Albert Nobbs PDF 
Felicia Buonomo   

Orson Welles sosteneva che quello del regista è il mestiere più sopravvalutato al mondo, attribuendo all’attore l’onere o l’onore di decretare la beltà di un prodotto cinematografico. Potremmo prestare fede alle parole di colui che ha partorito quel capolavoro che è Quarto Potere, ma osservando la sua stessa pellicola qualche dubbio di credito sorge spontaneo. Un buon attore può sicuramente colpire lo spettatore, salvare la parte mediocre della messinscena, plasmare un prodotto non proprio eccellente, ma l’occhio critico non può fermarsi all’apparenza dell’impianto recitativo, per quanto di grande levatura.

Questa la riflessione che sorge guardando Albert Nobbs, l’ultimo film diretto da Rodrigo Garcia, candidato a tre premi Oscar (miglior attrice protagonista, miglior attrice non protagonista e miglior trucco) e interpretato da una quanto mai raggiante Glenn Close, nei panni della protagonista. È quest’ultima, infatti, a catalizzare l’attenzione dello spettatore: un’attrice consapevole, di grande intelligenza visiva e mimica, trasparente nella passione verso questo personaggio che ha sentito e fatto proprio, grazie anche alla passata interpretazione, nel 1982, nella piéce teatrale che portava in scena proprio la storia di Albert Nobbs. Tratto da un racconto di George Moore (dal titolo Morrison’s Hotel), Albert Nobbs, infatti, è stato interpretato per anni dalla Close a teatro, dove la rappresentazione era capace di restituire naturalezza, persino assenza oratoria in un alcuni tratti, come solo il teatro sa fare. L’arte cinematografica, tuttavia, è ben altra cosa e il film di Garcia, scritto, prodotto e interpretato dalla Close, si abbandona a forzature tali da intaccare la forza di un racconto di grande suggestione. Purtroppo - è proprio il caso di rimarcarlo - non basta una grande interprete a rendere l’apparato scenico carismatico, il quale, al contrario, mostra, nel dispiegarsi della storia, tutti i limiti che una rappresentazione teatrale avrebbe potuto invece celare, ma che il grande schermo ha palesato senza remore.

Siamo nella Dublino dell’Ottocento, e protagonista è questo discreto, composto e impeccabile cameriere, in realtà una donna nei panni di un uomo, con sulla testa quella spada di Damocle rappresentata dalla custodia di un segreto che, nella prima parte della pellicola, ci lascia in trepidazione per il timore del suo disvelamento; un “uomo” in preda al dovere, alla passione amorosa e al sogno di emancipazione in egual misura. La figura è controversa, drammatica, e possiede tutti gli ingredienti in grado di rendere appetitosa la sua caratterizzazione cinematografica, ma pian piano ci si accorge che difettano alcuni elementi di base. Il meccanismo narrativo comincia a scricchiolare sotto l’impulso di una sceneggiatura che interrompe il racconto di una vicenda drammatica, quella di una donna costretta a fingersi uomo per sopravvivere, per approdare al racconto della programmazione di un futuro migliore. Complice probabilmente un soggetto particolarmente difficile da strutturare, viene da definire Albert Nobbs un’opera incompiuta, ma pur sempre un’opera con una straordinaria interprete, Glenn Close, e un cast artistico di tutto rispetto, dove a spiccare è Janet McTeer, non a caso candidata all’Oscar come miglior attrice non protagonista. Non è tutto, ma è già abbastanza.

Titolo originale: Albert Nobbs; Regia: Rodrigo García; Sceneggiatura: Gabriella Prekop, John Banville, Glenn Close; Fotografia: Michael McDonough; Montaggio: Steven Weisbergg; Scenografia: Patrizia von Brandenstein; Costumi: Pierre-Yves Gayraud; Musiche: Brian Byrne; Produzione: Chrysalis Films, Irish Film Board, Mockingbird Pictures, Parallel Film Productions, WestEnd Films; Distribuzione: Videa CDE; Durata: 113 min.; Origine: Gran Bretagna/Irlanda, 2011

 


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