John Milius PDF 
di Domiziano Pontone   

Quali sono i suoi rapporti con Michael Cimino?

Io non ho mai lavorato con Michael. È un amico, ma alla sceneggiatura di Magnum Force (Una "44 Magnum" per l'ispettore Callaghan) collaborammo a distanza, in due momenti separati. Non ci siamo incontrati per lo script di Magnum Force. Apprezzo un suo certo tipo di cinema, per esempio The Deer Hunter (Il cacciatore). Soprattutto nella parte iniziale, quella che si svolge negli Stati Uniti. Fa vedere l'uomo che lavora, quello della strada che suda. Mentre la seconda parte, tutto il suo discorso sul Vietnam, lo trovo un po' azzardato.

Perché scelse Conan?

Optai per Conan perché amo i personaggi storici, quelli che portano con sé il senso della Storia. Tuttora, se tornerò a girare, sarà per un altro Conan. Tutto questo perché i produttori vogliono qualche soggetto sicuro, che faccia botteghino: non gliene importa nulla del significato. Ora preferiscono finanziare film idioti come Lost in Space. È tutto assurdo. Quando ho iniziato era sicuramente più facile.

Qual è il suo rapporto con la musica?

L'autore con cui ho collaborato di più è Basil Poledouris. È bravissimo e poliedrico. Per esempio, per Conan creò una sorta di Carmina Burana ispirandosi a Carl Orff. Lavorava indifferentemente con l'orchestra e il sintetizzatore. Il mio modo di collaborare con Basil era simile a quello del grande Sergio Leone, che chiamava Ennio Morricone a suonare la musica durante le riprese, un metodo ottimo. Ma utilizzammo anche musica alternativa a quella composta apposta per il film. Per esempio, durante la lotta con la principessa ascoltammo Light my Fire dei The Doors per ispirarci.

Nei suoi film emerge sempre la forza della natura, specie tramite le foreste. Perché?

Prenda Red Dawn (Alba rossa): in quel film il tempo passa, si va dall'estate all'inverno, il clima varia ma tutto è indifferente, sino a che la natura stessa diviene un personaggio stesso della pellicola. Il paesaggio diventa così un elemento puro, intatto.

Quali sono i suoi rapporti con Terrence Malick?

Io e lui siamo grandi amici. Negli anni '70 eravamo soliti cacciarci nei guai insieme. Ritengo i suoi primi due film strepitosi (Badlands [La rabbia giovane] e Days of Heaven [I giorni del cielo]). Avrei dovuto collaborare a The Thin Red Line (La sottile linea rossa), ma alla fine il mio contributo si risolse in tutta una serie di indicazioni circa le scene di guerra, nelle quali sono più pratico di Terrence.

Le è piaciuto Apocalypse Now Redux?

Non sono molto contento. Quelle scene sono state finite male, Francis Ford Coppola le girò che era ormai drogatissimo. La scena delle ragazze è sbagliata. Esse sono delle sirene, non possono essere toccate. Anche quella della piantagione è troppa lunga e fuori misura. Invece ho apprezzato il reinserimento della caccia alla tavola da surf del colonnello Kilgore. Molto divertente.

Che pensa di Ronald Reagan?

Io sto con chi vuol vincere. Ora, per esempio, sto con Bush. Reagan, in realtà, non è stato fortissimo su certe posizioni. Come quando andò a Beirut. Non ebbe il polso necessario. Il mio presidente ideale è Eisenhower, ma, ahimè, è morto.

Come è giunto alla rottura con Hollywood?

Quando girai Red Dawn mi diedero del pazzo, del fascista e si scatenò contro di me una sorta di maccartismo al contrario. La scorrettezza politica è antiamericana. Prendete Coppola e Scorsese, anche loro sono registi rischiosi. Ora gli executives vogliono registi di MTV e di spot, che sappiano svolgere il compitino e che non abbiano una loro visione delle cose.

A che punto è il suo progetto su Conan?

Ho in mente di girare le altre due parti della trilogia in un solo film colossale: Conan the King (Conan il re). Sarebbe legato alle problematiche del regnare. Dopo il primo non continuai. Siccome non mi concederebbero due film, ne farei uno solo, ma lungo ed esaustivo, mettendo insieme la seconda e la terza parte.

Lei ama i "losers"?

Non so. Io amo chi procede per la propria strada. Non ci sono grandi eroi.

Per John Milius è più importante vincere o lottare?

La cosa fondamentale è vincere e credere in Dio. Non bisogna mollare mai, neanche di un centimetro. Non possono esservi altre possibilità aldilà della vittoria.

Lo sapeva che The Searchers (Sentieri selvaggi) in Italia viene trasmesso senza alcune scene giudicate troppo violente?

Molto interessante. Ma molto strano. John Ford aveva delle regole molto severe circa la violenza. Non era certo più violento di tanti altri. Forse in The Searchers si lasciò andare un pochino di più, ma è tutto ordinario. Se ci fate caso cerca di non mostrare mai il sangue.

Come giudica l'America? Come fa il suo presidente Roosevelt in The Wind and the Lion (Il vento e il leone)?

Proprio così. L'America è come un orso grizzly. Potrà essere rispettato e temuto, ma non verrà mai capito. Noi americani diamo troppe cose per scontate. Possiamo far danni e non ce ne accorgiamo. Circa il dialogo che scrissi per il personaggio di Roosevelt, ho una curiosità da raccontare: quando inaugurarono il monumento a Theodore Roosevelt mi chiesero il testo, pensando che fosse vero. Io ho fatto finta di nulla, ho mischiato i dati reali con la mia invenzione e glielo diedi. Pensai a una sonora strigliata e invece un giorno mi chiamarono per l'inaugurazione del monumento: il testo inciso era quello inventato da me. Fantastico.

Cosa ne pensa delle armi?

Sono d'accordo con William Burroughs, che sosteneva di aver paura di uno Stato in cui le armi sono solo in mano alla polizia e ai gangsters. Guardate l'Inghilterra... In quanto statunitense credo nella responsabilità individuale. Sono ovviamente favorevole alla vendita della armi. Non a caso sono parte della National Rifles Association.

Quando girò Red Dawn calò gli statunitensi nella parte degli indiani d'America?

No, non ho mai pensato ai nativi, ma piuttosto alla teoria della resistenza, in particolare a tutta una tradizione sovietica, ma anche europea in generale, legata alla consuetudine difensiva della seconda guerra mondiale. La guerra di territorio. Ora qualcuno vorrebbe farne un remake, ma con me non hanno ancora parlato.

Qual è la sua opinione su Warren Oates?

Rimane uno dei miei attori preferiti. Dopo averlo visto lavorare con Peckinpah, come in The Wild Bunch (Il mucchio selvaggio), lo chiesi per la mia prima regia, Dillinger. Divenimmo subito grandi amici e tali rimanemmo sino alla sua morte.
Quale fu l'apporto di Oliver Stone a Conan the Barbarian (Conan il barbaro)?
Scrisse alcune pagine ottime, ma anche lui era drogato sino ai capelli. Molte fasi dello script risultarono da riscrivere, era insensato. Un folle totale.

Come fu il suo rapporto con John Huston?

The Life and Time of Judge Roy Bean (L'uomo dai sette capestri) fu il mio primo script importante con Jeremiah Johnson (Corvo rosso non avrai il mio scalpo). Lui era tremendo, un vero torturatore, cambiava idea mille volte, mi teneva d'occhio, non mi mollava un attimo. Per intimorirmi mi intimava di far bene altrimenti avrebbe affidato la sceneggiatura alla sua dipendente Miss Hill. In realtà, una volta entrati in sintonia, mi lasciò lavorare e mi concesse la sua stima. Io, personalmente, penso che il personaggio di Roy Bean sarebbe stato perfetto se interpretato da Warren Oates. Per carità, non ho nulla contro Paul Newman, una vera icona, ma era troppo "pulito" per quel personaggio. Prendete un film Butch Cassidy and the Sundance Kid (Butch Cassidy): talora sembra Beverly Hills; avrebbe dovuto essere assai più duro. Almeno, io l'avrei girato così, al posto di George Roy Hill.

Lei cerca sempre luoghi diversi fra loro, ma ogni volta immersi nella natura. Si potrebbe definire un panteista?

La verità è che io riesco sempre a scegliere luoghi senza acqua. L'ideale sarebbe il sud della Francia, ma quello che voglio è sempre in posti estremi. Questo capita perché ritengo che il sale del mio cinema sia l'avventura.

Perché non scappa da Hollywood come ha fatto Brian De Palma?

Mi piacerebbe molto, anzi, moltissimo. Stare a Hollywood è un po' come stare in U.R.S.S. quando c'era Stalin.

Quali sono gli scrittori che l'hanno influenzata di più?

Sono molti, direi Hemingway, Faulkner, Conrad. Ho amato moltissimo Jack Kerouac e soprattutto John Steinbeck. Io giro come Steinbeck scriveva. Abbiamo in comune lo stesso modo di lavorare. Non posso però tralasciare i grandi romanzieri russi come Tolstoj.

 


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