simboli, ma in un certo modo li lascia a lato, alla perversione esegetica dei farisei, perché pone se stesso, la profondità (o la superficialità) del proprio sguardo sopra tutto. Allora, in definitiva, il potere di cui parla Sokurov è intimamente connesso alla visione. È il potere dello sguardo che ammalia e ci rovina, il desiderio di abbracciare il visibile e l’invisibile,  come forma di conoscenza e quindi di dominio. Faust cerca l’anima, dissezionando un cadavere. Non la trova semplicemente perché non la vede. È da qui che parte la sua frustrazione e la sua tentazione. È la bellezza di Gretchen che lo fa innamorare. È da qui che partono tutte le promesse di piacere. E Sokurov accompagna questa tensione aprendo i volti alla luce e gli spazi all’obiettivo, ma ribadisce, al tempo stesso, il dramma dell’illusione ottica, di una vista precaria che si fonda pur sempre su un raccordo, uno stacco, un momento di buio. O su una premessa di prospettiva che poggia comunque nel fuori campo dell’invisibile (la soggettiva di Arca russa). Anche per questo le deformazioni del quadro sono essenziali. Raccontano del nostro sguardo sempre fuori fuoco, fuori asse. E non a caso nella versione di Goethe il diavolo rende cieco Faust. Gli nega il bene supremo, ma, in realtà, gli dà la possibilità di riconoscere la necessità dell’oscurità. L’unica premessa di ogni sguardo che si offre al mondo. Ciecamente.

 


#01 FEFF 15

Il festival udinese premia il grandissimo Kim Dong-ho! Gelso d’Oro all’alfiere mondiale della cultura coreana e una programmazione di 60 titoli per puntare lo sguardo sul presente e sul futuro del nuovo cinema made in Asia...


Leggi tutto...


View Conference 2013

La più importante conferenza italiana dedicata all'animazione digitale ha aperto i bandi per partecipare a quattro diversi contest: View Award, View Social Contest, View Award Game e ItalianMix ...


Leggi tutto...


Milano - Zam Film Festival

Zam Film Festival: 22, 23 e 24 marzo, Milano, via Olgiati 12

Festival indipendente, di qualità e fortemente politico ...


Leggi tutto...


Ecologico International Film Festival

Festival del Cinema sul rapporto dell'uomo con l'ambiente e la società.

Nardò (LE), dal 18 al 24 agosto 2013


Leggi tutto...


Bellaria Film Festival 2013

La scadenza dei bandi è prorogata al 7 aprile 2013 ...


Leggi tutto...


Rivista telematica a diffusione gratuita registrata al Tribunale di Torino n.5094 del 31/12/1997.
I testi di Effettonotte online sono proprietà della rivista e non possono essere utilizzati interamente o in parte senza autorizzazione.
©1997-2009 Effettonotte online.